LA STORIA DEL GIOCO DI RUOLO: Parte Nona

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di Steve Darlington

Traduzione e adattamento di GM Willo

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L’INIZIO E LA FINE

Il 1990 aveva portato un grande cambiamento all’industria. Vampire aveva catturato i cuori e svuotato i portafogli dei vecchi e dei nuovi giocatori, rivoluzionando l’intero processo di marketing. Fu il primo gioco dai tempi di D&D a fare il botto sul mercato del tempo libero, e divenne quasi altrettanto popolare. Pertanto, come D&D, lo stile e la progettazione del gioco vennero copiati fino alla nausea, cambiando sostanzialmente i contenuti e la concettualizzazione del GdR.
Ma la reazione contraria a questo movimento fu altrettanto forte, e riuscì a spostare l’attenzione dai giochi maturi a quelli più leggeri basati più che altro sull’azione. L’hobby si divise in due correnti antagoniste, una divisione che è continuata nel tempo. Ma mentre le due parti litigavano, qualcosa di nuovo entrò prepotentemente sul mercato, qualcosa di straordinariamente unico, che avrebbe cambiato per sempre l’intero mondo del gioco. E fu talmente popolare e commerciabile che sembrava capace di creare denaro dal nulla. Il suo nome era Magic.

C’era una volta Richard Garfield, un semplice matematico di New York con un talento particolare per il game design. Stava progettando un gioco per ammazzare il tempo che trascorreva in fila alle convention, quando ebbe un’idea.
Garfield ammette che l’idea di Magic gli venne spendendo un sacco di tempo nei negozi di giochi e modellismo, dove spesso si potevano trovare fumetti e figurine da collezione. Queste carte lo affascinavano ma lo lasciavano nel frattempo insoddisfatto, perché alcune di queste erano così ben fatte che sembrava un peccato non poter fare altro che guardarle. Di lì nacque l’idea del gioco di carte collezionabili.
E così, alla fine del 1993, venne pubblicato il primo Collectible Card Game o CCG, Magic: The Gathering. Garfield si rese subito conto delle potenzialità del nuovo gioco e della sua incredibile forza innovativa, tanto che l’uscita di Magic poteva essere tranquillamente comparata alla realizzazione del primo boardgame.
Tuttavia, Garfield non si aspettava che il gioco diventasse tanto popolare così in fretta, e non si aspettava neanche che la gente potesse arrivare a tanto per riuscire ad impossessarsi dell’intera collezione. L’idea iniziale era quella di immettere sul mercato carte rare e speciali per rendere il gioco più imprevedibile, dato che nessuno all’epoca avrebbe mai pensato che i giocatori arrivassero a spendere cifre da capogiro per una singola carta.

Di certo non si può incolpare Garfield del maniacale desiderio di avere un “super mazzo” che colpì moltissimi giocatori (neanche lui ne possiede uno completo!), anche se questo fenomeno lo rese sfacciatamente ricco. Non si può dire lo stesso per la Wizards of the Coast, che con le vendite di Magic diventò una delle più grandi aziende di gioco sul mercato. Macinando edizione dopo edizione, Magic è stato il precursore del mercato dei CCG, con decine di set di espansione. Veniva giocato in tutto il mondo da milioni di persone, con tornei e classifiche sia a livello nazionale e internazionale, e i prezzi delle carte riuscirono a raggiungere quote inimmaginabili. Nessuno altro fenomeno ludico poteva sul mercato contrastare Magic.

E questo fu solo l’inizio. A ruota arrivò una legione di imitatori, ognuno dei quali apportò qualcosa di suo al neonato gioco. Lo stesso Garfield rilasciò tre nuovi CCG, tra cui il brillante Netrunner. Come successe con i giochi di ruolo negli anni ottanta, ogni singolo film, serie TV, fumetto e GdR doveva avere il suo gioco di carte collezionabili, così uscirono in rapida successione i vari Star Wars, Star Trek, Babylon 5, D&D, Vampire, Werewolf, Call of Cthulhu, Middle Earth, Marvel Comics, The Crow, Highlander, Hercules, Xena, James Bond e molti altri. Due di questi, Shadowfist e Legend of the Five Rings, furono capaci di ispirare dei giochi di ruolo, e alcuni vennero progettati per lavorare come parte di sistemi di GdR. Altri, come ad esempio Dragon Storm ed Arcadia: The Hunt Wyld, introdussero elementi di ruolo nelle loro dinamiche di gioco.

La mania della raccolta ha poi ispirato i giochi di dadi da collezione. La TSR fece da apri pista con l’ingegnoso wargame Dragon Dice, che fu seguito da una linea più breve di cloni, come Dicemaster, Chaos Progenitus, e un altro a tema Star Trek. Tuttavia, il genere non è mai riuscito veramente a decollare, e solo Dragon Dice ha mantenuto una presenza costante.
I CCG si sono invece rivelati più longevi, anche se col tempo hanno perso lentamente popolarità. Quasi tutti i giochi rilasciati con troppa fretta nella metà degli anni novanta sono scomparsi nell’oblio. Magic invece è rimasto, così come i crossover più commerciali (Star Wars e Star Trek).

Grazie a questa nuova idea ci fu un rinnovato interesse nell’utilizzo delle carte e dei dadi, ispirando la produzione di giochi più standard. I CCG avvicinarono molti nuovi giocatori al mondo dei giochi, anche se a metà degli anni novanta diversi roleplayers non videro di buon occhio questi neofiti. Le “cartine” avevano invaso il mercato, prendendo il posto dei GdR sugli scaffali dei negozi, un po’ come era successo agli wargames negli anni ottanta con l’avvento dei giochi di ruolo. Ma di gran lunga peggiore rispetto alla perdita di popolarità fu la perdita dei profitti, e per questo motivo molti decretarono che la fine dell’industria del GdR era vicina.
Nessuno conosce davvero la causa del crollo del settore dei GdR. È forse semplicistico dare tutta la colpa ai CCG, anche se devono aver avuto un effetto notevole sul mercato, dato che gli elevati costi delle “cartine” limitavano di conseguenza gli altri acquisti. Di certo c’è solo che verso la metà degli anni novanta le vendite dei GdR crollarono e l’industria subì un grave arresto. Ciò non significò automaticamente la fine del settore, ma vi furono sufficienti motivi per preoccuparsi. Era necessario un capro espiatorio, ed era fin troppo facile puntare il dito sui giochi di carte collezionabili.

Un brutto colpo si ebbe anche quando nel 1996 la Wizards of the Coast annunciò che avrebbe abbandonato la sua intera linea di GdR per concentrarsi esclusivamente sulla vendita dei CCG. In quel periodo la Wizards stava pubblicando alcuni giochi molto amati come Ars Magica, Everway e SLA Industries. Per alcuni questo tradimento fu qualcosa di abominevole, e fornì la prova definitiva del potenziale distruttivo delle malefiche “cartine”. Dopo questa imbarazzante decisione, la Wizards venne disprezzata ancor più della White Wolf.

Tuttavia, anche i più grandi profeti di sventura e i nemici giurati dei CCG non avrebbero potuto prevedere quello che successe dopo. Nel 1997 la TSR, la più grande, antica e venerata azienda di giochi di ruolo, dichiarò bancarotta. Mentre alcuni davano semplicemente la colpa allo scarso senso degli affari della società e agli inutili investimenti in troppe direzioni diverse, l’evento mandò un messaggio agghiacciante ad ogni roleplayer: se D&D poteva cadere, allora nessuno era al sicuro.
I giochi della West End, un altro gigante del settore, fecero ben presto la stessa fine, perché questi erano i tempi. Le aziende più piccole crollarono, le riviste fermarono le loro pubblicazioni, i negozi furono costretti a concentrarsi sui CCG per rimanere a galla. Ma poi tutto questo rincominciò lentamente a girare. Sia la TSR che la West End tornarono a produrre, insieme ad un sacco di nuove linee ed aziende. L’industria stava iniziando a fiorire ancora una volta.

Ma i giocatori avevano imparato una lezione importante da tutto questo. Si sapeva che non era facile fare soldi nel settore dei GdR, ma veniva anche dato per scontato che i grossi nomi erano sicuri. Infatti, molto spesso le compagnie più grandi venivano criticate per il loro status aziendale, dato che partivano dal presupposto che importava investire più sul marketing che sulla creazione di buoni giochi. Ma nel momento in cui la più grande azienda del settore crollò, tutti dovettero riflettere sulla dura realtà del business legato a questo particolare hobby, acquisendo così una maggiore consapevolezza sulle tribolazioni di questo mercato, e quindi un maggiore apprezzamento per il lato creativo della produzione.

La fine della TSR portò anche un bisogno di commerciabilità (e quindi di sopravvivenza), aspetto che diventò fondamentale nella produzione dei giochi futuri. Alcuni di questi iniziarono ad utilizzare delle trame molto dettagliate che richiedevano svariati manuali di espansione. In alcuni casi, i giocatori erano costretti ad impegnarsi ad acquistare un’intera linea di giochi per ottenere il massimo risultato da questi. Si trattò di una mossa che naturalmente portò molte critiche, ma la maggior parte dei giochi evitò di spingersi così lontano. Era un periodo in cui veniva data ai giocatori un’ampia scelta, e questo era solo un bene per l’industria perché permetteva la produzione di più giochi.
Tuttavia, il nuovo approccio risultava anche essere proibitivo per i nuovi roleplayers, e nell’affezionarsi ad un singolo prodotto, si limitava automaticamente la variazione e l’esplorazione.

Un’altra conseguenza di questa necessità da parte delle aziende di concentrarsi sul marketing, fu una rinnovata attenzione commerciale al crossover. Sebbene The Babylon Project non riuscì ad incassare come qualcuno si aspettava, Star Trek: The Next Generation ebbe un notevole successo, e dette una spinta importante all’industria. Altri simili episodi sono stati Hercules, Xena e Sailor Moon.

Ci fu anche un aumento dei giochi “retrò” e un ritorno ai successi commerciali del passato. GURPS ripubblicò il popolare Travellers and Bunnies and Burrows insieme ad altri piccoli giochi di nicchia. La TSR, in particolare, ripropose le classiche avventure, e supplementi d’espansione. Per celebrare il venticinquesimo anniversario dalla nascita dell’azienda e dell’hobby in generale, la TSR rilasciò molti prodotti in versione “silver” inclusa la campagna di gioco più famosa in assoluto, le Cronache della Dragonlance.
Ma vi era anche una certa abbondanza di nuovi generi e idee. Giochi come Fading Suns, Alternity e Trinity riportarono alla ribalta la fantascienza. Deadlands fu il primo gioco western mai realizzato ed ebbe una delle ambientazioni più originali di sempre. Il mondo di Cthulhu fu notevolmente ampliato, la Pagan Publishing ci dette l’ambientazione moderna di Delta Green, oltre che a Conspiracy X di per gli appassionati di X-Files. Questi, insieme a Don’t Look Back, rinnovarono il genere horror.
Il Noir ci portò giochi come Sam Spade e Mickey Spillane. La Steve Jackson Games fece un passo coraggioso nel mondo dei demoni e degli angeli con In Nomine. La Dream Pod 9 mantenne vivo il genere post-apocalittico con Tribe 8, mentre la nuova arrivata AEG ripropose il mondo del Giappone feudale con il brillante Legend of the Five Rings, senza dimenticare l’impressionante Unknown Armies.

Il gioco diventò anche più internazionale. Il suddetto In Nomine si basava su un gioco francese, come d’altronde il prodotto della Chaosium, Nephilim. Arrivarono giochi dalla Scandinavia, dalla Germania, dal Giappone e dal Brasile. Questo portò un maggiore apprezzamento verso i mercati e le idee non-americane, stimolando l’industria a produrre giochi ancora migliori.
Nel frattempo vecchi colossi come la Steve Jackson Games, la Chaosium, la White Wolf e la WotC / TSR continuarono a produrre linee di alta qualità, con un occhio doveroso al marketing. Gli anni novanta avevano mostrato la fragilità dell’industria, nonostante la forza immaginifica dei prodotti che venivano pubblicati. Era bastata una nuova moda a far tremare le fondamenta di un hobby che per oltre vent’anni non aveva fatto che crescere ed espandersi. Ma alla fine di questi anni pieni di incertezza il gioco aveva trovato la forza di reinventarsi come era già successo in passato.

Che la popolarità di un hobby come il gioco di ruolo sia inevitabilmente legata alla sua forza commerciale è purtroppo una verità alla quale nessuno può sottrarsi. E gli anni successivi, quelli in cui i MMORPG sono diventati ingiustamente sinonimo di “gioco di ruolo”, hanno nuovamente confermato questa regola. Ma gli anni duemila non verranno trattati in questa storia, che si è concentrata volutamente sul periodo d’oro di questo meraviglioso hobby, che nonostante gli acciacchi e le delusioni continua ad appassionare ancora milioni di persone.
Il game design è sicuramente una forma d’arte poco riconosciuta, che in venticinque anni, grazie ad alcuni brillanti autori, ci ha permesso di leggere e giocare decine di splendide ambientazioni fantastiche. In realtà per giocare di ruolo non avremo neanche bisogno di tutta questa roba, basterebbero una manciata di dadi e un buon bagaglio di esperienza e di fantasia, Ma è anche vero che solo grazie a questi pionieri del gioco che milioni di giocatori sono riusciti ad afferrare finalmente la vera essenza del GdR, Senza le loro opere, saremo forse ancora intrappolati dentro a un dungeon a dare la caccia a goblin ed orchetti.
A tutti questi artisti va la riconoscenza di noi giocatori di ruolo.

Steve Darlington Copyright © 1999 

Traduzione di GM Willo

Questo articolo NON si avvale della licenza Creative Commons

Fonte: http://ptgptb.org/0009/hist9.html

L’ultimo paragrafo in corsivo non fa parte dell’articolo originale ma è stato aggiunto dal traduttore.

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LA STORIA DEL GIOCO DI RUOLO: Parte Ottava

2 commenti

di Steve Darlington

Traduzione e adattamento di GM Willo

Leggi dall’inizio

Giunsero finalmente gli anni novanta. Nell’ultimo decennio il gioco di ruolo aveva raggiunto vette incredibili, sia come industria che come nuova forma di espressione creativa. Tuttavia, col passare del tempo, le cose cominciarono a ristagnare. I successi del cinema venivano riproposti fino alla nausea e la qualità del design ne risentì notevolmente. C’era bisogno di una nuova idea per sbarazzarsi della ormai scontata esperienza in tecnicolor; un mondo di tenebre, forse…

In effetti l’inizio del movimento “dark” nel gioco di ruolo risaliva a qualche anno prima. Nel 1984, William Gibson rivoluzionò la fantascienza con Neuromancer e non ci volle molto prima che i GdR abbracciassero questa oscura visione del futuro. Nel 1988 apparve Cyberpunk 2020 (R.Talsorian Games), seguito l’anno successivo da Shadowrun (FASA) e poi da altri ancora. Shadowrun si rivelò particolarmente geniale, poiché aggiunse a questo scenario futuristico elementi di fantasia come la magia, gli elfi e i draghi. Il sistema di gioco e l’utilizzo dei dadi favoriva azioni in stile cinematografico per personaggi particolarmente potenti, caratteristica che ne favorì il suo successo. Grazie ad un flusso costante di nuove pubblicazioni sempre di buona qualità, Shadowrun è riuscito a sopravvivere alla maggior parte dei suoi concorrenti.

Una nota speciale va anche all’ambientazione CyperPunk di GURPS che, dice la leggenda, fu confiscata in un raid dei servizi segreti perché credevano fosse un manuale di criminalità informatica. La verità è che il raid venne richiesto come conseguenza di un’indagine nei confronti di un dipendente della Steve Jackson Games. Non fu trovata alcuna prova, ma gli operatori dei servizi segreti sequestrarono molti documenti, files, e interi computer, causando gravi problemi finanziari all’azienda. Quando esaminarono tutto questo materiale, il manuale di Cyberpunk catturò la loro attenzione e venne mal interpretato. Per ragioni sconosciute, ma forse solo per giustificare il curioso raid, il gioco attirò su di sé un sacco di critiche, e in seguito gli stessi Servizi Segreti cercarono di sopprimere la sua pubblicazione. Tuttavia questo fu probabilmente dovuto più a dei banali problemi burocratici che all’effettiva convinzione del potenziale negativo del gioco.

