LE TEORIE SUL GIOCO DI RUOLO

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Le teorie sul gioco di ruolo sono studi accademici e critici sul GdR come fenomeno sociale o artistico. Le teorie cercano di comprendere cosa siano i giochi di ruolo, come funzionino e come il metodo di gioco possa essere raffinato per migliorarne l’esperienza e produrre nuovi e più utili prodotti di gioco.

La prima riflessione critica organizzata sui giochi di ruolo e la relativa ricerca accademica dalla loro nascita nella metà degli anni 1970 fino alla fine degli anni ’80, puntava ad esaminare e confutare le prime polemiche nate in quel periodo attorno all’hobby. Probabilmente, il primo studio tecnico sull’argomento si è avuto con la pubblicazione di Shared Fantasies: Role Playing Games as Social Worlds di Gary Fine. Gary Gygax, co-ideatore dell’hobby insieme Dave Arneson, pubblicò due libri sulla sua filosofia del gioco di ruolo, Role Playing Mastery: Tips, Tactics and Strategies nel 1989, e Master of the Game nel 1990.

Nel 1994-95 la Inter * Active, (rinominata Fiction Interactive) pubblicò una rivista dedicata allo studio dei giochi di ruolo. Nel primo numero Robin Laws propose la creazione di una teoria critica per i giochi di ruolo. Dalla fine degli anni ’90 la discussione sulla natura dei GdR su rec.games.frp.advocacy aveva generato alcune teorie che venenro riprese da altri siti, influenzando teorici in Francia e Scandinavia. La scena scandinava del GdR vide emergere diversi campi ideologici contrapposti circa la natura e la funzione dei giochi di ruolo, e si cominciò ad organizzare una regolare convention di live action role-playing, chiamata Knutepunkt, in cui era prominente la presenza della teoria sui GdR. Il primo Knutepunkt si è tenuto a Oslo nel 1997 e l’annuale convention viene organizzata ancora oggi.

Nel 21° secolo, le auto-definite community “Indie role-playing” come The Forge si sono sviluppate su internet, studiando l’arte di ruolo e sviluppando la Teoria GNS sui GdR. Knutepunkt ha continuato a crescere e ogni anno dal 2003 viene pubblicata regolarmente una raccolta di articoli sui giochi di ruolo. Molti giochi, soprattutto quelli degli scrittori Indie, sono ora progettati con una consapevolezza delle teorie sul GdR.

ESEMPI DI ALCUNE TEORIE SUL GDR

Triplice Modello – sviluppato all’interno del rec.games.frp.advocacy nel 1997-1998, proposto da Maria Kuhner con la collaborazione di John Kim. Si ipotizza che ogni decisione del GM venga presa per il bene del gioco, del dramma, o della simulazione. In tal modo, anche le scelte del giocatore, lo stile narrativo del GM, ed il set di regole possono essere caratterizzati da un orientamento al gioco, al dramma o alla simulazione, o più generalmente da qualche parte tra i tre estremi. A volte è chiamata teoria GDS. In senso stretto, la teoria GDS si occupa delle interazioni sociali tra i giocatori, ma è stata estrapolata per usarla nel game design, sia dentro che fuori dal mondo dei giochi di ruolo. Un gioco può essere classificato secondo quanto fortemente favorisce o facilita i giocatori a rafforzare i comportamenti corrispondenti a ciascuna categoria. All’interno del Game design è utile perché può essere usata per spiegare perché i giocatori preferiscono giocare alcuni giochi invece di altri.

La Teoria GEN – sviluppata all’Outpost Gaming nel 2001 in gran parte da Jester Scarlet. Si ipotizza un alto e basso “livello” di gioco, con il livello superiore dominato da un “intento” che si articola in tre categorie: giocoso, esplorativo e narrativo. È stata influenzata dal Triplice Modello e dalla teoria GNS.

Il Modello Big o Teoria Forge – sviluppata presso la community The Forge tra il 1999 e il 2005 in gran parte da Ron Edwards. Si ipotizza che i giochi di ruolo siano modellati da “The Big Model” in 4 livelli: il contratto sociale, l’esplorazione, la tecnica e l’effimera, con impegni creativi che disciplinano il collegamento tra il contratto sociale e la tecnica. In questa teoria ci sono 3 tipi di impegni creativi, quello di gioco, quello narrativo e quello della simulazione. La teoria è spiegata in dettaglio negli articoli “GNS and Other Matter of Role Play Theory,” “System Does Matter,” “Narrativism: Story Now” “Gamism: Step on Up” e “Simulationism: The Right to Dream” di Ron Edwards, alla pagina di The Forge. Il Modello Big è nel frattempo cresciuto ed ha preso il posto della Teoria GNS, una variante del Triplice Modello.

La Teoria del Colore di Ninoles Fabien si è sviluppata nel 2002, sulla mailing-list francese créateurs-JDR. Si tratta di un erede della teoria SCARF e della teoria SCAR, che ha poi interagito con le teorie di lingua inglese. In questa teoria gli obiettivi della progettazione dei sistemi di gioco sono pensati come i colori primari della luce della TV. Verde per semplicità, Blu per realismo, Rosso per coerenza, con nozioni come l’adattabilità, la tenacia, la luminosità e la visibilità come estensioni della metafora.

