PILLOLE DA GDR

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di Cainos

Questa vuole essere una testimonianza molto leggera su quei molti leggeri momenti che si vengono inevitabilmente a creare in una partita di GDR, per quanto l’ impegno del master e dei giocatori sia verso un comportamento epico e avvincente.

Partita a Vampiri Secoli Bui.

Premessa

Siamo in Toscana. È stata creata una coterie di Vampiri e la figlia del primogeno Toreador Keyra, clan che comanda Firenze, viene mandata in misiione in cerca di informazioni su una Coterie Oscura che sta minando il sottile equilibrio di pace che c’e’ fra Firenze e Siena.
A lei vengono affibbiati chi più chi meno volontariamente esponenti di altri Clan, nn Nosferato anello di congiunzione fra un Ninja e un Caterpillar, una Cappadocia esperta di occulto, un Tremere che deve risollevare il nome e le condizioni del suo Clan, una Gangrel che sembra avere il Dono di impersonarsi in un Garou e un Ghoul, Lucian Il Mezzosangue, cacciato da vampiri e dalle temibili Black Furies e a sua volta Cacciatore di Vampiri costretto a partecipare per la cancellazione dalla Lista Rossa di almeno un paio di Clan dei Cainiti.
Le ricerche per 5 sessioni di gioco brancolano nel buio, solo l’ultima sessione ha portato qualche novità. Questa Coterie Oscura non lascia mai alcuna traccia seguibile. Una volta giunti alla corte di Prato i nostri giocatori decidono di architettare una sorta di teatrino impersonando i membri della Coterie Oscura e attaccando i magazzini con le preziose stoffe che il Principe della Città, Efenio, costodisce con gelosia.
Questa trovata permette di scoprire che Efenio e suo fratello Ignazio stanno tramando qualcosa alle spalle del principe, anche se non ci sono grossi indizi che siano legati alla Coterie Oscura.
Il gruppo si divide in due uno terrà d’occhio Efenio e l’altro Ignazio. Altro

LA VITA È GIOCO, NON COMPETIZIONE

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Tempo fa mi venne fuori questa frase ad effetto e la proposi nel progetto di aforismi “Miraggio“, pensando per altro che probabilmente qualcuno ci doveva aver già pensato. Su google invece non ho trovato niente del genere, quindi potrei prenderne la paternità, se non fosse che ormai fa parte di “Miraggio”, che è un esperimento totalmente anonimo; il respiro della rete…

Comunque, riflettendoci in un secondo tempo ho scoperto che questa piccola frase contiene molto di ciò in cui credo. È insomma una sorta di sunto del mio manifesto esistenziale. Tutto ciò che faccio, che penso, che scrivo, che sono, si basa su un approccio di “gioco” e mai di “competizione”. L’equilibrio interiore che sono riuscito a trovare negli ultimi anni è frutto anche di questa filosofia di vita.

Forse è proprio grazie alle mie radici di giocatore di ruolo che sono riuscito a sviluppare un atteggiamento non competitivo. Una delle caratteristiche del GdR infatti è proprio quella di essere un gioco in cui non esistono né vincitori né vinti. Il divertimento è legato esclusivamente al proprio impegno e a quello degli altri membri del gruppo. Solitamente, durante una buona session di gioco, tutti si divertono e nessuno può dirsi sconfitto.

Basta guardarci intorno per capire le differenze sostanziali tra ciò che è gioco e ciò che invece è competizione. Bisogna discernere fin dall’inizio i due termini, che per altro sembrano andare a braccetto. Il gioco non ha bisogno, come sembrerebbe, della competizione. I bambini non conoscono la competizione fino a quando non gliela mostriamo ed inniettiamo noi adulti. Non servono né vincitori né vinti per divertirsi.

In ogni forma d’arte, che richiama ai parametri universali della simmetria, della logica e dell’esempi della natura, dove riconosciamo la competizione scopriamo il difetto. Se in un quadro il soggetto è più interassante dello sfondo, l’immagine ci appare sbilanciata. In alcuni casi lo sbilanciamento è proprio ciò che vuole il pittore, e proprio per questo non significa che non debba esistere qualcosa di “più bello” o “più interessante”. Il soggetto non potrebbe mai risaltare all’occhio senza l’aiuto dello sfondo, dunque il gioco del quadro si basa sull'”equilibrio di sbilanciamento” tra lo sfondo e il soggetto. Non competizione, ma gioco…

Ma riuscire a non farsi condizionare dai meccanismi competitivi è soprattutto un esercizio mentale. Accettare un ruolo meno importante (come quello dello sfondo del quadro), fa parte di questo esercizio. Quando il gioco non comporta una vera e propria perdita (come ad esempio quello di intrattenimento, gli scacchi, il monopoli, il risiko…) il “saper perdere” diventa quasi un arte. Le cose cambiano quando si parla di soldi, di lavoro, di gerarchie e anche di posizioni etiche e religiose.