Poco dopo il genere cyberpunk ispirò lo steampunk, trasportando lo stesso tipo di impostazione darkeggiante all’interno di un’Europa Vittoriana in cui la rivoluzione industriale è talmente avanzata da essere oramai fuori controllo, proprio come succede con la scienza informatica nell’ambientazione cyberpunk. Seguirono subito diverse pubblicazioni, ma probabilmente il miglior episodio di steampunk fu Space: 1889. Gli amanti degli aspetti più picareschi dell’epoca vittoriana preferirono invece Castle Falkenstein. Questo, esattamente come Shadowrun, aggiunse la magia allo scenario, più alcune affascinanti meccaniche di gioco basate sulle carte, e una generazione di personaggi che permetteva lo sviluppo di un diario dell’avventuriero.
Da allora entrambi i generi cyberpunk e steampunk hanno oscillato in popolarità, senza però mai veramente superare il culto di nicchia. Hanno, tuttavia, aperto la strada ad un nuovo tipo di gioco.

A GenCon nel 1991, Mark Rein-Hagen presentò un gioco che riuscì nuovamente a rivoluzionare questo hobby, arricchendo notevolmente la sua azienda. Il gioco si chiamava Vampire: The Masquerade e la società era la White Wolf. Rein-Hagen aveva in precedenza lavorato ad Ars Magica e portò alcune delle sue geniali idee sulla narrazione epica a questo gioco. Tuttavia Vampire era molto di più. Catturò l’orrore soprannaturale di Cthulhu, il grintoso, paranoico ed oscuro feeling di Cyberpunk, introducendo eroi ultraterreni con poteri eccezionali che erano, nell’immaginario dei giocatori, molto accattivanti. Infine, si fece largo agevolmente all’interno del già esistente e popolare movimento culturale del ghotic.
Uscendo praticamente in contemporanea con le pellicole de Il Corvo, Intervista col Vampiro e Il Ritorno del Cavaliere Oscuro che portarono il genere ghotic alla ribalta, Vampire venne investito da un’ondata di popolarità che riuscì a cavalcare fino in fondo. Divenne rapidamente molto popolare tra i navigati giocatori di ruolo, ma lo fu ancora di più tra i neofiti, ed infatti Vampire avvicinò molti più nuovi giocatori di quanto riuscì a fare a suo tempo Star Wars.

Era così popolare che ispirò a breve quattro nuovi manuali con tematiche simili: Werewolf: The Apocalypse, Mage: The Ascension, Wraith: The Oblivion e Changeling: The Dreaming, che insieme costituiscono il “World of Darkness“. Questi giochi erano strettamente legati a Vampire per la profondità della loro impostazione e lo stile chiaramente drammatico, e produssero inoltre una grande quantità di supplementi, concentrandosi sui diversi tipi di personaggi, sulla geografia, la politica, la storia e l’etica di ogni senario. Solo D&D e GURPS possono competere in numero di pubblicazioni.

Vampire, come successe a suo tempo a D&D, ispirò lo show televisivo Kindred: The Embraced, che allo stesso modo del cartone animato degli anni ottanta, venne odiato da quasi tutta la comunità di giocatori di ruolo. Lo spettacolo venne cancellato dopo solo una manciata di episodi. Tuttavia, il fatto che la Spelling Studios abbia investito su un simile prodotto dimostra quanto Vampire fosse diventato popolare. Fu un altro passo importante nella storia del GdR.

Vampire costituì un nuovo genere di gioco di ruolo, accanto alla fantasy, la fantascienza, i supereroi e, in piccola parte, all’horror. Dopo Vampire, il “punk gothic” divenne ufficialmente parte di questa lista. Davanti al clamoroso successo dei giochi del World of Darkness, le aziende non persero tempo ad entrare in azione, rilasciando giochi come Witchcraft, Nephilim, In Nomine, Nightbane, Warlock, Immortal, Armageddon, Trinity, The Everlasting, The Whispering Vaultm e Unknown Armies, i quali devono tutti qualcosa a Vampire. E così Vampire deve anche molto ai suoi predecessori come il terrificante ed oscuro Chill, Kult and Blood.

Non era solo l’ambientazione di Vampire ad essere popolare. Forse il suo più grande contributo all’hobby (che divenne, come vedremo in seguito, anche una rovina) fu il fatto che la sua popolarità convinse molti a copiare le sue regole e il suo stile, così come la sua ambientazione. Ciò causò un’altra piccola rivoluzione all’interno del mondo del GdR. Le regole di Vampire erano geniali, eleganti e abbastanza semplici (a parte il contorto sistema di combattimento), il tutto modellato brillantemente per ricreare una forte atmosfera e un gioco di grande impatto emotivo. Vampire ricordava il precedente Pendragon nel modo in cui trasmetteva pathos ed emozione ai suoi personaggi e alle loro storie. Incoraggiò anche il gioco per un lungo periodo di un singolo personaggio, proprio come il derivante Ars Magica. Ciò che veramente lo distingueva era il materiale di base estremamente dettagliato, tanto da poter rivaleggiare con quello di Tekumel o Glorantha, e per la prima volta questa aspetto delle regole divenne forse il più importante di tutti.

Nessuna di queste idee era di per sé innovativa, ma l’averle presentate in una confezione così appetibile e commercializzabile, fece si che diventassero molto popolari. Giochi poco chiari, con regole complesse o male realizzate non erano più tollerati. Per poter vendere, la produzione di un gioco doveva essere professionale, dal modo in cui veniva scritto, alla qualità dell’editing, all’impaginazione, e con un occhio di riguardo per le illustrazioni.
Tuttavia, questa enfasi riguardo allo stile oltre che alla qualità ebbe l’effetto di ridurre la sostanza delle nuove produzioni. Il mondo dei giochi dark è sicuramente responsabile di questo ristagno creativo. Ogni manuale di questo genere era una piccola opera d’arte visiva, anche se deludente in termini di contenuti e regole.

Un’altra critica rivolta a questi giochi riguardava la loro devozione all’ambientazione, un aspetto in cui ancora una volta eccedevano. The World of Darkness è un mondo incredibilmente suggestivo, ricco di dettagli e altamente drammatico, in cui possono essere ambientate un’infinità di storie straordinarie. Tuttavia, proprio come il Tekumel di Barker o il Glorantha di Stafford, era proprio il suo fascino che lo limitava. Per giocare correttamente il gioco era necessaria una completa conoscenza dello scenario, del mood e del gergo di questo mondo, qualcosa di non facile e poco accessibile ai novizi. La White Wolf provò ad arginare questo problema rilasciando una grande quantità di materiale introduttivo, ma questo non fece che peggiorare la situazione incrementando la complessità del setting.
Di per sé, questi difetti non erano un problema, ma con il diffondersi di queste idee in un settore ansioso di emulare il successo della White Wolf, tali difetti divennero degli standard.

Vampire ci ha regalato l’Età del Setting. Un tempo, i giochi avevano più o meno tutti la stessa impostazione, e lo stile delle regole era la cosa che contava di più. Dopo l’avvento di Vampire, un gioco di ruolo non avrebbe potuto vendere a meno che non proponesse una scenografia profonda e suggestiva, un’ambientazione piena di intricati giochi politici e potenti figure mitiche, un’esposizione artisticamente adeguata e, soprattutto, una serie infinita di supplementi per spiegare tutto.
In questo periodo vennero prodotti alcuni nuovi incredibili scenari di gioco e si potenziò notevolmente alcuni aspetti del game design, a discapito però di una migliore progettazione di un sistema di gioco, cosa che risultò molto negativa per l’industria in generale. L’idea che ogni nuovo gioco dovesse seguire questo stile precluse la possibilità di esplorare altre direzioni. Tuttavia, una marginalizzazione ancora maggiore venne da un’altra particolarità dei giochi della White Wolf.

Vampire coniò l’epoca del gioco “serio”, grazie ad una maniacale devozione nel presentare una certa ambientazione per poi evocarla nel modo più reale possibile. L’idea di fondo era quella che il gioco di ruolo fosse una forma d’arte collaborativa in cui giocatori e narratore raccontassero ad un pubblico inesistente una determinata storia. Ancora una volta, questa intuizione fu straordinaria, e apriva la strada a un approccio di gioco completamente nuovo, ma accettando questo nuovo stile come unico modo per giocare di ruolo, si precluse ogni altra sperimentazione. I giochi di ruolo venivano giudicati esclusivamente per il loro potenziale di narrazione e la forza drammatica.
Quel che è peggio è che la White Wolf dichiarò apertamente di credere a questa idea. Un senso di superiorità, addirittura di arroganza, proveniva dai prodotti dell’azienda, nei quali affermava di essere riuscita ad elevare l’hobby dal suo infantilismo ed a salvarlo dalla decadenza. Questo fatto creò più di una polemica nei confronti della White Wolf da parte di chi non era affatto d’accordo con la sua visione. Molti giocatori erano ancora dell’idea che i GdR dovevano essere divertenti, e che non bisognava prenderli troppo seriamente. Così la White Wolf divenne il male laddove la TSR era il bene, e fu il bersaglio per innumerevoli scherzi e parodie.

Questo screzio fomentò un nuovo movimento nel game design, con i giocatori che tornarono a guardare in modo più positivo l’accessibilità dei giochi degli anni ottanta. La voglia di semplicità non si estese solo all’ambientazione, ma anche alle regole. Il mercato fu invaso da diversi prodotti “light-rules”, in cui le complesse regole che negli anni ottanta coprivano ogni possibile aspetto del combattimento, divennero totalmente superflue. Ora si cercavano delle regole semplici e veloci, che permettevano ai giocatori di lasciare a casa le loro calcolatrici e potersi dedicare tranquillamente a spaccare qualche testa.
Per gli appassionati dei film d’azione, si ebbero il geniale Hong Kong Action Theatre e Vengeance Extreme. L’influenza degli “anime” ci ha dato Bubblegum Crisis e Big Eyes, Small Mouth. Il classico gioco di supereroi Champions fu condensato nel più semplice sistema Fuzion. Anche GURPS rilasciò una versione “light” delle sue regole, e le altre aziende non furono da meno. Ma il re di tutti i giochi d’azione di quel periodo fu senza dubbio Feng Shui. Sviluppato da Robin D. Laws, questo gioco proponeva un sistema semplice ma robusto, catturando perfettamente l’atmosfera del film d’azione asiatico e incoraggiando i giocatori ad esibirsi in acrobazie che sfidavano la morte. Inoltre, esso forniva una campagna di gioco ben congegnata per poter essere sviluppata in molteplici direzioni, cosa che ben pochi giochi d’azione possono vantare.

Anche il crossover tornò di moda in quegli anni con alcuni buoni prodotti come Heavy Gear e Warzone, e si ebbero anche dei brillanti giochi satirici (Hal e Macho Women with Guns). Questi episodi di leggerezza celebrarono il ritorno al divertimento, portando aria nuova nel ristagno troppo serioso della White Wolf. Erano l’equivalente più violento di Toon, e si basavano primariamente sul desiderio di uccidere più roba possibile.
Un altro gioco che minimizzò le regole fu Over the Edge. In un’ambientazione di un’isola psico-surreale dove ogni teoria della cospirazione è possibile, un sistema di regole libero è esattamente quello che ci vuole. OTE è riuscito a liberarsi di quasi tutte le regole, lasciando che i giocatori costruissero i loro personaggi esattamente come volevano. Questa idea era più vicina alla nuova tendenza dei “metagmes”, tra i quali si annovera il notevole e rivoluzionario FUDGE (Freeform universale Do-it-yourself Gaming Engine).

Unknown Armies unì le due diverse linee di pensiero combinando l’approccio maturo e complesso di Vampire con l’azione in stile hollywood di Feng Shui, regalando allo stesso tempo drammatiche narrazioni colorate da abbondanti sparatorie e scazzottate furibonde. Le sue regole avevano la fluidità di Over the Edge (ricordano anche Call of Cthulhu), e la sua ambientazione era decisamente originale. Fu un prodotto che inevitabilmente racchiudeva tutte le tendenze dell’epoca.
La distinzione di questi due diversi atteggiamenti di gioco, quello volto più al divertimento e quello invece più serio, divise i giocatori in due cricche distinte che si odiavano reciprocamente, e ciò non fu un bene per l’hobby. Ovviamente ognuna delle due parti puntava l’indice sull’altra, incolpandola di aver danneggiato l’immagine del gioco di ruolo.

L’idea del gioco aveva anche fatto un giro completo. Negli anni ottanta, i giochi più complessi, con regole pesanti e troppo dettagliate, erano stati quelli più popolari, con un occhio di riguardo per il divertimento. In seguito i giochi più cerebrali e seriosi si sono liberati della complessità delle regole, diventando l’antitesi del gioco di ruolo drammatico.
La verità è che la forma, lo stile e il sistema di un GdR, così come l’ambientazione, hanno a che fare con i gusti di un giocatore. Anche lo scopo stesso e la natura dei giochi di ruolo è così varia da risultare praticamente indefinibile. Sia che ci impegniamo in un classico dungeon-crawling, o si cerchi di evocare una narrazione matura e drammatica, stiamo sempre giocando di ruolo. Esistono milioni di modi di giocare, e nessuna forma è in alcun modo superiore all’altra
Il gioco di ruolo è un’idea incredibile, e non può essere catalogata o misurata con un metro arbitrario, così come il valore dei giocatori.

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Steve Darlington Copyright © 1999 

Traduzione di GM Willo

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LE TEORIE SUL GIOCO DI RUOLO

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Le teorie sul gioco di ruolo sono studi accademici e critici sul GdR come fenomeno sociale o artistico. Le teorie cercano di comprendere cosa siano i giochi di ruolo, come funzionino e come il metodo di gioco possa essere raffinato per migliorarne l’esperienza e produrre nuovi e più utili prodotti di gioco.

La prima riflessione critica organizzata sui giochi di ruolo e la relativa ricerca accademica dalla loro nascita nella metà degli anni 1970 fino alla fine degli anni ’80, puntava ad esaminare e confutare le prime polemiche nate in quel periodo attorno all’hobby. Probabilmente, il primo studio tecnico sull’argomento si è avuto con la pubblicazione di Shared Fantasies: Role Playing Games as Social Worlds di Gary Fine. Gary Gygax, co-ideatore dell’hobby insieme Dave Arneson, pubblicò due libri sulla sua filosofia del gioco di ruolo, Role Playing Mastery: Tips, Tactics and Strategies nel 1989, e Master of the Game nel 1990.

Nel 1994-95 la Inter * Active, (rinominata Fiction Interactive) pubblicò una rivista dedicata allo studio dei giochi di ruolo. Nel primo numero Robin Laws propose la creazione di una teoria critica per i giochi di ruolo. Dalla fine degli anni ’90 la discussione sulla natura dei GdR su rec.games.frp.advocacy aveva generato alcune teorie che venenro riprese da altri siti, influenzando teorici in Francia e Scandinavia. La scena scandinava del GdR vide emergere diversi campi ideologici contrapposti circa la natura e la funzione dei giochi di ruolo, e si cominciò ad organizzare una regolare convention di live action role-playing, chiamata Knutepunkt, in cui era prominente la presenza della teoria sui GdR. Il primo Knutepunkt si è tenuto a Oslo nel 1997 e l’annuale convention viene organizzata ancora oggi.

Nel 21° secolo, le auto-definite community “Indie role-playing” come The Forge si sono sviluppate su internet, studiando l’arte di ruolo e sviluppando la Teoria GNS sui GdR. Knutepunkt ha continuato a crescere e ogni anno dal 2003 viene pubblicata regolarmente una raccolta di articoli sui giochi di ruolo. Molti giochi, soprattutto quelli degli scrittori Indie, sono ora progettati con una consapevolezza delle teorie sul GdR.

