UNA STORIA ISPIRATA

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Scrivere fantasy é sempre qualcosa di confortante, come un bagno caldo dopo una fredda giornata di pioggia. Questa storia nasce ricordando l’ultima campagna di Dungeons & Dragons fatta in Italia insieme al solito gruppo, nel 2005. É un omaggio al master di quell’avventura, che ci regalò come sempre grandi emozioni.

Mishan non è altro che Neve Silente, e la foresta Uaki è ovviamente l’Alfheim. La grande guerra e gli elfi trasformati in creature opalescenti e sottili sono idee prese pari pari da quella campagna, che ahimè non siamo mai riusciti a finire. Il resto della storia è frutto della mia immaginazione, influenzata dalle recenti letture dei classici della letteratura vampirica.

Buona lettura!

LA FORESTA VAMPIRA
di GM Willo

Platani e querce secolari torreggiavano sopra la minuta figura di Mishan, cacciatore delle marche di ponente, ricordandogli le antiche leggende. La foresta era sempre stata lì, prima che l’uomo mettesse piede sul continente, prima che le navi lasciassero le sponde dell’Impero Caduto, e molto prima che le antiche guerre scoppiassero e gli uomini dimenticassero di essere stati tutti fratelli… continua…

MORTO A UN PASSO DALLA VITTORIA

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É terminata ieri la mini campagna di Castle and Crusader che ho portato avanti insieme al gruppo della Gilda di Amsterdam. Il mio personaggio, un guerriero Atruaghin imparentato con il grande Neve Silente, ha condotto un’avventura sempre nel segno della sfida (e non solo contro i nemici ma anche con la sua compagnia, dato che per metá campagna é stato invisibile facendo credere che la sua invisibilitá e presunta impossibilitá di parlare erano gli effetti di una maledizione).

Comunque, a un passo dalla risoluzione della missione, proprio quando l’oggetto che cercavamo, l’Occhio di Isalbar, era quasi nelle mie mani, il dio dado mi ha tradito. Le probabilitá di rimanere folgorato erano solo una su un d8, ed ovviamente il povero guerriero c’ha lasciato le penne (ah, ah, ah! la battuta era per l’Atruaghiun!)

Comuqnue forse tutto non é andato perduto. Il mago per il quale la nostra compagnia ha recuperato l’oggetto forse potrá riportare lo sfortunato guerriero in vita. Chissá!

Qui sopra tre immagini della session di ieri.

IL GIOCO DAL VIVO DI RUOLO

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Tutti conosciamo il Gioco di Ruolo dal Vivo, una ramificazione del GdR classico che negli ultimi anni ha riscosso sempre più successo, grazie anche all’ambientazione di Vampiri e la Masquarade. Vi confesso che questa tipologia di gioco non mi ha mai preso granché, ma la reputo comunque molto coinvolgente e sicuramente divertente.

Ma vorrei invece parlarvi del “Gioco dal Vivo di Ruolo”, e il ribaltamento dei soggetti è ovviamente giocoso e un po’ provocatorio. Se infatti nel GRV si gioca di ruolo interagendo con gli altri personaggi in maniera fisica, nel GVR si vive interagendo con gli altri giocatori in un approccio di ruolo. Ok, credo di aver confuso un po’ tutti a questo punto. Ma partiamo dall’inizio…

«Tu non passerai! Tu  non puoi passare ! Io sono un servitore del fuoco segreto…»
«Ma io devo andare a prendere la birra… mi devi fare passare…»
«No, tu non passerai!»
Questi due giocatori, che nell’immaginario del nostro gruppo sono ben impressi (credo), sono alle prese con una situazione mondana (un paio di birre in compagnia ai giardini pubblici) che di punto in bianco si colora di fantastico. L’amico diventa Gandalf e impone al compagno di farsi indietro, perché lui è un “servitore del fuoco segreto”. La realtà viene sbaragliata dalla stoccata vincente del giocatore accanito, che improvvisamente diventa il suo personaggio.