Competizione significa forzare qualsiasi equilibrio, vertendo spericolatamente verso la sopraffazione di uno su un altro. Il nostro sistema economico si basa sulla competizione. Gli sport che noi pratichiamo si basano sulla competizione. Le carriere che noi perseguiamo si basano sulla competizione. L’amore invece, che dovrebbe essere l’esempio più alto di vita per noi esseri umani, non potrebbe mai essere competizione. È invece “Gioco”, un gioco tra due persone che non ha bisogno né di vincitori e né di vinti. Se i partecipanti si divertono a giocare saranno entrambi vincitori, se invece il gioco annoia oppure si trasforma appunto in competizione, tutti e due avranno perso.

Se applicassimo il gioco dell’amore a qualsiasi altra attività, vivremmo finalmente quell’equilibrio ispirato da tutto ciò che di positivo ed armonico ci circonda; la natura, l’universo, la bellezza…

Foto di Daniele Florio: http://www.flickr.com/photos/danieleflorio/

IL CASTELLO DEGLI INGANNI

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Giocata ieri pomeriggio insieme a l’ennesima interessantissima “International Felloship” (un americano, due francesi, uno svedese, due olandesi e il sottoscritto “Italian Master”), l’avventura “Il Castello degli Inganni” è un modulo per Dungeons & Dragons prima edizione ma facilmente adeguabile anche ai sistemi di gioco più recenti, anche se l’idea sarebbe quella di giocare all’insegna del revival. Ieri tutti quanti hanno recepito il messaggio e per questo ne è nata una divertentissima session, con molto “role playing” e poco “roll playing”.

Leggendo l’introduzione all’avventura si capisce subito il legame con questo stesso blog, che è una sorta omaggio ai venti anni di gioco di ruolo del mio gruppo. In un certo senso la storia di questi sei personaggi prefabbricati, protagonisti del “quest”, è una specie di provocazione, un modo simpatico per riflettere giocando.

Scaricatela in pdf e leggetevela, anzi giocatela! Sicuramente vi farà divertire.

Introduzione dell’avventura

A venti anni di distanza dalla loro prima avventura, un gruppo di eroi stagionati viene invitato presso il nuovo castello del Mago Tiaseis, l’unico della compagnia ad aver fatto carriera e ad essere diventato uno degli uomini più potenti del Granducato di Karameikos. Dopo aver mostrato ai vecchi compagni la sua nuova e opulente tenuta, Tiaseis li invita a sedersi attorno al lungo tavolo di quercia della sala da pranzo per consumare insieme un banchetto a base di cacciagione, formaggi di grotta, focacce appena sfornate ed un fantastico vino ambrato prodotto dai contadini che lavorano presso la magione. E’ un momento di festa per ricordare i vecchi tempi, per parlare dei rammarichi dei compagni che non sono riusciti a spingersi fino ai titoli di “signore” e per raccontare delle incredibili avventure del mago Tiaseis. Tutto prosegue nel segno del sorriso e della goliardia fino a quando il mago si fa serio ed incomincia a raccontare una storia a cui tutti prestono grande attenzione. Tiaseis parla di una dama di nome Aidadella, tra tutte le donne di Glantri forse la più sensuale e scaltra, e del suo amore per lei. “Ma la vita nasconde sempre l’inatteso, anche quando credi di sapere tutto” dice il mago, accaldato dall’atmosfera e dal vino. “Aidadella riuscì a convincermi del suo amore, per poi ingannarmi e privarmi dell’oggetto più prezioso, uno scettro fatto apposta dal mio dio. Oh quale onta per me, eppure, quando scoprii l’inganno, non riuscii a pensare che a lei. Perchè quell’oggetto non valeva neanche una briciola del suo amore…” Poi si sporge verso i suoi ospiti, li guarda uno ad uno negli occhi e dice “Non fidatevi mai di nessuno, neanche di voi stessi!”
Dopo di che l’atmosfera torna leggera, viene portato il dessert dai numerosi servitori che lavorano al castello, un dolce con frutta e miele. A questo punto il mago si alza e comunica ai suoi amici di voler andar a prendere dalle cantine un liquore dolce molto speciale che a suo avviso è l’ideale per terminare il banchetto. Scompare in una porta di lato della grande sala da pranzo ed è qui che incomincia l’avventura.

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