ESEMPI DI ALCUNE TEORIE SUL GDR

Triplice Modello – sviluppato all’interno del rec.games.frp.advocacy nel 1997-1998, proposto da Maria Kuhner con la collaborazione di John Kim. Si ipotizza che ogni decisione del GM venga presa per il bene del gioco, del dramma, o della simulazione. In tal modo, anche le scelte del giocatore, lo stile narrativo del GM, ed il set di regole possono essere caratterizzati da un orientamento al gioco, al dramma o alla simulazione, o più generalmente da qualche parte tra i tre estremi. A volte è chiamata teoria GDS. In senso stretto, la teoria GDS si occupa delle interazioni sociali tra i giocatori, ma è stata estrapolata per usarla nel game design, sia dentro che fuori dal mondo dei giochi di ruolo. Un gioco può essere classificato secondo quanto fortemente favorisce o facilita i giocatori a rafforzare i comportamenti corrispondenti a ciascuna categoria. All’interno del Game design è utile perché può essere usata per spiegare perché i giocatori preferiscono giocare alcuni giochi invece di altri.

La Teoria GEN – sviluppata all’Outpost Gaming nel 2001 in gran parte da Jester Scarlet. Si ipotizza un alto e basso “livello” di gioco, con il livello superiore dominato da un “intento” che si articola in tre categorie: giocoso, esplorativo e narrativo. È stata influenzata dal Triplice Modello e dalla teoria GNS.

Il Modello Big o Teoria Forge – sviluppata presso la community The Forge tra il 1999 e il 2005 in gran parte da Ron Edwards. Si ipotizza che i giochi di ruolo siano modellati da “The Big Model” in 4 livelli: il contratto sociale, l’esplorazione, la tecnica e l’effimera, con impegni creativi che disciplinano il collegamento tra il contratto sociale e la tecnica. In questa teoria ci sono 3 tipi di impegni creativi, quello di gioco, quello narrativo e quello della simulazione. La teoria è spiegata in dettaglio negli articoli “GNS and Other Matter of Role Play Theory,” “System Does Matter,” “Narrativism: Story Now” “Gamism: Step on Up” e “Simulationism: The Right to Dream” di Ron Edwards, alla pagina di The Forge. Il Modello Big è nel frattempo cresciuto ed ha preso il posto della Teoria GNS, una variante del Triplice Modello.

La Teoria del Colore di Ninoles Fabien si è sviluppata nel 2002, sulla mailing-list francese créateurs-JDR. Si tratta di un erede della teoria SCARF e della teoria SCAR, che ha poi interagito con le teorie di lingua inglese. In questa teoria gli obiettivi della progettazione dei sistemi di gioco sono pensati come i colori primari della luce della TV. Verde per semplicità, Blu per realismo, Rosso per coerenza, con nozioni come l’adattabilità, la tenacia, la luminosità e la visibilità come estensioni della metafora.

La Teoria dei Canali di Larry Hols, 2003, ipotizza che il gioco si componga di “canali” di vario genere come “narrazione”, “tono morale” o “fedeltà all’impostazione.” Si è sviluppata in parte come una critica delle tre tesi di stile.

La Scuola Turku si è sviluppata dal 1996 ad oggi a Turku, in Finlandia, grazie soprattutto a Mike Pohjola. Sostiene che l’immersione (“eläytyminen”) sia il metodo principale del gioco di ruolo (soprattutto quello dal vivo), e la ricerca artistica sia il suo obiettivo primario. Lo stile immersionista è pensato per essere distinto da quello del dramma, del gioco e della simulazione, dato che i primi due sono considerati stili di GdR nettamente inferiori, e possono servire solo come mezzi esterni al gioco di ruolo. Essa definisce il gioco di ruolo in un modo che abbraccia molte forme diverse, e rifugge le scelte normative su ciò che sono le forme migliori o più adeguate. “Un gioco di ruolo è ciò che viene creato nell’interazione tra i giocatori o tra giocatori e il gamemaster in un contesto diegetico specifico.”

Fonte Wikipedia: http://en.wikipedia.org/wiki/Role-playing_game_theory
Traduzione e adattamento di GM Willo

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LA STORIA DEL GIOCO DI RUOLO: Parte Settima

7 commenti

di Steve Darlington

Traduzione e adattamento di GM Willo

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Parte VII: Nuovi modi di giocare

Con il successo commerciale goduto dal settore del GdR negli anni ottanta, l’intero mondo del gioco ne uscì fortificato. La crescita di diversi tipi di giochi non frammentò l’hobby in cricche isolate, ma rafforzò ed ampliò la sua industria. Questa nuova attrazione infettò ogni altro gioco, fondendosi in diversi settori, fino a che gli scacchi e i GdR non iniziarono ad essere venduti fianco a fianco. Per questo la storia del gioco di ruolo è parte fondamentale della storia dell’intera industria del gioco. E come col GdR, negli anni ottanta furono trovati molti nuovi modi di giocare.

A quei tempi il più grande nome nel settore “giochi” era la Games Workshop. Oggi non produce più giochi di ruolo, ma un tempo dominava tutti gli aspetti di questo hobby, in particolare in Inghilterra. Con negozi in tutto il mondo, rappresenta attualmente il più grande successo nella storia di questo hobby.

La GW ebbe inizio quando tre coinquilini rimediarono cinquanta sterline ciascuno per avviare la propria impresa di giochi da tavolo. Il designer era John Peake, i suoi due partner Ian Livingstone e Steve Jackson, due uomini che in Gran Bretagna divennero sinonimi di gioco. (Si noti che questo non è lo Steve Jackson della Steve Jackson Games).

Per rendere completa la sua azienda, Livingstone iniziò a pubblicare un magazine chiamato Owl & Weasel. Nel 1977, questo divenne White Dwarf, che è ancora oggi il nome della più importante rivista di wargames. Lo stesso anno ci fu l’incontro con lo scultore Bryan Ansell e venne fondata la Citadel Miniatures. Nel 1979, la GW divenne l’unica azienda fornitrice di D&D in Inghilterra, e sulla base del suo travolgente successo e di quello del suo fantasy wargame Warhammer, la società fiorì. Nei primi anni ottanta divenne un caposaldo della sottocultura del gioco, organizzando conventions e aprendo nuovi negozi. Ma c’era ancora qualcosa che la GW poteva aspettarsi.

Nel 1981, Jackson e Livingstone pubblicarono il primo libro-gioco della Fighting Fantasy (Dimensione Avventura). Intitolato The Warlock of Firetop Mountain (Lo Stregone della Cima Infuocata), fu un tentativo ingegnoso di scrivere un’avventura in forma romanzata da giocare in solitario. Il combattimento e le altre azioni fisiche venivano gestite con un semplice tiro di 2D6; il suo esito e quello di varie altre scelte di gioco, rimandavano a una determinata sezione di prosa. Questa idea divenne così popolare che seguirono innumerevoli imitazioni, e ancora oggi il genere dei libri-game rimane molto popolare tra i lettori più giovani.

Ma nel 1981 questo fenomeno era qualcosa di totalmente nuovo e il suo successo superò di molto le aspettative dei suoi creatori. La tiratura iniziale terminò in meno di 3 settimane. Nel 1983, Warlock e i suoi due sequel, Cittadel of Chaos (La Rocca del Male) e Forest of Doom (La Foresta del Male), conquistarono il primo, secondo e terzo posto in un sondaggio sulla lettura in Gran Bretagna. Più di 30 libri della serie sono stati pubblicati da allora. Si è anche detto che Jackson e Livingstone ebbero il merito di aver reintrodotto la lettura tra i passatempi dei ragazzi, stimando che milioni di adolescenti in tutto il mondo avevano divorato i loro libri.

Tra questi, stavano nascendo migliaia di nuovi giocatori, perché, nonostante i loro limiti, i libri erano molto radicati nella mentalità del GdR. Infatti, furono i limiti di questi libri che spinsero i giocatori a cercare metodi meno ristretti per ottenere lo stesso tipo di esperienza. In seguito vennero pubblicati dei libri-game con sistemi di gioco semplificati, per consentire ai lettori di passare senza sforzo ai giochi di ruolo. Perciò questi libri hanno il merito di aver avvicinato più persone al gioco di ruolo di qualsiasi altro prodotto.

Tuttavia, Jackson e Livingstone non possono prendersi loro tutto il merito. Molti altri portarono il proprio eccezionale contributo a questo nuovo genere. Primo fra questi fu Joe Dever, la cui serie Lone Wolf (Lupo Solitario) divenne popolare quanto Fighting Fantasy. Dever rilasciò inoltre più di 30 libri e vinse numerosi premi.

Pochi anni dopo, la Games Workshop trovò un altro modo per avvicinare la gente al gioco di ruolo, pubblicando il gioco da tavolo Talisman. Anche questo divenne molto popolare ed era fortemente influenzato dal gioco di ruolo, in particolare da D&D; dette inoltre il via ad un piccolo boom dei giochi da tavolo. Sembrava che sempre più nuovi giochi introducessero elementi del GdR, a volte fino al punto in cui i due tipi di gioco diventavano quasi indistinguibili.

Tra questi un gioco ufficiale di AD&D, Dungeonquest della GW ed HeroQuest, il grande successo della M&S giochi. Disegnato da Steve Baker, questo boardgame in 3D aveva pareti di cartone e porte per simulare un dungeon, ed aveva un giocatore che pilotava il gioco proprio come un GM. HeroQuest fu probabilmente il primo di questo tipo di giochi ad essere venduto dai normali rivenditori di giocattoli e nelle catene di negozi. Fu perciò un’altra potente forza di attrazione per i nuovi roleplayers, e in cambio, l’influenza del GdR dette all’industria dei giochi da tavolo una dimensione nuova e redditizia.

C’erano però strade ancora da scoprire. Negli anni ottanta, il mondo si stava avvicinando ad un modo completamente nuovo di giocare. Era l’alba dei microcomputer.

I videogiochi sono esistiti fin dalla nascita dei computer, ma la storia attribuisce il primo gioco di avventura, con un tentativo di partecipazione ad una linea narrativa, ai signori Crowther e Woods. Chiamato semplicemente Adventure, fu nel 1979 codificato in Fortran su un mainframe. Era un semplice interfaccia di comando testuale che permetteva al giocatore di muoversi in un “dungeon”, trovando oggetti e combattendo creature. Da un certo punto di vista, le cose non sono molto cambiate da allora.

Da un altro, è cambiato quasi tutto. Negli ultimi trent’anni, la rivoluzione informatica ci ha dato la grafica, la velocità, complessità e l’intelligenza quasi oltre ogni immaginazione. Anche se questo non ha sempre portato a salti rivoluzionari in termini di gameplay e design, ha cambiato il modo in cui pensiamo il gioco. Possibilità come la realtà virtuale e l’intelligenza artificiale stanno fornendo nuove arene da esplorare, ed ogni giorno sempre più persone si avvicinano al computer. Infatti, dopo l’industria del cinema, i videogiochi rappresentano il settore più ricco del mondo dell’intrattenimento.

E ancora una volta, questa si è rivelata una grande opportunità per l’industria del gioco in generale e, in particolare, per i giochi di ruolo. Inoltre sono stati proprio i videogiochi ispirati al GdR a fornire ai progettisti di videogames l’occasione per esplorare nuove tecnologie e per migliorare la componente di libertà di movimento tipica dei gioco di ruolo. Ad esempio, il genere avventuristico divenne popolare grazie a giochi come le serie di Zork, Bard’s Tale, Kings Quest, che fecero dell’azienda Sierra un nome del genere. Più tardi, la Sierra provò anche a mettere mano ai giochi di ruolo con il suo “So You Want To Be A Hero”.

Uno dei giochi di ruolo per computer più popolari, la cui lunga storia ha tracciato quasi tutte le tappe dei giochi per computer, è l’impressionante serie di Ultima. Ultima I fu rilasciato in bianco e nero nel 1980, e fu seguito da svariati sequel, ognuno dei quali poteva avvalersi della tecnologia all’avanguardia al suo tempo. Recentemente, Ultima si è buttata anche nel gioco online.

Ma nel 1988, uscì un videogame che oscurò completamente Ultima, cambiando il volto del gioco e facendo del suo creatore una leggenda. La società si chiamava Strategic Simulations Inc. (SSI), e il gioco era Heroes of the Lance.

L’ambientazione fu presa direttamente dalle pagine del fenomenale successo della serie Dragonlance TSR, completa di tutti i suoi protagonisti. Ciò che davvero fece la differenza, però, fu che il sistema di gioco era un modello molto vicino a quello di AD&D. Dovevi controllare un gruppo di otto PG, tutti identificabili con le funzionalità di AD&D, dagli incantesimi ai punti ferita fino al THACO. Bisognava guidare questi personaggi attraverso un dungeon enorme, pieno di mostri, trappole e tesori. Heroes of the Lance riuscì a ricreare incredibilmente bene gli effetti del gioco di ruolo, e fu quindi un’esperienza inebriante, una pietra miliare dei giochi a computer e dei giochi di ruolo in genere.

Nello stesso anno, la SSI rilasciò Pools of Radiance. Anche questo fu impostato nell’altrettanto popolare mondo di Forgotten Realms, riuscendo anche a catturare gran parte della filosofia di AD&D. Pools però si spinse molto più in là, grazie ad sistema di gioco quasi equivalente a un GdR. Tiravi gli attributi dei tuoi personaggi, sceglievi una classe e un nome, acquistavi l’equipaggiamento, e poi partivi all’avventura, maturando esperienza e livelli ad ogni vittoria. Tutto questo fu modellato come un GdR. Anche il combattimento funzionava esattamente allo stesso modo: nessun pulsante in stile arcade, solo un tiro contro il THACO, ed uno per calcolare il danno della tua arma. Il computer lanciava il dado per te, e tu potevi concentrarti sulle cose da distruggere.

Pools of Radiance realizzò l’impossibile, migliorando Heroes of the Lance, risultando ancora più divertente e portando il fattore “ruolo” al computer ad un livello senza precedenti.

La SSI pubblicò diversi giochi di questo genere, ed ebbero tutti molto successo, ma nessun’altra società seguì il suo esempio. Tuttavia, alcune delle idee di gameplay – come la creazione dei personaggi e il giusto connubio tra avventura e strategia – cominciavano ad apparire anche in altri giochi, e lo stesso avveniva con i mondi fantasy. Anche altre parti della sottocultura vennero influenzate – autori come Raymond E. Fiest, Terry Pratchett e Douglas Adams incominciarono a scrivere giochi. Ancora una volta, il gioco di ruolo riuscì ad influenzare e rafforzare i settori circostanti.

L’avvento di internet non ha fatto che stimolare la fantasia dei giocatori. Si poteva giocare per corrispondenza in quello che divenne il Play By Email. Giochi di strategia potevano essere giocati testa a testa online, mentre i giochi di avventura dettero alla luce MUD.

MUD, o Mutli-User Dungeon, è un termine generico per il controllo simultaneo di ruolo online. L’internet-chat aggiunse un elemento sociale importante al gioco d’avventura, avvicinandolo ancor più al “vero” gioco di ruolo. I MUD erano conosciuti anche come MUGs (giochi multi-utente), MUSHs (… allucinazioni condivise) e Moos (che indica un approccio Object-Oriented), ma MUD è il termine che è rimasto. Si tratta di un imponente omaggio alla scintilla che originò il tutto – Il fango eponimo primo.

Nel 1979, gli studenti di informatica Roy Turbshaw e Richard Bartle scoprirono il già citato “Adventure”. A loro piaceva l’idea, ma volevano avere più giocatori, così crearono il Multi-User Dungeon. Dopo il college, Bartle commercializzò il gioco. La sua popolarità si rivelò inarrestabile, e fu costretto a progettare una versione più grande, MUD II. Nel 1989, MUD II aveva più di 2000 giocatori, una cifra impressionante dato che internet era ancora sconosciuto.