Lo stravolgimento di queste situazioni di vita vissuta (serate al pub, pranzi, ritrovi, feste e occasioni d’incontro) fanno parte di quel gioco di cui abbiamo perso conoscenza, quello che pratichiamo nei primi anni di età. Poche regole e molta immaginazione. È proprio attraverso quel tipo di gioco che i bambini imparano le cose più importanti; parlare, interagire, rapportarsi.

Insomma, credo che il GVR sia molto più interessante del GRV. Non servono né regole, né costumi, né armi di gommapiuma. Serve soltanto un pizzico di follia e di entusiasmo. E a volte una risata vale più di mille punti esperienza!

LE ABBUFFATE DI GIOCO

3 commenti

spaghettiaglioeolio

L’idea per questo articolo me l’ha data un intervento sul forum della Gilda di Amsterdam, il gruppo con il quale sto giocando in questo periodo. Il topic riguardava la giocata-cena.
Quante ne abbiamo fatte…

Ho risposto al post menzionando alcune situazioni nostrane, ma credo che per uno straniero non sia facile immaginarle. Quando la giocata si trasformava in un pretesto per mangiare insieme, allora il gioco diventava quasi secondario. Grigliate in giardino, arrosti misti, gran buffet, ma anche piatti veloci, pastasciutte all’olio di mezzanotte, affettati e formaggio, e al limite rimaneva sempre il pizza-taxi. Il tutto, ovviamente, annaffiato da della sana splugen-ribongen-beer, oppure da un vinello onesto, rigorosamente rosso.

I dadi ruzzolano meglio con la pancia piena. Strappi la carne da una coscia di pollo e afferri il d20 con le mani unte, sperando che ti vada bene. Magari è proprio l’olio che si deposita sul dado che fa uscire il risultato vincente! Le pietruzze si confondono con le molliche di pane, una fetta di prosciutto sulla scheda del nano, una macchia di vino su quello dell’elfo. Il master, nascosto dietro lo screen, si divora un pezzo di rosticciana. E la giocata è solo all’inizio…

Le ricette sono sempre un optional. L’aglio e olio veloce batte sempre tutti, ed è difficile resistergli, anche quando il padrone di casa non gli vá di sporcare la cucina. Prosciutto, salame, pecorino e tozzi di pane: il pasto ideale per un nano docg! Ma anche gli elfi, soprattutto dopo che si sono scolati diversi bicchieri, non badano più di tanto al menù. E allora nel piatto può capitare di trovarci della pasta condita con trippa al sugo e macedonia di frutta. Difficile dimenticarsi un episodio del genere, non vi pare? Mi sembra ieri…

Ma le maratone di gioco fanno sempre venir fame, e allora ti butti su quello che passa la ditta: biscotti, crackers, grissini, cioccolatini, sfogliatine della nonna, crostatine ammuffite, cantucci di pane con l’olio, olive, sottoli, sottaceti, caramelle, liquirizie… Per il bere si può anche toccare il fondo. Quando la scorta alcolica è finita ci si attacca alla spuma, al tè freddo, al latte a lunga conservazione e addirittura a quello di soia! Quasi d’obbligo le macchinette del caffè e i “gavani” del tè, pozioni speciali per rimanere svegli fino al mattino.

Testimoni e vittime di queste goliardiche abbuffate, le nostre schede. Macchie di sughi, caffè, vino, birra, cioccolata e quant’altro. Si usava dire che la scheda del personaggio più patacche si ritrova e più è vissuta. Qualcuno ne era orgogliosissimo. A fatica riuscivamo a distinguere i valori, e allora diventava la scusa ideale per barare un po’ sui check.

Insomma, il cibo e il gioco sono sempre stati un connubio perfetto. Spesso il primo era solo il pretesto per il secondo. Altre volte, quando le giocate erano davvero entusiasmanti, semplicemente obbedivamo ai nostri stomaci. Dal richiamo dell’avventura, al richiamo dello spaghetto…
“Si fa una pasta?”
“E come?”
”Aglio e olio, ovviamente…”