Con la crescita di Internet, i MUD si moltiplicarono fino al punto di onnipresenza. Alcuni erano gratuiti, altri molto costosi, altri ancora usavano elementi grafici, parti di testo, e tutti insieme coprivano una vasta gamma di ambientazioni, generi e stili. Tuttavia, questi MUD erano legati da molti elementi al disegno originale del primo MUD – come ad esempio il sistema di esperienza che consentiva ai giocatori di farsi strada fino alla posizione di “wizard”, designer di alto livello.

Negli ultimi anni dai MUD si è passati ai MMORPG (Massive Multiplayer Online Role-Playing Game, ovvero gioco di ruolo online multigiocatore di massa), la più verosimile esperienza di virtual reality applicata al gioco di ruolo. La crescente velocità delle connessioni internet e dei processori ha consentito di sviluppare anche altri metodi di gioco, come ad esempio il play by skype, in video conferenza. Possiamo tranquillamente lasciarsi andare all’immaginazione se vogliamo provare ad indovinare che cosa ci riserva il futuro in termini di tecnologia applicata ai GdR. Ma se da una parte tutti questi nuovi modi di giocare hanno avvicinato molti giocatori al gioco di ruolo, il vero e autentico spirito del GdR rimane saldamente ancorato ai sistemi pen & paper che hanno fatto la storia di questo meraviglioso hobby, primo fra tutti D&D.

Continua…

LEGGI TUTTI GLI INTERVENTI SULLA STORIA DEL GDR

Steve Darlington Copyright © 1999

Traduzione di GM Willo 

Questo articolo NON si avvale della licenza Creative Commons

FONTE: http://ptgptb.org/0006/hist7.html

(L’ultimo paragrafo non fa parte della traduzione ed è una libera interpretazione del traduttore)

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GARY GYGAX SULLE VARIAZIONI DI GIOCO

5 commenti

Ieri sera, giocando il buon vecchio AD&D, è uscito fuori il discorso di questo articolo pubblicato nel 1978 dalla rivista The Dragon (poi divenuta Dragon) in cui Gary Gygax affonda senza pietà il coltello nel ventre di chi si permette di alterare le regole del “suo” gioco. Devo dire che questi estratti dell’intervista gettano nuova luce su che tipo di personaggio doveva essere il buon vecchio Gygax, pace all’anima sua. Dal mio punto di vista, modellare le regole di un gioco fa parte del gioco stesso: l’ho sempre fatto e non me ne sono mai pentito.

Ecco invece quello che pensava uno dei leggendari creatori di Dungeons & Dragons.

D&D incoraggia l’inventiva e l’originalità, nel quadro delle sue disposizioni. Chi insiste ad alterare questo quadro dovrebbe progettare il proprio gioco.

Perché i maghi non possono utilizzare le spade… In apparenza sembra una piccola concessione, ma in realtà significherebbe rovinare il gioco!

Le professioni dei personaggi sono state progettate con cura al fine di fornire unici e diversi approcci per risolvere i problemi che si pongono ai giocatori… Questo ragionamento preclude molte delle classi di personaggi che gli appassionati desiderano aggiungere a D&D. Tali classi sono solitamente o delle variazioni inutili di classi esistenti, troppo ottuse per essere davvero interessanti, o sono dotate di abilità sufficienti ad assicurare la loro egemonia sulla campagna di gioco…

Anche il “colpo critico” o i “doppio dei danni” a colpire col dado da 20 sono particolarmente offensivi per i precetti di D&D.

Ogni combattente che si rispetti si impegna nella pratica quotidiana di tutte le forme di armi… La verità sulla questione delle competenze delle armi è, credo, un altro tentativo di dotare i giocatori della capacità di “morte istantanea”.

Le pubblicazioni amatoriali indipendenti sono generalmente da disprezzare, perché caratterizzano la forma più bassa ed arrogante di stampa. Vi si trovano pagine e pagine di chiacchiere banali, una scrittura inetta di persone incapaci di creare tutto ciò che è pubblicabile altrove. Pertanto, essi pagano per pubblicare le loro insulse idee, criticare coloro che sono in grado di scrivere e di progettare giochi, e in generale apparire antipatici… sono poco professionali, poco etici ed apparentemente ignari delle leggi in materia di diffamazione… quando mi sono imbattuto in questo business, pensavo che le fanzine amatoriali potevano far bene per l’hobby… Ora riconosco il mio errore. Sono inutili.

Aggiunte e ampliamenti di alcune parti delle regole di D&D vanno bene. Varianti che modificano le regole in modo da squilibrare il gioco o cambiarlo non sono accettabili. Questo tipo di elaborazioni ricadono nel regno della creazione di un nuovo gioco, non di sviluppo del sistema esistente.

I Punti Magia non aggiungono nulla a D&D, ad eccezione di più complicazioni, più annotazioni, più tempo sprecato, e un precetto che è totalmente estraneo al resto del gioco.

Molti cercano di guadagnare sulla popolarità di D&D offrendo “novità” o “variazioni”, regole che possono servire solo a D&D, anche se il gioco non è neanche menzionato. Comprateli, se avete soldi da buttar via, ma il rischio è solo vostro; non utilizzate il materiale che altera i precetti di base del gioco. “

La cosa buffa è che molte di queste varianti di gioco da lui criticate sono state successivamente applicate alle nuove versioni di D&D. Dopo queste parole, incomincio a pensare che il vero genio fosse Dave Arneson.

Leggi anche: La Storia del Gioco di Ruolo

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LA STORIA DEL GIOCO DI RUOLO: Parte Sesta

3 commenti

La storia del gioco di ruolo
Parte VI: Rivoluzione!

di Steven Darlington

Traduzione e adattamento di Willoworld

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Il gioco di ruolo è un hobby intrinsecamente creativo ed in continua evoluzione. In quanto tale, è difficile indicarne un’epoca rivoluzionaria. Ma nella metà degli anni Ottanta uscirono in rapida successione una serie di nuovi giochi, ciascuno dei quali apportò una quantità senza precedenti di nuove idee, lasciandosi alle spalle gran parte della tradizione consolidata. Ognuno di questi giochi fu rivoluzionario in sé, e tutti quanti hanno fatto fare un passo avanti nella trasformazione del gdr in quello che è diventato oggi.

Oltre ad essere innovativi, ognuno di questi giochi fu anche brillante. Infatti, tra questi si possono trovare alcuni dei migliori episodi che questo hobby abbia mai prodotto, giochi che rappresentano la quintessenza del design, capaci di evocare nei giocatori potenti fantasie. È stato questo il periodo in cui l’arte del gioco ha raggiunto l’apice.

L’esempio migliore, e forse uno dei migliori giochi di ruolo in assoluto, è il mitico Richiamo di Cthulhu. Pubblicato nel 1981, il suo genio e la sua importanza nella storia del Gdr non potrà mai venire troppo enfatizzata.

Il mondo di Cthulhu nasce da una serie di raccapriccianti racconti scritti da HP Lovecraft all’inizio del secolo scorso. Queste storie ruotano intorno agli Antichi, mostruose divinità aliene (Cthulhu è una di queste) che esistono appena oltre il mondo scientifico post-vittoriano del New England. Lovecraft sviluppò le sue idee in un universo spaventosamente realistico e dettagliato, al quale oggi ci si riferisce come i “Miti di Cthulhu”.

Era uno scenario fantastico per un Gdr, ma nei primi anni Ottanta, l’idea era ridicola. Nella maggior parte dei giochi di quell’epoca i giocatori andavano a caccia di mostri o di super-criminali, ingaggiando sanguinosi combattimenti. Ma se il gioco doveva riflettere la letteratura alla quale si ispirava, i giocatori avrebbero dovuto cambiare il loro approccio tipo “caccia al mostro” per un’esperienza di indagine e di ricerca, che sarebbe culminata nell’incontro con delle creature invincibili. Un paradigma così rivoluzionario richiedeva un sistema rivoluzionario, non l’ennesimo clone di AD&D.

Nel 1979, RuneQuest aveva fissato nuovi standard nel game design, e sulla sua forza commerciale, i creatori del gioco costituirono la società Chaosium. Fu poi un membro dello staff Chaosium, Sandy Petersen, che decise di trasformare i Miti di Cthulhu in un gioco.

Usarono RuneQuest come base, ma andarono oltre. Realizzate nel 1979, le regole di RuneQuest erano un po’ troppo dettagliate, con un uso poco fluido dei dadi, specialmente per il combattimento. Nella riconversione per il meno violento Cthulhu, gran parte di questa complessità venne rimossa. Questa semplificazione fu applicata in lungo e in largo, fino a trasformare il gioco in un semplice sistema universale a valori percentuale. Queste nuove regole mantenevano il fascino ed il realismo di RuneQuest, ma ora erano molto più facili da imparare e da usare, e ancora abbastanza robuste per gestire le azioni più complesse. Nessuno altro Gdr è mai riuscito a soddisfare così bene le esigenze di strategia e narrazione come il Richiamo di Cthulhu.

Allo stesso modo non è mai esistito un sistema più trasparente, disegnato per incoraggiare l’interpretazione dei personaggi, e per dileguarsi dove necessario. Questa è stata una delle principali differenze del Richiamo di Cthulhu. Le regole non erano state disegnate per simulare con precisione l’ambientazione. Erano piuttosto uno sorta di strumento per raccontare delle storie, uno strumento che il GM poteva utilizzare come e quando il gioco lo richiedeva. Insieme a questo, il RdC è stato il primo manuale di GdR a spiegare come far funzionare efficacemente il gioco, illustrando non solo le regole e il modo di masterizzare, ma anche come utilizzare tutti gli strumenti del GM.

Questo era assolutamente necessario, perché il vero passo rivoluzionario del RdC fu che i suoi creatori riuscirono perfettamente nel loro obiettivo. Cioè, disegnarono un gioco che permetteva di ricreare le storie di Lovecraft, in tutto il loro mistero. E poiché, a differenza di Tolkien, Lovecraft era sconosciuto, non esisteva alcuna comprensione implicita del tipo di storie da giocare, e l’ambientazione doveva venire solo dalle regole e del sistema stesso.

Per fare questo, dovettero rimanere fedeli alle storie, e questo significava disfarsi di buona parte della tradizione dei vecchi giochi. Il risultato fu un prodotto acutamente letterato e distintamente intelligente, basato più sulla interazione tra i personaggi che sul combattimento, più su una lenta ed accurata ricerca investigativa che su l’esplorazione di un dungeon, più sul role-playing che sul roll-playing.

Tali cambiamenti oggi non sembrano così rivoluzionari, ma va ricordato che il Gdr era molto diverso allora. Dopo la rapida ascesa degli anni ’70, l’hobby si era ritagliato una sua nicchia, e dato che il suo potere commerciale si era accresciuto, nessuno era disposto ad uscire da questa mentalità per paura di non vendere. Sei anni dopo il rilascio del Richiamo di Cthulhu, la Avalon Hill costrinse i progettisti di RuneQuest ad aggiungere gli halflings all’ambientazione, per la pubblicazione della terza edizione del gioco, semplicemente perché gli halflings portavano soldi. A suo tempo, il RdC ruppe ogni regola.

Sempre nel 1981, la Fantasy Games Unlimited fece passi simili a quelli del RdC, con due giochi unici nei loro generi. Aftermath presentava finalmente un’ambientazione post-apocalittica davvero realistica, rinforzata da regole altrettanto brutali. I personaggi erano ancora abbastanza potenti e il gioco era molto orientato al combattimento, ma si lottava per il cibo, per un rifugio, o solo per restare vivi. Le regole costringevano i personaggi a combattere passo per passo, con attrezzature ed alleati poco affidabili e su terreni accidentati.

Nel frattempo con Bushido si ebbe una visione realistica e coinvolgente del Giappone feudale. L’impostazione storica era stata rinforzata in ogni dettaglio, dalla meccanica, ai PNG, fino agli archetipi d’avventura, con un ampio uso di nomi giapponesi per rendere tutto ancora più verosimile. Ancora più accattivante era il sistema di acquisizione dell’esperienza. Si chiedeva ai personaggi di agire in modo adeguato alla loro classe e alla loro posizione nella società nipponica. Ad esempio, il Gakusho (sacerdote) aveva bisogno di On (onore) per diventare padrone di un tempio, qualcosa che non si poteva guadagnare semplicemente uccidendo un drago.

Ma questi tipi di giochi rappresentano solo uno dei percorsi che stava prendendo il Gdr. Altri stanavano andando in una direzione completamente nuova. Stavano andando fuori di testa!

Esistono diversi tipi di giocatori, ma in ogni gruppo non può mancare il “Loony”, ovvero colui che per farsi una risata non esita a lanciare una palla di fuoco nel bel mezzo di una situazione delicata. Il leader indiscusso di tutti “Loonies” è sicuramente Greg Costikyan. Questa sua leggerezza per il gioco, mentre tutti gli altri lo prendevano anche troppo sul serio, gli ha permesso di disfarsi di tutte le convenzioni e di scrivere giochi davvero innovativi.

Iniziò con Toon (West End Games, 1984), un’idea ancora più pazza di Cthulhu: un Gdr ambientato nell’universo (e mentalità) dei cartoni animati stile Warner Brothers, con tanto di incudini che piovono dal cielo. E come Cthulhu, in qualche modo riuscì a comunicare questo mondo, grazie a delle regole che spiegavano al giocatore come comportarsi e come pensare alla maniera di un cartone, un Toon appunto. Non che ci fossero molte regole, e quelle che esistevano erano incredibilmente elementari, meravigliosamente stupide e necessariamente elastiche. Toon così è stato anche uno dei primi Gdr a forma libera, un gioco light-rules, un altro passo rivoluzionario.

Ma la vera rivoluzione è stata nuovamente nella cornice. Come si poteva giocare un Gdr in un mondo dove la morte era inesistente, dove la realtà era totalmente instabile, la cui sola costante era il suo approccio umoristico? Esattamente come il RdC, si disfece di ogni precedente convenzione, anche di cose basilari come il superare delle prove per ottenere una ricompensa, e la logica della narrazione con cui venivano esposti gli eventi. In questo gioco, nulla importava all’infuori di far ridere la gente. Nonostante oggi i giochi umoristici siano diventati più popolari, nessuno è riuscito ad essere folle e divertente come questo.

Ancora più leggendario in termini di follia è stato il successivo gioco di Costikyan, Paranoia. Realizzato insieme a Dan Gelber e Eric Goldberg, e pubblicato lo stesso anno di Toon, Paranoia trasformò il pensiero del gioco di ruolo. Nella sua futuristica società orwelliana chiamata Alpha Complex, la morte è priva di significato (di nuovo) perché ogni giocatore può avvalersi di diversi cloni di se stesso. I giocatori ne hanno bisogno perché i loro personaggi sono agenti speciali del Grande-Fratello-Computer, scelti per intraprendere il pericoloso compito di sradicare i traditori. E tra questi traditori ci sono i mutanti, i membri delle società segrete, e chi ti guarda strano. Purtroppo, ogni PC ha un potere mutante, è un membro di una società segreta, ed è circondato da persone che hanno esattamente gli stessi ordini, oltre ad avere a disposizione della armi davvero distruttive.

Paranoia presentava questo mondo spaventoso per far ridere, con un umorismo più nero del precedente Toon, ma anche più sottile e con un pizzico di satira politica. E Paranoia è ancora l’unico gioco che si basa solidamente su personaggi in conflitto tra loro. Le regole erano perfettamente disegnate per ricreare la paranoia della società, ed incoraggiare morti rapide e violente. Come Cthulhu, Paranoia è un pinnacolo nella storia del Gdr, un gioco di brillantezza senza pari.

Costikyan continuò con la progettazione (insieme a Greg Stafford e Sandy Petersen della Chaosium) di Ghostbusters, che mantenne i criteri di umorismo e di grande design, grazie anche al potente ma semplice sistema D6. Ma Costikyan non era il solo guidare la carica.

Greg Stafford aveva già esemplificato il gioco nel 1979 con RuneQuest. Lo fece di nuovo nel 1984 con Pendragon. Come tutti i giochi citati più sopra, Pendragon presentava un sistema amalgamato perfettamente all’ambientazione, in modo da ricreare le estasianti storie delle leggende arturiane. Ma Pendragon riuscì a portare quest’arte di combinazione regole-setting fino a un livello di perfezione. Ogni dettaglio del gioco era focalizzato sull’ambientazione, in modo che i giocatori ne venissero completamente assorbiti, e cominciassero effettivamente a pensare come i cavalieri della Tavola Rotonda.

Pendragon incoraggiò anche il lato interpretativo, aggiungendo i tratti della personalità e la storia dei personaggi, e facendo si che questi fossero importanti tanto quanto le statistiche di combattimento. Pendragon stimolò i giocatori a giocare a lungo termine. I personaggi di Pendragon invecchiavano rapidamente: se si gioca, come suggerito, su base settimanale, i PG possono invecchiare di quaranta o cinquanta anni in un anno di gioco. Questo ingegnoso sistema chiedeva ai personaggi di farsi una vita al di fuori dell’avventura, di crescere e svilupparsi come persone normali, rendendo così le loro storie più drammatiche e più reali.

Anche Ars Magica (Lion Rampant, 1985) utilizzò questa idea del passare del tempo molto bene, ma con un tocco personale. Ars Magica proietta i giocatori, nelle vesti di maghi molto potenti, dentro il Medioevo vero e proprio. I giocatori controllano una serie di personaggi selezionati a seconda della missione da compiere. Ars Magica sfidò il mondo del design del Gdr con uno dei migliori sistemi di magia mai progettato, in parte libero in parte regolato.

L’anno successivo, Games Workshop smise di produrre giochi di guerra abbastanza a lungo per darci il brillante Warhammer Fantasy Roleplay. Il sistema di WFRP era buono e massiccio. Il suo intuitivo e coinvolgente sistema per l’esperienza e per la carriera dei personaggi fu davvero geniale. Nella creazione dei PG, trovò un’ottima via di mezzo tra le classi di base e la generazione libera del personaggio, così come tra lo stile di vita avventuriero e la sua realistica esistenza medievale. Ma l’ambientazione era ancora meglio. Grazie a un sapiente mix di cospirazione ed orrore da periodo elisabettiano, le avventure di WFRP sono rinomate per la loro spaventosa intensità.

In questo periodo, l’innovazione era di moda, e tutti volevano provare qualcosa. E mentre il trend continuava, tutto sembrava possibile, anche rimuovere i dadi!

Amber e Everway sono i due giochi diceless pionieri più famosi. Amber (basato sui romanzi di Roger Zelazny) è ambientato in un universo con una realtà mutevole ed infinite possibilità, e quindi richiede un leggero sistema di regole ad interpretazione. Per questo, le carte da gioco si adattavano molto bene e quindi fu un successo. Analogamente, la natura cerebrale ed epica delle storie di Everway, rese le carte dei Tarocchi per imitare i destini uno strumento molto adatto.

Torg (West End Games, 1990), un entusiasmante gioco di crossover di generi, usava nel suo sistema universale sia le carte che i dadi. La sua “Drama Deck” non solo offriva ai giocatori bonus casuali di gioco da sommare ai tiri di dado, ma ha anche spunti di interazione con la storia. Le carte introducevano sotto-trame come antiche inimicizie o nuovi amori, da aggiungere alle discrezioni dei personaggi. Allo stesso tempo, Lance and Steel se ne uscì con un sistema di carte per emulare i molti dettagli della scherma, che era un’importante fattore della sua ambientazione rinascimentale.

Mentre il gioco si stava evolvendo, sembrava solo questione di tempo prima che qualcuno raggiungesse il limite, sradicando tutto quello che era stato fino ad allora. E successe per davvero. Tuttavia, il gioco di ruolo dal vivo era incominciato effettivamente molto prima. In America, nel 1981, alcuni studenti dell’istituto Boulder istituirono la “International Gaming Fantasy Society”. Ma non riuscì a decollare velocemente, come invece accadde in Inghilterra. Pochi anni dopo, la Treasure Trap fece la sua comparsa, un dungeon ambientato in un vero castello. Anche se ci fu qualche resistenza iniziale, lo spirito rivoluzionario degli anni Ottanta ha accolto con favore questa nuova strada.

E così l’innovazione andò avanti. Qui si è toccato solo alcuni delle più importanti trasformazioni del gioco. Alla fine degli anni Ottanta, ogni Gdr è stato in qualche modo rivoluzionario. All’inizio del decennio, quasi ogni sistema si basava sui 3D6 per calcolare le caratteristiche, e presentava inevitabilmente gli hobbit, perché era quello che D&D aveva fatto. Alla fine del decennio invece, un gioco non avrebbe venduto a meno che non promettesse non solo una nuova ed emozionante ambientazione, ma anche un sistema in qualche modo innovativo. Anche se questa necessità di stravolgere era principalmente orientata al mercato, ha segnato molto positivamente l’hobby. Fra questi cambiamenti superficiali c’erano idee che stavano trasformando le basi fondamentali del gioco, e se combinate, queste idee erano in grado di cambiare la concezione stessa che le persone avevano del Gdr. Degli wargames personalizzati si erano trasformati in esperienze di narrazione e recitazione, forse addirittura in un esercizio intellettuale. Questa evoluzione è continuata, ma niente è comparabile all’Età dell’Oro degli anni Ottanta.

Continua…

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Steve Darlington Copyright © 1999

Traduzione di GM Willo

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LA STORIA DEL GIOCO DI RUOLO: Parte Quinta

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di Steven Darlington

Traduzione e adattamento di Willoworld

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Parte V: Il Potere e la Gloria

Era il 1980, e, come disse Gordon Gecko, l’avidità dette i suoi frutti. Il boom finanziario che ci regalò gli yuppie e il walkman era in pieno svolgimento, e uno dei settori vincenti di quel periodo fu l’industria dell’intrattenimento. Grazie al nuovo approccio che stava rivoluzionando il settore del gioco di ruolo, l’hobby fu in grado di cavalcare l’onda. La TSR guidò la scalata e gli altri si affrettarono a seguirla. Mentre l’Età dell’Oro continuava, i produttori di GdR avrebbero cambiato completamente il volto del gioco, trasformandolo in pochi anni, o forse addirittura in un colpo solo, da un piccolo prodotto per amatori ad una immensa impresa di culto.

Guarda lassù!

Uno dei capisaldi del nuovo volto del gioco fu lo spostamento di messa a fuoco dalla fantasy al mondo dei fumetti e del cinema, soprattutto riguardo ai super-eroi.

Nel 1980, i fumetti di supereroi godettero di una forte ripresa di popolarità che culminò, verso la fine del decennio, con diversi episodi cinematografici. Come era già successo con la fantascienza qualche anno prima, i produttori di giochi furono abbastanza intelligenti da capire che questa era un’importante sub-cultura dalla quale attingere. E così iniziarono a sfornare giochi di supereroi. C’erano stati tentativi precedenti, come Jeff Saxman’s Superhero 44, ma il genere non venne definito fino all’uscita del possente Champions.

Evolutosi da Hero Games nel 1982, Champions fece subito sentire la sua presenza sulla comunità di gioco. La correlazione tra i giocatori e gli appassionati di fumetti si dimostrò molto forte, ed il gioco ebbe un successo immediato in tutto il mondo, dato che i fan del genere colsero al volo l’opportunità di interpretare i loro eroi preferiti. Nonostante i timori che il gioco potesse essere ostacolato dalla sua incapacità di proporre qualsiasi eroe di fama, in quanto erano tutti sotto il copyright della Marvel e DC. Champions, riuscì a crearsi la propria nicchia incoraggiando i giocatori ad usare la loro fantasia per la creazione dei personaggi. I giocatori potevano ritagliarsi il proprio, unico supereroe, e questo divenne uno dei punti di forza del gioco.

Naturalmente, Champions ispirò rapidamente altri giochi, come Villains & Vigilantes (FGU, 1984) e Golden Heroes (Games Workshop, 1984). La Marvel e la DC si resero conto che stavano perdendo una grande opportunità, e cercarono disperatamente di rimettersi in gioco. La Marvel ingaggiò la TSR per rilasciare il poco convincente Marvel Superheroes, mentre la Mayfair Games prese l’altra parte, pubblicando l’altrettanto deludente DC Heroes. Ma pochi poterono avvicinarsi a Champions.

Questo perché Champions era semplicemente un buon prodotto. Proponeva un sistema universale di regole ben disegnato e spingeva i giocatori ad usare la loro immaginazione. Aveva un’impostazione “fai-da-te”, ma con una base solida di regole con cui iniziare, ampi consigli per la costruzione di scenari, e un sacco di altre risorse. Champions fu anche rivoluzionario perché fu il primo gioco con un sistema di creazione dei personaggi totalmente libero. Non solo le caratteristiche, ma anche le abilità e i poteri venivano aggiunti a piacere del giocatore. Naturalmente, se non si poteva decidere, le regole per la determinazione causale c’erano, ma questa fu comunque una tappa importante nel “game design”.

I punti di forza di Champions erano stati riconosciuti, ed iniziarono a cambiare il modo in cui la gente progettava i giochi. In particolare influenzarono un signore di nome Steve Jackson.

Sistemi Universali

Jackson era entrato nella scena di gioco con Melee (Metagaming, 1977), un sistema di combattimento che poteva essere utilizzato in altri giochi. Presto fu raggiunto da Wizard, un supplemento di regole per la magia, e da un manuale per Game Master chiamato Into the Labyrinth, diventando così un gioco di ruolo completo, che portava lo sfortunato nome di The Fantasy Trip. Anche se non riuscì mai veramente a decollare, fu un buon progetto, con meccaniche di gioco davvero creative, che aggiungevano molto realismo al combattimento, alle abilità e alla magia.

Purtroppo la Metagaming fallì, ma ispirato da Champions, Steve Jackson volle usare le idee di questo e quelle del suo The Fantasy Trip per sviluppare un grande gioco di ruolo. Durante la progettazione di Car Wars e Illuminati, prodotti di tutto rispetto, lui e i suoi amici discussero a lungo ciò che realmente volevano da un gioco, e cominciarono a mettere su carta quello che allora fu scherzosamente chiamato GURPS: Great Unnamed Role-Playing System (Il Grande Sistema di Gioco di Ruolo Senza Nome). Fu poi rilasciato cinque anni dopo dalla nuova società di Jackson, la Steve Jackson Games, e fu chiamato ancora GURPS. Solo ora stava per Generic Universal Role-Playing System.

E generico fu, cosa che suscitò non pochi dubbi. Come vedremo, l’industria a quel tempo era trincerata in una mentalità che riponeva una forte enfasi su una dettagliata e specifica ambientazione. Fare un gioco senza un setting specifico in mente era rischioso. Questo gioco andò oltre, creando qualcosa deliberatamente privo di una qualunque forma di impostazione di gioco o stile. Era stato progettato per qualsiasi cosa si volesse giocare. Alcuni dissero che era brillante, altri invece lo considerarono folle.

Eppure funzionò. GURPS crebbe costantemente di popolarità, e alla fine degli anni novanta si trovava al secondo posto, alle spalle di AD&D, solo in termini di materiale pubblicato. E con la triste fine della TSR, la Steve Jackson Games divenne senza dubbio l’azienda di gioco di ruolo di maggiore successo. Questo successo a lungo termine fu dovuto a molte cose: un design sensibile, un’intelligente presentazione, una linea di forte sostegno e un grande rispetto per il suo pubblico, ma ciò che lo distingueva era soprattutto la sua universalità. Si suppone che i giochi di ruolo debbono essere limitati solo dalla nostra immaginazione, ma spesso sono anche limitati dagli strumenti che abbiamo a portata di mano. GURPS superò questo ostacolo, permettendo ai giocatori il lusso di avere sempre un sistema, non importava quale gioco volessero giocare. E nonostante i sistemi di gioco universali siano stati a volte criticati per la mancanza di evocazione, la rimozione di tale vincolo rimane un dono molto importante per l’industria del gioco.

Attualmente, molti giochi stanno seguendo il modello generico, almeno in una certa misura, ma GURPS, come D&D prima di lui, fu sicuramente il più originale e consolidato di tutti, e così è stato perseverato. Tuttavia, se in quel momento non fosse stato così diverso dal resto dei giochi, avrebbe potuto non avere alcun successo.

Il Macello del Merchandising

Attingere alla sottocultura dei fumetti si rivelò una mossa estremamente redditizia, tanto che i giochi si poterono permettere di concentrarsi su un solo fumetto per ambientazione. Alcuni di questi sono stati Judge Dredd (Games Workshop, 1984), Teenage Mutant Ninja Turtles (Palladium Games, 1985), Buck Rogers (TSR, 1989) e Prince Valiant (Chaosium, 1986). I progettisti furono anche lesti nel capire che quello che funzionava per il fumetto, avrebbe funzionato anche per gli altri media. Così rivolsero la loro attenzione ai libri, alla TV e al cinema.

La scelta più ovvia sul fronte dei libro fu, ovviamente, Tolkien, perciò la Iron Crown Enterprises non tardò nel produrre MERP: Middle Earth Role-Playing. Dal momento che nessuna serie fantasy si era avvicinata nemmeno lontanamente al successo del lavoro di Tolkien, la maggior parte dei giochi di ruolo ispirati da queste non riuscirono a durare. Questi GdR tendevano ad essere piccoli ed economici, ed erano progettati per adattarsi a qualunque serie che si trovava in cima alle classifiche. L’unico oltre a MERP che ha avuto una reale presenza a lungo termine fu Stormbringer, poi chiamato Elric!, basato sui romanzi di Michael Moorcock, che è sopravvissuto grazie ad una linea coerente di sostegno della Chaosium.

La scelta fu ovvia anche per il mondo del cinema. Il 1982 vide l’uscita di The Wrath of Khan, e subito dopo venne pubblicato il gioco della FASA, Star Trek: The Roleplaying Game. Il sistema era ben progettato e il fatto che esistessero così tante risorse per per il rilascio di una vasta gamma di supplementi, sarebbe dovuto tornare a suo vantaggio. Purtroppo i problemi di copyright ne causarono la morte prima della fine del decennio. Vi furono poi altri tentativi: Doctor Who, Robotech, Aliens, Ghostbusters, Guerre Stellari e persino James Bond ebbe il suo GdR.

Negli anni Ottanta l’esempio di Star Wars trasformò il blockbuster fantasy in un pilastro dell’industria cinematografica, e all’improvviso tutto ciò che importava in un nuovo film fu quanto merchandising si poteva ottenere da esso. Anche se questa tendenza poteva rivelarsi negativa per la qualità del cinema, la mentalità volta al merchandising stimolò l’industria del gioco di ruolo. E sebbene alcuni di questi giochi su licenza non furono proprio eccezionali, l’afflusso di capitale fu molto importante per la crescita del settore finanziario dell’hobby.

Né questo fu interamente dannoso per l’aspetto creativo del settore, dato che sotto il mercantilismo sfrenato molte aziende mantennero una forte dedizione per il design e la creatività. Infatti, oltre a dare una svolta economica al settore, i giochi su licenza dimostrarono anche di essere una buona piattaforma per l’evoluzione dell’arte del gioco.

Uno dei peggiori esempi di giochi su licenza fu il GdR basato sul film di Tim Burton, Batman. La Mayfair Games ritoccò semplicemente il DC Heroes confidando di venderlo bene, così come tutto il resto che portava il famoso logo di Batman.

I Fantastici Quattro

Il produttore più prolifico di giochi su licenza fu senza dubbio la West End Games. Fu anche il migliore, dato che tutti i suoi giochi furono al tempo stesso brillanti ed originali, oltre che incredibilmente evocativi. Alcuni di questi successi includono Ghostbusters, Indiana Jones e il possente Star Wars. Uscito nel 1987 per il decimo anniversario della trilogia, Star Wars è senza dubbio il miglior gioco su licenza mai creato. Ha riscosso un immediato successo ed è ancora oggi molto seguito.

Star Wars utilizzava un semplice sistema basato sul d6, che era apparso già in Ghostbusters, e che alla fine si è evoluto nell’acclamato sistema generico noto come “D6”. Ma ben prima di quello, la WEG aveva già dato un seguito al successo di GURPS con il suo manuale di regole universali (Masterbook). Tuttavia, oltre ad investire su un sistema generico con tutta una serie di supplementi, la WEG continuò a pubblicare le regole di nuovi prodotti. In questo modo si aveva la scelta tra l’acquisto delle regole di base, per poi aggiungere le ambientazioni desiderate, o comprare semplicemente il gioco finito con ambientazione annessa. Anche se questo significava ristampare di continuo le stesse regole, la combinazione di approcci era più flessibile, e quindi più commerciabile.

Un approccio simile fu fatto dalla Palladium Games. Anche loro usarono lo stesso set di regole per tutti i loro giochi, che comprendeva TMNT, Robotech, Palladium Fantasy, e il loro impressionante lavoro sul genere dei super-eroi, Heroes Unlimited. Come la WEG, la Palladium standardizzò le regole e le applicò su tutta la linea. Tuttavia, piuttosto che progettare un set generico di regole per essere utilizzato con qualsiasi ambientazione, risolsero il problema creando un “mondo” generico nel quale allestire qualsiasi ambientazione! Ciò fu possibile grazie alla combinazione di moltissime dimensioni, e i legami tra queste dettero il nome al gioco: Rifts (Spaccature). Proprio come era accaduto con Masterbook e GURPS, questo sistema fu seguito da una grande quantità di supplementi e, di conseguenza, da un notevole successo.

La potenza del sistema generico era immensa, perché permetteva alle aziende di diversificare il materiale, pur mantenendo il monopolio. Le nuove mode non avevano più bisogno delle proprie regole, di un proprio gioco, e neanche di una propria azienda. Potevano semplicemente venire inserite all’interno del sistema generico che preferivi, il che significava che era molto più facile per i giocatori capirli e giocarli. E più i giocatori avevano familiarità con i sistemi, più erano legati commercialmente al prodotto. Quindi, ogni nuovo film, serie TV, o libro di successo, rese il mercato più forte e più diversificato.

Non è un caso allora che queste tre società, la Steve Jackson Games, la West End Games e la Palladium Games si trovarono, alla fine del decennio, in condizioni di parità con la TSR. Nonostante fossero di dieci anni più giovani, il loro uso del sistema generico sfruttò appieno il boom finanziario che aveva dato l’Età dell’Oro al gioco di ruolo, e permise di godere dello stesso successo del leader di mercato. La TSR e la SJ Games avevano iniziato con un unico prodotto ed aggiunto molti strati ad esso, mentre la WEG e la Palladium avevano preso molti prodotti e forgiato un unico gioco, ma il risultato finale fu lo stesso: una presenza commerciale in una misura senza precedenti.

Nei dieci anni di Età dell’Oro, l’industria decuplicò il fatturato. Tutte le società di gioco si pensavano adesso come imprese, e gli affari andavano a gonfie vele. E la forza finanziaria si tradusse direttamente in forza per tutto il settore; il gioco di ruolo stava andando veramente bene e si era affermato come una delle attività di svago più importanti nel mondo. E continuava a crescere. Ma questo non sarebbe successo senza il contributo di queste quattro visionarie società. Senza questi quattro giochi, veri pilastri dell’industria, il gioco moderno non sarebbe dove è oggi.

Naturalmente, questo passaggio dalla dominazione della TSR ad una industria condivisa cambiò anche tutta la natura dei giochi che abbiamo giocato. Come accennato all’inizio, la perdita del monopolio della TSR causò un calo di popolarità del genere fantasy. Le persone stavano perdendo interesse per i vecchi dungeon ed i mondi Tolkeniani. La nuova generazione di giocatori voleva emulare eroi di un altro calibro. I giocatori volevano essere Wolverine, Batman o Luke Skywalker, grandi super-eroi usciti direttamente dallo schermo o dai fumetti. E volevano che questa loro esperienza fosse in stile film o fumetto, con un sacco di esplosioni, azioni rapide e ritmo. I giocatori non volevano più andare a caccia di orchi con spade che facevano 1d8 di danni, ma usare fucili ad energia da 6d6. Il principio era lo stesso, solo il bilancio era aumentato!

Ma c’era un altro lato dell’industria. C’era chi pensava che il gioco doveva essere qualcosa di più di esplosioni e botte. Alcuni credevano che il gioco poteva essere qualcosa simile ad una forma d’arte, e qualcuno pensava che la nuova mentalità aziendale fosse distruttiva per questi ideali. Tuttavia, questa mentalità fu la forza trainante dell’Età dell’Oro, la fonte della nuova forza di gioco. Ed è questa forza che ha reso il settore sempre più aperto alla sperimentazione e, quindi, ha permesso che queste idee diventassero realtà. Lentamente, sullo sfondo del periodo d’oro, il gioco di ruolo si stava evolvendo in qualcosa di nuovo e sorprendente. Ma questo lo vedremo nella prossima puntata.

Continua…

Steve Darlington Copyright © 1999

Traduzione di GM Willo

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LA STORIA DEL GIOCO DI RUOLO: Parte Quarta

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di Astinus

Traduzione e adattamento di Willoworld

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Parte quarta: L’Inferno e l’Alta Finanza

Era l’inizio degli anni ’80, un decennio molto importante per il gioco di ruolo, un periodo di incredibile crescita ed espansione, in cui i gdr si affermarono sulla scena mondiale. Fu un periodo d’oro, ma con questa ritrovata forza, arrivarono anche momenti tragici, di disagio ed abuso. Mentre il gioco stava raggiungendo alcuni dei suoi picchi massimi, doveva fare i conti con le sfide più difficili. Questa combinazione fece sì che l’hobby non si limitasse solo a crescere negli anni Ottanta, ma a maturare, dando vita a una nuova generazione di giochi e giocatori.

Un Inizio Tragico

Tutto ebbe inizio nel mese di agosto del 1979 presso l’Università del Michigan. Uno studente di nome James Dallas Egbert III (chiamato Dallas Egbert) fuggì dal collage, con l’intenzione di suicidarsi. Lasciò un messaggio confuso che menzionava i tunnel pieni di vapore sotto l’università, e il gioco Dungeons & Dragons, di cui James era un accanito ed ossessivo giocatore. James, però, non si uccise in quell’occasione, e in seguito fu rintracciato da un detective privato.

Durante le indagini comunque si verificò un tragico errore. A causa di un irresponsabile lavoro giornalistico e una certa confusione da parte delle autorità, venne detto che D&D era stata la causa della scomparsa di Dallas. Quando l’anno dopo Dallas si tolse per davvero la vita, nacque il mito del “D&D suicide”. Ciò avvenne nonostante il fatto che Egbert stava affrontando pressioni estreme in quanto era considerato un bambino prodigio (aveva 16 anni), e inoltre faceva uso di droghe ed era mentalmente instabile.

Si diceva che i “tunnel di vapore”, che per anni erano stati alla base di innumerevoli leggende metropolitane, compresa quella di uno stupratore seriale, erano i luoghi in cui D&D veniva riprodotto dal “vivo”, e questa storia sfuggì rapidamente al controllo. A quel tempo il gioco di ruolo era un’attività di svago molto marginale; la sua recente crescita aveva attratto l’attenzione di molti, ma la conoscenza del gioco era ancora qualcosa di molto oscuro. Così D&D divenne il capro espiatorio perfetto per i media, facilmente presentabile come un pericoloso ed ossessionante culto che poteva diventare una minaccia per i giovani. Vari esperti del settore vennero intervistati sull’argomento e cercarono in fretta di calmare le acque. La storia venne dimenticata abbastanza velocemente, ma nel frattempo era nato un mito.

Nel giugno del 1982, si verificò un altro tragico suicidio, che avrebbe avuto effetti ancora più dannosi sull’hobby. Irving “Bink” Pulling, che soffriva di depressione cronica, isolamento e instabilità mentale, si tolse la vita con la pistola che sua madre teneva in casa. Ancora una volta, anche se i problemi della vittima erano palesi (aveva problemi sociali sia con gli amici che in famiglia, e un comportamento irrazionale e delirante) la colpa per la sua morte venne data a Dungeons & Dragons. Fu propria la madre del ragazzo, Patricia, o Pat, ad accusare apertamente il gioco.

Un Periodo Oscuro

All’inizio Pat Pulling accusò un insegnante della scuola di Irving di avere ucciso suo figlio, per colpa di una “maledizione” che il professore aveva lanciato sul ragazzo durante il corso del gioco. Nessun altro partecipante al gioco ricorda se questo evento sia mai accaduto, ma ciò non le impedì di portare il caso in tribunale, anche se poi fu subito scartato. Dopo questo evento la Pulling costituì la Bothered About Dungeons and Dragons (BADD). Con questa associazione incominciò una guerra di propaganda contro i giochi di ruolo, con tanto di distribuzione di massa di volantini ed opuscoli, apparizioni in programmi TV e radio (tra cui il famoso talk-show “Geraldo”) ed alcune proteste in strada.

Nel 1984 la Pulling coinvolse la BADD nel caso Darren Molitor. Darren era stato processato per l’omicidio di una giovane ragazza che presumibilmente si era verificato per colpa di uno scherzo di Halloween. La Pulling convinse la difesa a discutere sulla mancanza di colpevolezza di Molitor a causa dell’influenza che D&D aveva su di lui, e presentò molti cosiddetti “esperti di D&D” in qualità di testimoni. Questa prova fu respinta in quanto irrilevante, ma questo non impedì alla BADD di intervenire in altri processi.

La cosa più spaventosa di questo incidente fu che la BADD riuscì a convincere Molitor che il gioco aveva preso il controllo delle sue azioni. In base a tale credenza, Molitor scrisse un saggio schiacciante accusando D&D quale responsabile per il crimine che aveva commesso, e che fu poi ampiamente diffuso dalla BADD. Più tardi, Molitor dichiarò che, quando scrisse il saggio, era sotto stress e “in stato confusionale”, e che quindi poteva avere esagerato. Aggiunse inoltre che non credeva più che il gioco fosse pericoloso. Questo lavaggio del cervello su una persona sotto grande stress per scopi propagandistici, la dice lunga sulla pericolosità delle tattiche adottate dalla BADD.

La BADD fece anche una campagna per chiedere alla Consumer Product Safety Commission di applicare sulle confezioni dei GdR delle etichette di avvertimento, richiesta che però fu respinta. Nel frattempo, la Pulling continuò ad investire sulla sua credibilità, arrivando anche ad ingaggiare un detective privato e a richiedere il supporto dello psicologo Thomas Radecki. La Pulling scrisse anche un libro sull’argomento, dal titolo “The Devil’s Web”, e Rona Jaffe pubblicò invece “Mazes and Monsters”, un romanzo su un adolescente che si avvicina all’occulto per colpa del gioco di ruolo. Questi due libri dettero un ulteriore credibilità agli argomenti che affrontavano. Nonostante ciò, la comunità del gioco era pronta al contrattacco.

La propaganda della BADD sollevò l’interesse di molti. Dopo una petizione della BADD alla Commissione per la sicurezza, la Game Manufacturing Association (GAMA) realizzò i propri studi, insieme a molti ricercatori indipendenti. Nel 1987, Armando Simo’n pubblicò il primo documento sullo stato psicologico dei giocatori di ruolo, e ne seguirono molti altri. Tutti i casi di suicidio ed omicidio elencati dalla BADD come ispirati da Dungeons & Dragons, furono investigati a fondo e non fu trovato alcun elemento di colpevolezza da attribuire al gioco.

GAMA inoltre incaricò Michael Stackpole di indagare sulla BADD e la Pulling. Nel 1990 pubblicò il suo ormai famoso “Rapporto Pulling”, che rivelava i metodi di manipolazione utilizzati dalla BADD. Ciò portò discredito alla BADD che presto scomparve. Fu allora istituito il Comitato per la promozione dei giochi di ruolo (CAR-PGA) per lavorare contro la diffamazione dell’hobby.

Non è facile per i giocatori di oggi rendersi conto di quanto fosse pericolosa la minaccia della BADD per il gioco di ruolo. Nonostante la mancanza di un’autorità legittima, la BADD catturò l’attenzione di molti, e, al culmine della sua attività, ebbe una significativa influenza negli Stati Uniti. Molte scuole vietarono i giochi, le chiese li condannarono ed i negozi smisero di venderli. I rivenditori di GdR furono spesso costretti a chiudere e più di una piccola azienda fallì. Ma la cosa peggiore fu che la propaganda della BADD riuscì a convincere migliaia, forse addirittura milioni di persone, che il gioco di ruolo era qualcosa di pericoloso e di malvagio. Fu una manovra così efficace che ancora oggi la gente continua ad associare il gioco con il suicidio e l’occulto.

Questo pregiudizio continua ad inseguirci: il gioco di ruolo è ancora visto male dai grandi media e dalle religioni, e piccole crociate anti-gioco continuano regolarmente a verificarsi. Tuttavia, la situazione oggi è molto migliorata e sarebbe irresponsabile pensare od agire come se le linee di battaglia fossero ancora disegnate.

L’Età dell’Oro Continua

Questo “battesimo del fuoco” giocò una parte molto importante nella storia del nostro hobby. La comunità di gioco acquisì una certa consapevolezza, e questa prova di lealtà la rese più affiatata. Fu una fase di maturazione, in particolare per quei vecchi giocatori che avevano combattuto le battaglie più difficili. A conseguenza di ciò, si ebbe un divario generazionale tra i giocatori che avevano iniziato a giocare nella prima metà degli anni Ottanta, e quelli che si avvicinarono ai GdR dopo.

Ma questo non fu causa di divisione, proprio perché la comunità di gioco era uscita rafforzata dalla tragica prova. Allo stesso modo, la propaganda della BADD elevò il profilo del gioco a nuovi livelli in tutto il mondo, e quando il polverone si spense, il nome era ancora sulla bocca di tutti. In effetti, questa pubblicità non voluta contribuì a fare per davvero decollare il gioco, grazie soprattutto alla ritrovata maturità degli addetti ai lavori. L’esperienza indurì l’industria, gli dette il coraggio necessario per trasformare le piccole imprese da scantinato in grosse multinazionali. Dalle avversità vennero la forza e la saggezza necessarie per rendere il gioco davvero grande.

L’Inarrestabile TSR

La colonna portante dell’Età dell’Oro doveva venire da una grossa presenza commerciale, e nessuno riuscì a trasformarsi in “merchandising machine” meglio della TSR. La sua popolarità continuò a salire alle stelle con il rilascio del sistema avanzato per D&D. Mai prima di allora manuali e supplementi vennero pubblicati con tale velocità.

Mentre la pressione da parte di estranei si fece più forte, i club e le convention divennero sempre più popolari. Nel 1981 la TSR investì nella Role-Playing Games Association (RPGA) per aiutare i giocatori di tutti gli Stati Uniti a riunirsi. Oggi la RPGA è una potente associazione che collega milioni di giocatori in tutto il mondo.

Con il loro aiuto, sembrò certo che la TSR avrebbe continuato a dominare il settore del gioco, nonostante l’enorme numero di pubblicazioni di nuove società. Un’altra cosa, però, andò a collocarsi saldamente in cima al mucchio, qualcosa che si chiamava Dragonlance.

Nei primi anni ottanta, i designer di AD&D si resero conto che molti dei nuovi giochi avevano il vantaggio di essere basati su dei mondi o delle storie già esistenti. Il gioco di ruolo di Star Trek RPG (FASA , 1982) per esempio, ebbe un notevole successo proprio grazie all’ambientazione. Per controbattere a questa tendenza, decisero di progettare il proprio mondo, e rilasciare simultaneamente i libri e i supplementi di gioco. Agli scrittori Margaret Weis e Tracy Hickman fu dato questo compito.

Il risultato fu “Le Cronache di Dragonlance”, che divenne incredibilmente popolare. Infatti, subito dopo la sua uscita nel 1984, diventò la prima serie fantasy che compariva come “Best Sellers” sulle pagine del New York Times, vendendo oltre tre milioni di copie in tutto il mondo. In seguito ha ispirato più libri di quasi tutte le altre serie fantasy, oltre che ad un’infinità di moduli, supplementi, giochi per computer e anche un proprio gioco di ruolo “Dragonlance: The Fifth Age”. Ha inoltre trasformato la TSR in un grande editore e reso famoso l’illustratore Larry Elmore.

La TSR giocò questa carta fino in fondo, rilasciando una delle più grandi campagne di sempre per abbinare la trama dei romanzi, e fu ovviamente anche un grandissimo successo commerciale. La Dragonlance collocò nell’olimpo del gioco personaggi come Raistlin e Tanis mezz’elfo e trasformò la TSR in una grande multinazionale. Raggiunto questo picco, la TSR incominciò a destare l’attenzione dei grossi nomi del mondo degli affari, e le grandi aziende s’interessarono improvvisamente al nuovo mercato. AD&D divenne presto la base per una ridicola serie di cartoni animati che generò una propria linea di merchandising, e si parlò anche di un film.

E la TSR continuò a macinare. Alcune menti brillanti trasformarono il gioco base in cinque giochi separati (Basic, Expert, Companion, Master, Immortal) per rendere più facile l’approccio dei nuovi giocatori ed aumentare gli introiti. Dragon Magazine si affermò in tutto il mondo e fu seguito da Dungeon Magazine. Nel 1987, Ed Greenwood rilasciò il mondo di Forgotten Realms, ed ebbe un successo quasi pari alla Dragonlance, pubblicando un numero addirittura maggiore di romanzi e supplementi di gioco. Infine nel 1989, il rilascio della seconda edizione di AD&D batté ogni record di vendite nella storia del gioco di ruolo.

Alla fine degli anni settanta, AD&D era quasi in condizioni di parità con i suoi pochi concorrenti come Tunnells & Trolls, e RuneQuest. In meno di un decennio, AD&D divenne il più ricco, popolare e potente gioco del mondo, mentre gli altri erano praticamente tutti scomparsi. Questo perché la TSR era stata da sempre gestita come una società, e aveva trattato i propri prodotti come merce commercializzabile. La TSR dimostrò che il gioco poteva fare girare un sacco di soldi, se era fatto bene. Impostarono così un percorso verso il successo che i giochi futuri furono lesti a seguire.

Anche se alcuni hanno espresso pareri negativi su come questa mentalità aziendale abbia influenzato la qualità della produzione, AD&D ha continuato ad essere molto popolare, perciò devono avere fatto qualcosa di giusto. La TSR ha anche usato le proprie risorse per elevare il gioco a nuovi livelli di fama e fortuna, avvicinando ai giochi di ruolo molte più persone di quanto abbiano fatto tutti gli altri giochi messi insieme. Così AD&D entrò per la seconda volta nei libri di storia, non solo come il primo gioco di ruolo mai realizzato, ma anche come il più grande.

Senza AD&D, il gioco di ruolo non sarebbe dove è oggi; i due sono da sempre esistiti in un rapporto simbiotico. Se esiste un gioco che incarna un particolare hobby, questo è AD&D, nel suo momento più glorioso.

Continua…

CURIOSITÀ

L’esempio classico del tipo di propaganda ignorante che venne prodotta in quel periodo è Dark Dungeons, del cartooner fondamentalista Jack Chick.

Mazes & Monsters divenne un film per la TV. Fu pubblicato nel 1983 e interpretato da un giovanissimo Tom Hanks.

Purtroppo, il primo supplemento di AD&D fu chiamato “Deities and Demigods”, titolo che non giovò particolarmente alla dubbia fama del gioco.

Prima che diventasse Dragonlance, questa iniziativa era nota alla TSR col nome di “Progetto Overlord”. Meno male che ne hanno cambiato il nome!

Steve Darlington Copyright © 1999

Traduzione di GM Willo

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LA STORIA DEL GIOCO DI RUOLO: Parte Terza

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L’Inizio dell’Età dell’Oro

di Astinus

Traduzione e adattamento di Willoworld

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Era la fine del 1970. I Giochi di ruolo si erano affermati come un’idea nuova, qualcosa di diverso, qualcosa di unico, in un certo senso qualcosa di rivoluzionario. Un nuovo tipo di gioco, un concetto a parte, intorno al quale si potevano creare, non un solo un gioco, ma centinaia o addirittura migliaia. Era qualcosa per cui potevano nascere movimenti letterari, convention, o anche un’intera sub-cultura. Questo concetto aveva il potenziale per diventare qualcosa di enorme, ma ne aveva di strada da fare prima di arrivare lì. Era giunto il momento di cominciare a crescere. Il gioco di ruolo aveva messo le sue radici, e adesso stava incominciando a fiorire.

La Grande Corsa

Non appena la gente vide quanti soldi stavano facendo D&D, Tunnels & Trolls e Chivalry & Sorcery, si tuffò nel mercato il più velocemente possibile, dato che era ancora nuovo e c’era poca concorrenza. Così incominciò una corsa precipitosa per la pubblicazione di nuovi GdR. Sarebbe probabilmente impossibile cercare di catalogare tutte queste pubblicazioni, invece mi sforzerò di selezionare solo alcuni episodi, ognuno dei quali ha presentato alla sua maniera qualcosa di nuovo ed interessante per l’industria.

Grazie a D&D e T&T, nessuno dei quali ha mai veramente presentato nulla di nuovo, la Fantasy divenne molto popolare. Steve Jackson apparve sulla scena con un gioco orientato al combattimento chiamato Melee (che più tardi diventò Into the Labyrinth), così come Ian Livingstone. Nel frattempo anche Gygax, Arneson e St Andre fecero uscire un paio di nuovi giochi ciascuno. Ma ben presto furono troppi e il genere incominciò a ristagnare. Era giunto il momento per un cambio di scena, e data la popolarità della fantascienza in crescita negli Stati Uniti, non c’era bisogno di essere Spock per capire quale direzione questo cambiamento avrebbe preso.

StarFaring (St Andre, 1976) fu probabilmente il primo GdR fantascientifico della storia, ma ebbe una tiratura molto limitata. Seguì a ruota Metamorphosis Alpha della TSR (1977), e poi Spaceships & Spacemen (Fantasy Games Unlimited, 1978). Nessuno di questi, tuttavia, resse il confronto con uno dei giochi più importanti di Science Fiction, allora come oggi: Traveller (Games Designers Workshop, 1977).

Traveller Decolla

Il gioco di Mark Miller divenne storico per due motivi. In primo luogo, perché era stato brillantemente progettato, presentando alcune nuove idee davvero originali. I giochi di fantascienza dipendono molto dal loro sistema di abilità, ma fino ad allora questo dettaglio era stato trascurato. Il sistema della abilità di Miller fu il migliore che il settore aveva prodotto fino a quel momento, e divenne un modello per molti anni a venire. Miller respinse un sistema di classi o professioni. Si tiravano casualmente le competenze che i personaggi avevano appreso durante la loro vita militare (era scontato che tutti avevano speso qualche tempo nelle forze armate). Si tirava anche per vedere se avevano imparato a pilotare una navetta spaziale, ricevuto medaglie, o se erano stati cacciati fuori per aver giocato illegalmente d’azzardo. Questa idea di un sistema progettato specificamente per tracciare il background di un personaggio fu un altro colpo rivoluzionario.

Poi c’era l’ambientazione. Per la prima volta, le regole non permettevano soltanto la creazione di paesi o pianeti, ma di interi sistemi solari. C’erano tabelle veloci e facili da consultare per generare pianeti casuali (dalla dimensione e la temperatura al tipo di governo e di religione), così come dei suggerimenti per la progettazione di un dettagliato angolo della galassia. Anche la storia di fondo era originale. L’idea di Miller presentava un impero potente ma decentrato, senza rubare da Star Trek o Blake’s Seven come molti altri hanno fatto. Ma se non ti piaceva questa ambientazione, non dovevi per forza usarla. Un altro punto forte del sistema Traveller era la sua incredibile flessibilità. Il gioco poteva essere facilmente adattato alle esigenze dei giocatori.

La seconda ragione per cui Traveller ebbe un impatto così grande fu che la sua uscita coincise pressapoco con quella di Star Wars. Grazie alle sue semplici e flessibili regole e la sua impostazione aperta, Traveller divenne la prima scelta di gioco di ruolo per i fan del film. E ce n’erano tantissimi pronti ad esplorare con la loro fantasia le ultime frontiere del gioco, realizzando così i loro sogni di essere per una volta Luke Skywalker oppure Han. Di conseguenza Traveller godette fin da subito di un notevole successo di mercato, cosa che nessun altro GdR aveva ancora raggiunto. Traveller fu un gioco che mise a sedere gli imprenditori e li fece prendere nota, dimostrando che l’hobby poteva avere una forte influenza commerciale.

Nell’Unione c’è la Forza

Lo sviluppo dell’industria del gioco come sub-cultura andò avanti mano nella mano con la sua presenza commerciale. Come era già successo con i wargames e la fantascienza, il gioco di ruolo incominciò a ritagliarsi un suo piccolo stile di vita. Riviste, sia professionali che amatoriali, invasero il mercato, e con questo flusso di informazioni istituito, si creò uno “stato mentale” del gioco. Nacquero e proliferarono i gerghi di gioco e le barzellette: il forte senso di identificazione con l’hobby produsse anche il bisogno di isolare coloro che erano al di fuori di esso.

Nacquero le convention e i giocatori furono in grado di comunicare ancora di più. Impararono che non erano soli, e trovarono un ambiente dove potevano sentirsi sicuri riguardo al loro hobby. Le piccole aziende di ieri iniziarono a trasformarsi nelle grandi aziende di domani, e adesso avevano un intero settore per vendere, piuttosto che una manciata di isolati gruppi di giocatori. I giochi di ruolo divennero cult proprio come la fantascienza, con tutte le implicazioni sociali che ne derivavano. I giocatori di ruolo non erano più dei numeri, erano quei geek con gli occhiali che si portavano dietro un sacchetto di dadi.

Questo status dette stabilità all’hobby e venne usato per cominciare ad esplorare vie diverse per la progettazione di nuovi giochi. Incominciarono ad uscire i primi giochi di supereroi come Superhero 44 e Villains & Vigilantes. Gangster!, un gioco ispirato a film come Scarface e Bonnie & Clyde, aprì la porta ai GdR del crimine.

Poi fu la volta dell’esoterico Bunnies & Burrows. Pochi anni dopo Il Signore degli Anelli, un altro libro aveva rivoluzionato il genere fantasy: La Collina dei Conigli. B&B era semplicemente il gioco del libro, come lo fu D&D per il Signore degli Anelli. Anche se il sistema di B&B era, così come molti giochi dell’epoca, una specie di D&D con un nome diverso, è lì finiscono le somiglianze. L’idea di un GdR basato sui conigli era bizzarra, ma il gioco possedeva un incredibile potenziale, ed era facile rimanere incantati dal mondo di Richard Adam. A quei tempi la maggioranza delle persone pensarono che fosse stupido. Oggi verrebbe invece considerato un’opera geniale.

Il Gioiello della Corona

E così la sperimentazione continuò. Pochi anni dopo, Bushido esplorò i segreti del Giappone Antico, e Aftermath presentò un mondo post-apocalittico molto dark. Questi ultimi due sono particolarmente significativi, perché i loro sistemi erano stati disegnati per fare giocare nello stile richiesto da questi coinvolgenti mondi alieni. Questi giochi, comunque, e tutta l’industria del gioco, devono molto al leggendario RuneQuest (Chaosium, 1978). RuneQuest interruppe la corrente, impostò una nuova tendenza e cambiò per sempre l’industria.

Nel 1966 Greg Stafford iniziò a progettare Glorantha, il mondo in cui RuneQuest è ambientato, come sfondo per un gioco da tavolo chiamato White Bear and Red Moon, che permetteva ai giocatori di combattere alcune battaglie cruciali della storia di Glorantha. Il mondo di Stafford era intrigante ed esotico, e il gioco trasudava di un’atmosfera mitologica incantevole. Eppure non incontrò mai i problemi che ebbe Barker con Tekumel, perché il mondo fu disegnato per un gioco, e Stafford riuscì a trovare il giusto equilibrio tra giocabilità e vivacità. Tanto che il gioco generò un sequel intitolato Gods Nomad e addirittura una rivista, anche se ebbe vita breve.

Così successe che, un decennio più tardi, Steve Perrin, Ray Turney e altri decisero di creare un gioco di ruolo ambientato a Glorantha, che, nel frattempo si era sviluppata in un universo ancora più ricco. Glorantha era un mondo dell’età del bronzo, contaminato dalla cultura Greca e da quella della Mesopotamia, e gli opliti con le piume sostituivano i cavalieri in armatura. Figuravano anche gli Elfi, i Nani e le religioni, ma con particolarità uniche. Specialmente le religioni, nella forma di varie seducenti e pericolose sette che gettavano un’ombra di terrore sul gioco. Tuttavia, per quanto brillante fosse l’ambientazione, non fu a quella che RuneQuest deve il suo successo. Questo appartiene alle regole.

Dopo Traveller, RuneQuest fu il secondo gioco ad utilizzare le abilità, e le usò molto bene. Non solo erano meravigliosamente semplici, ma modellavano anche piuttosto bene la realtà. Gli scrittori erano tutti appassionati di medioevo, e si diedero un gran da fare per rendere il combattimento realistico, letale e spregiudicato. RuneQuest introdusse anche l’idea del critici di successo ed insuccesso, e la possibilità di miglioramento delle abilità attraverso la formazione, piuttosto che l’esperienza. Ancora più importante, le sue regole furono le prime che potrebbero essere descritte come eleganti; regole di stile e funzionalità.

Il vero punto forte di RuneQuest però fu il modo in cui il sistema di gioco e l’ambientazione vennero integrati insieme. Ad esempio, perché i maghi potessero aumentare il loro potere, dovevano guadagnare il favore e il privilegio del loro particolare culto delle rune, di solito facendo delle commissioni o andando in missione. Di conseguenza le loro capacità magica (statistica di gioco) erano intimamente legata agli elementi del mondo di gioco e delle sue avventure. Anche se questa regola è ormai un pilastro, all’epoca fu un’altra idea rivoluzionaria. Così RuneQuest, intrecciando un mondo spaventosamente realistico con un sistema di gioco eccitante, divenne quello che è probabilmente uno dei più grandi giochi di ruolo mai realizzati.

Grandiosità Ateniese

RuneQuest rappresentò un apice del design dei giochi di ruolo, e segnò l’inizio di un periodo d’oro. Traveller aveva dimostrato che i giochi di ruolo potevano essere commercialmente forti, e RuneQuest mostrò di poter essere ugualmente forte nel design. Il vero araldo dell’Età dell’Oro, tuttavia, arrivò ancora una volta dalla TSR. Nel 1979, Gygax e Co. raccolsero gran parte delle revisioni che erano state fatte per D&D nel corso degli anni, e le utilizzarono per costruire un gioco di seconda generazione. Le regole originali, nel frattempo, erano anche state semplificate per i principianti, così che ora entrambi, veterani e novizi, erano target attivi dell’azienda. Questa diversificazione del prodotto indicò ancora una volta la forza di questo hobby, sia come sub-cultura che come industria. Un altro indicatore del potere di mercato fu il fatto che il nuovo gioco avanzato ora consisteva di tre grossi e costosi volumi (Manuale del Giocatore, Manuale del DM, e quello dei Mostri), dimostrando che le persone erano disposte a impegnare una considerevole quantità di tempo e denaro per l’hobby. Così l’uscita di Advanced Dungeons and Dragons fece capire molto chiaramente che l’epoca d’oro era incominciata.

Come tutte le Età dell’Oro, anche questa fu cosparsa di successi incredibili, sia in termini di vendite che di game design. Fu il momento in cui il gioco davvero riuscì a consolidarsi, raggiungendo le vette più alte e la sua più grande influenza. Quando era giovane ma forte, quando prese d’assalto il mondo diventando quella cosa incredibile che è oggi. Ma per maturare e crescere veramente, il gioco doveva anche soffrire, doveva incontrare il buio come la luce. E in questa Età dell’Oro di questo nuovo culto “per il tempo libero”, i semi di una terribile tragedia erano già stati piantati, una tragedia le cui conseguenze avrebbero dato al gioco di ruolo il suo “battesimo di fuoco”. Ma parleremo di tutto questo la prossima volta.

Continua…

Leggi la Prima Parte e la Seconda Parte

Steve Darlington Copyright © 1999

Traduzione di GM Willo

Questo articolo NON si avvale della licenza Creative Commons

Fonte: http://ptgptb.org/0003/hist3.html

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STORIA DEL GIOCO DI RUOLO: Parte Seconda

4 commenti

di Astinus

Traduzione a cura di Willoworld

Leggi la prima parte

Parte II: Riaprire il Vaso di Pandora

Il Turno degli Editori

Appena si diffuse la notizia sul tipo di giochi che Gygax e Arneson stavano giocando, i due vennero inondati di richieste per il rilascio di un completo e definitivo set di regole. Timidamente, presentarono la loro idea a tutte le grandi società di gioco, senza però ricevere alcun appoggio. Infine nel 1974 decisero di pubblicare il loro gioco attraverso la società di Gary Gygax, la TSR.

Non fu subito un grande successo, ammise in seguito Gygax. Ci volle quasi un anno per riuscire a vendere le prime 1000 copie. Le seconde 1000 invece andarono via in meno di sei mesi, e da lì le vendite aumentarono in modo esponenziale. Nel 1979, venivano vendute una media di 7000 copie di Dungeons & Dragons al mese.

L’edizione originale seguiva la forma di Chainmail dei tre fascicoli separati, ma c’erano diverse cose in più. Le regole furono scritte per i circoli di gioco a cui Gygax e Arneson appartenevano, e per chi presumibilmente aveva già una familiarità con le regole e lo stile di gioco. Per i giocatori che si avvicinavano all’argomento per la prima volta, risultarono confuse e frustranti: a un certo punto le regole dicevano “Il combattimento (qui) è condotto come in Chainmail”. Il sistema di magia era incredibilmente vago e le tabelle delle statistiche di combattimento erano quasi incomprensibili.

Sorprendentemente, però, questo fatto finì per favorire piuttosto che danneggiare il neonato hobby, per due ragioni ben precise. In primo luogo, le regole difficili da capire costrinsero i giocatori ad inventarne di nuove o ad interpretarle in maniera diversa, e a fare loro pensare a nuovi sistemi di gioco. Fu così che nacquero i primi creatori di GdR futuri.

In secondo luogo, i giocatori non si concentravano sul gioco in sé, ma sull’idea alla base del gioco. Nonostante le regole fossero ben lungi dall’essere perfette, la gente riconobbe il potenziale del nuovo ed incredibile concetto attorno al quale il gioco girava. D&D è stato forse il primo gioco di cui si è conquistata la consapevolezza malgrado la metà delle sue regole fosse da rivedere.

I Grandi Pretendenti

L’attenzione per l’idea, piuttosto che per il gioco, e la necessità di riscriverne le regole, fece si che ogni gruppo di giocatori se ne venisse fuori con la propria versione. Ovviamente, tutti volevano condividere la loro corretta “versione” con le comunità di gioco. Non passò molto tempo prima che il mondo fosse invaso da riviste e fanzine dedicate a discutere il “migliore” modo di giocare il gioco.

Gygax e Arneson crearono la propria rivista e la chiamarono The Rumbles Dragon. Questa diventò in seguito The Dragon, e poi semplicemente Dragon, come è conosciuta oggi. Un altro grande successo di allora fu Alarums and Excursions. Anche se fu solo una fanzine, vantava un numero di lettori quasi pari a quelli di Dragon. In pochi anni, D&D aveva generato più discussioni, analisi, revisioni e ricostruzioni di qualsiasi altro gioco nella storia. Fu solo una questione di tempo prima che alcuni di questi gruppi di gioco decidessero di pubblicare qualcosa per conto loro, piuttosto che spedire le loro opinioni a una rivista.

D&D fu criticato per mille ragioni, ma la maggior parte delle lamentele si possono riassumere così; il gioco o era troppo complicato o era troppo semplice.

Il “troppo complicato” riguardava il manuale delle regole. Giovani inesperti non-wargamers volevano qualcosa di semplice da imparare, facile da giocare, e per finire qualcosa di più divertente. Ed ebbero tutto ciò, a palate, con Tunnels and Trolls.

Tunnels and Troll (St Andre, 1975)

La leggenda vuole che Ken St Andre, scrittore di Tunnels and Troll (T&T), in realtà si avvicinò all’idea di gioco di ruolo senza l’aiuto di Gygax e Arneson. Egli aveva anche scelto un nome simile a quello di D&D, e rimase sconvolto quando, mentre cercava di vendere il suo gioco, scoprì che era stato clamorosamente battuto sul tempo.

La verità di questa leggenda è discutibile: sicuramente ci sono abbastanza somiglianze tra i due giochi da suggerire che T&T fu un prodotto di seconda generazione. I personaggi avevano sei simili caratteristiche, oltre a una scelta affine di classi, e le impostazioni ed i formati delle avventure erano praticamente identici. Tuttavia, T&T non è degno di nota per le sue somiglianze, ma per le sue differenze.

Per cominciare, le regole di T&T utilizzavano dei semplici dadi da sei per gestire quasi tutto. Anche se per la magia ed il combattimento si utilizzavano delle tabelle, queste erano ben presentate e le spiegazioni erano chiare. In effetti la qualità del prodotto T&T era superiore a D&D praticamente in tutto. Ma forse la caratteristica principale che differenziava i due giochi era l’atteggiamento.

T&T era divertente. Era simpatico e allo stesso tempo ridicolo. Si trattava di andare in giro a spaccare tutto con spade e magie. La scrittura era veloce, le regole erano divertenti, l’impostazione era piena di ironia. St Andre dette ad ogni aspetto del gioco un po’ del suo distorto senso dell’umorismo. Gli incantesimi avevano nomi come “Little Feet” e “Hidey Hole “, e i nemici potevano essere degli scoiattoli giganti.

D&D, naturalmente, era tutto il contrario. Alla fine, col maturare dei giocatori e dell’hobby, gli aspetti divertenti di T&T persero il loro fascino, e verso i primi anni ottanta fu completamente dimenticato. T&T fu però il primo concorrente di D&D. Anche se è stato sempre considerato il “Numero Due” (anche da parte di St Andre!), ha per un momento impensierito il successo economico di D&D, che è più di quello che si può dire di qualsiasi altro sistema di gioco.

Nel frattempo, un altro gioco stava facendo strada. Il problema del “troppo semplice” riguardava l’impostazione, non le regole. I giocatori si lamentavano della premessa piuttosto fragile si una manciata di eroi fantasy che entravano in un dungeon per uccidere mostri e conquistare i tesori. Volevano qualcosa di più realistico, un mondo medievale che effettivamente sembrava medievale. Volevano realismo, dettaglio e complessità. E lo ebbero in Chivalry and Sorcery.

Chivalry and Sorcery (Fantasy Games Unlimited, 1976)

Creato da Ed Simbalist e Wilf Backhaus nel 1976, C&S è ancora oggi il più complesso gioco di ruolo mai progettato. Non si può negare di certo il suo realismo: le regole e lo stile sono stati progettati per ricreare la Francia del tardo dodicesimo secolo, laddove D&D non era altro che una approssimazione del mondo fantasy-medievale di Tolkien. I creatori del gioco non si limitarono a descrivere un mondo, ma l’intera società dell’epoca: i giocatori dovevano muovere i loro personaggi all’interno di un complesso e dettagliato codice feudale fatto di nobili, di servi e con l’incombente presenza della chiesa cattolica.

Anche se le avventure seguivano ancora un modello simile, C&S eliminò gran parte delle convenzioni stabilite da D&D. Missioni a cielo aperto presero il posto degli oscuri dungeon, i nemici erano Vichinghi e Pitti, piuttosto che creature mitologiche, e gli utenti magia dovevano davvero “studiare” per diventare più potenti.

Il problema con C&S è che cercò di fare troppo. Nel tentativo di proporre tutte le cose che D&D aveva tralasciato, rimase sepolto nei suoi meccanismi senza fine. Per esempio, non solo i giocatori devono tirare per otto caratteristiche, ma anche per la razza, l’età, il sesso, l’altezza, la struttura, l’allineamento, l’oroscopo, la salute mentale, la classe sociale, l’ordine di nascita, lo stato di famiglia e la professione del padre. Oltre a questo c’erano da calcolare altrettante statistiche ed un sistema di abilità poco chiaro. E questo solo per la creazione del personaggio!

Il fatto che le regole e i tiri di dado erano molto più complessi di D&D non aiutò il gioco. Il combattimento e la magia utilizzavano complicatissime tabelle incrociate, e il sistema per testare le abilità richiedeva più tiri di dadi di un gioco d’azzardo.

Un altro grosso problema di C&S era che cercava di essere troppo realistico. I chierici dovevano predicare i sermoni, i cavalieri trascorrevano ore di gioco a cercare di ottenere il denaro sufficiente per comprare le loro spade, e giocare un mago richiedeva così tanto tempo per raccogliere ingredienti, studiare gli incantesimi ed eseguire i rituali, che non ne rimaneva più per andare alla ricerca di avventura.

C&S è il classico esempio di come un gioco troppo dettagliato possa risultare poco piacevole. Era troppo lungo e troppo particolareggiato, e a causa della sua complessità e grandezza lasciava spesso i suoi giocatori smarriti. Ma l’idea di presentare un mondo con un’ambientazione realistica e dettagliata era buona, come lo era l’idea di giocare persone comuni piuttosto che dei supereroi fantasy stereotipati. Anche se questo gioco scomparì nei primi anni ottanta, le sue idee continuarono ad avere un’influenza nella storia dei giochi di ruolo.

L’Impero Colpisce Ancora

Mentre stava accadendo tutto ciò, c’era un gioco che veniva giocato in sordina, e anche se non ha mai raggiunto il successo economico dei due qui sopra, ebbe delle importanti ripercussioni nel settore dei giochi. Si chiamava Empire of the Petal Throne (Barker, 1975), ed è fu creato da M.A.R. Barker.

Fin dalla tenera età, Barker era ossessionato da due cose: la linguistica e un mondo fantasy da lui creato che si chiamava Tekumel, e questi suoi interessi crebbero in complessità insieme a lui. Barker ha continuato a studiare linguistica al college, dove apportò anche gli ultimi ritocchi al suo mondo, tra cui un linguaggio completo per il paese principale, Tsolyanu. Infatti, nell’arte del linguaggio fantastico, Barker superò anche il maestro Tolkien.

Così c’era questo Barker, con un mondo incredibile in testa e nessuna idea di cosa fare con esso, dato che non era uno scrittore. Vent’anni dopo aver lasciato alle spalle Tekumel per concentrarsi sui suoi studi, scoprì D&D. Subito cominciò a lavorare al suo gioco, che divenne il secondo GdR sul mercato.

In termini di impostazione, Petal Throne era tutto quello che D&D non era mai stato. Non c’erano descrizioni vaghe o suggerimenti presi in prestito dal medioevo: Barker sapeva esattamente come era il suo mondo fin nei minimi dettagli, e tutto era scritto nel libro delle regole. Dei, religioni, rituali, governi, mode, costumi, abitudini e, soprattutto le lingue, diverse per ogni paese del pianeta. E non erano gli dei, le religioni, ecc. di un mondo medievale occidentalizzato. Barker utilizzò le sue esperienze in India e in Asia per creare culture incredibilmente selvagge e totalmente estranee ai giocatori di ruolo medi americani.

Questa combinazione di un mondo molto dettagliato e totalmente alieno dette la possibilità di sviluppare la più avvincente campagna mai progettata. C&S era semplicemente D&D con uno sfondo finemente particolareggiato. Petal Throne era invece un gioco in cui il sistema e l’ambientazione lavoravano insieme per produrre un mondo che, non solo sembrava vero, ma chi ci giocava si sentiva come se stesse davvero vivendo in esso. I personaggi erano collegati alla stessa struttura di potere, politica e religiosa, e le sorti di questi poteri facevano da sfondo alle avventure. Improvvisamente i giocatori non erano più cavalieri che uccidevano draghi, erano Tsemels (chierici-guerrieri) che conducevano una guerra santa contro i loro vicini eretici. E con le abilità linguistiche di Barker che permisero ai giocatori di parlare una lingua completamente nuova, giocare questo gioco ti faceva davvero sentire parte di quel mondo.

Se Petal Throne avesse avuto successo, non avremmo dovuto aspettare altri quindici anni per World of Darkness. Esso, tuttavia, non riuscì a rimanere popolare, dato che la sua grande forza, la sua presenza, fu anche la sua rovina. Il mondo di Barker era solo troppo dannatamente complesso e potente da gestire per la maggior parte dei giocatori. I Game Master non potevano adattare il mondo per soddisfare il loro stile di gioco, senza privare Tekumel del suo sapore unico. Infatti, è stato detto che l’unica persona in grado di masterizzare Petal Throne correttamente era lo stesso Barker. Allo stesso modo, i giocatori dovevano conoscere profondamente Tekumel prima di poter giocare di ruolo decentemente. Troppo spesso venivano persi per strada dettagli importanti della ambientazione, e per tutti questi motivi Empire of the Petal Throne uscì rapidamente di scena.

Così nessuno dei tre pretendenti più forti riuscirono a superare, o addirittura a sopravvivere, Dungeons & Dragons. Eppure tutti sono interessanti, perché hanno illustrato il futuro di questo hobby. Nel confronto tra T&T e C&S si nota già l’inizio di un’eterna lotta tra i sistemi di gioco del GdR, quello tra la complessità e l’accessibilità, il dettaglio e la giocabilità, il manipolare la realtà e il puro divertimento. Ed esaminando Petal Throne possiamo analizzare anche i problemi riguardo all’ambientazione: la creazione di un mondo dettagliato che permette una buona immersione, ma che è ancora abbastanza malleabile ed accessibile perché tutti ne possano godere.

Ogni gioco è stato rivoluzionario in sé, portando in uno spazio di tempo incredibilmente breve nuove fantastiche idee per il GdR, idee che avrebbero poi costituito la spina dorsale del settore. Anche se alcuni di loro si sono estinti, i salti che hanno fatto in pochi anni hanno contribuito a trasformare i giochi di ruolo da zoppicanti-wargames a qualcosa che si avvicina ad una forma d’arte. Ma non ci spingiamo troppo avanti.

Il successivo Runequest fu dedicato a “Dave Arneson e Gary Gygax, che per primi hanno aperto il vaso di Pandora, e a Ken St Andre, che scoprì che poteva essere aperto di nuovo”. Questa dedica riassume abbastanza bene il contributo finale che questi giochi hanno dato alla storia del GdR. Semplicemente per il fatto che siano esistiti, e siano stati comprati e giocati, questi giochi hanno dimostrato che il gioco di ruolo era molto di più del semplice D&D, e che questo nuovo concetto di gioco era qualcosa che andava ben oltre il nome di un prodotto. Era qualcosa che sarebbe durato, qualcosa di rivoluzionario, qualcosa di buono.

Continua…

LA STORIA DEL GIOCO DI RUOLO

CURIOSITÀ

Chivalry and Sorcery passerà alla storia come il gioco che per la prima volta usò il termine “Game Master”

Barker e Tolkien hanno molte somiglianze, sia nelle loro opere che nelle loro vite. Tanto che Barker è stato talvolta indicato come il “Tolkien del gioco di ruolo”.

Grazie alla conoscenza intima del mondo e all’esiguo numero di gruppi di gioco, Barker fu in grado di adeguare ed aggiornare il suo mondo sulla base delle azioni dei gruppi di tutti gli Stati Uniti!

Steve Darlington Copyright © 1999

Traduzione di GM Willo

Questo articolo NON si avvale della licenza Creative Commons

Fonte: http://ptgptb.org/0002/history2.html

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