La Teoria dei Canali di Larry Hols, 2003, ipotizza che il gioco si componga di “canali” di vario genere come “narrazione”, “tono morale” o “fedeltà all’impostazione.” Si è sviluppata in parte come una critica delle tre tesi di stile.

La Scuola Turku si è sviluppata dal 1996 ad oggi a Turku, in Finlandia, grazie soprattutto a Mike Pohjola. Sostiene che l’immersione (“eläytyminen”) sia il metodo principale del gioco di ruolo (soprattutto quello dal vivo), e la ricerca artistica sia il suo obiettivo primario. Lo stile immersionista è pensato per essere distinto da quello del dramma, del gioco e della simulazione, dato che i primi due sono considerati stili di GdR nettamente inferiori, e possono servire solo come mezzi esterni al gioco di ruolo. Essa definisce il gioco di ruolo in un modo che abbraccia molte forme diverse, e rifugge le scelte normative su ciò che sono le forme migliori o più adeguate. “Un gioco di ruolo è ciò che viene creato nell’interazione tra i giocatori o tra giocatori e il gamemaster in un contesto diegetico specifico.”

Fonte Wikipedia: http://en.wikipedia.org/wiki/Role-playing_game_theory
Traduzione e adattamento di GM Willo

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GARY GYGAX SULLE VARIAZIONI DI GIOCO

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Ieri sera, giocando il buon vecchio AD&D, è uscito fuori il discorso di questo articolo pubblicato nel 1978 dalla rivista The Dragon (poi divenuta Dragon) in cui Gary Gygax affonda senza pietà il coltello nel ventre di chi si permette di alterare le regole del “suo” gioco. Devo dire che questi estratti dell’intervista gettano nuova luce su che tipo di personaggio doveva essere il buon vecchio Gygax, pace all’anima sua. Dal mio punto di vista, modellare le regole di un gioco fa parte del gioco stesso: l’ho sempre fatto e non me ne sono mai pentito.

Ecco invece quello che pensava uno dei leggendari creatori di Dungeons & Dragons.

D&D incoraggia l’inventiva e l’originalità, nel quadro delle sue disposizioni. Chi insiste ad alterare questo quadro dovrebbe progettare il proprio gioco.

Perché i maghi non possono utilizzare le spade… In apparenza sembra una piccola concessione, ma in realtà significherebbe rovinare il gioco!

Le professioni dei personaggi sono state progettate con cura al fine di fornire unici e diversi approcci per risolvere i problemi che si pongono ai giocatori… Questo ragionamento preclude molte delle classi di personaggi che gli appassionati desiderano aggiungere a D&D. Tali classi sono solitamente o delle variazioni inutili di classi esistenti, troppo ottuse per essere davvero interessanti, o sono dotate di abilità sufficienti ad assicurare la loro egemonia sulla campagna di gioco…

Anche il “colpo critico” o i “doppio dei danni” a colpire col dado da 20 sono particolarmente offensivi per i precetti di D&D.

Ogni combattente che si rispetti si impegna nella pratica quotidiana di tutte le forme di armi… La verità sulla questione delle competenze delle armi è, credo, un altro tentativo di dotare i giocatori della capacità di “morte istantanea”.

Le pubblicazioni amatoriali indipendenti sono generalmente da disprezzare, perché caratterizzano la forma più bassa ed arrogante di stampa. Vi si trovano pagine e pagine di chiacchiere banali, una scrittura inetta di persone incapaci di creare tutto ciò che è pubblicabile altrove. Pertanto, essi pagano per pubblicare le loro insulse idee, criticare coloro che sono in grado di scrivere e di progettare giochi, e in generale apparire antipatici… sono poco professionali, poco etici ed apparentemente ignari delle leggi in materia di diffamazione… quando mi sono imbattuto in questo business, pensavo che le fanzine amatoriali potevano far bene per l’hobby… Ora riconosco il mio errore. Sono inutili.

Aggiunte e ampliamenti di alcune parti delle regole di D&D vanno bene. Varianti che modificano le regole in modo da squilibrare il gioco o cambiarlo non sono accettabili. Questo tipo di elaborazioni ricadono nel regno della creazione di un nuovo gioco, non di sviluppo del sistema esistente.

I Punti Magia non aggiungono nulla a D&D, ad eccezione di più complicazioni, più annotazioni, più tempo sprecato, e un precetto che è totalmente estraneo al resto del gioco.

Molti cercano di guadagnare sulla popolarità di D&D offrendo “novità” o “variazioni”, regole che possono servire solo a D&D, anche se il gioco non è neanche menzionato. Comprateli, se avete soldi da buttar via, ma il rischio è solo vostro; non utilizzate il materiale che altera i precetti di base del gioco. “

La cosa buffa è che molte di queste varianti di gioco da lui criticate sono state successivamente applicate alle nuove versioni di D&D. Dopo queste parole, incomincio a pensare che il vero genio fosse Dave Arneson.

Leggi anche: La Storia del Gioco di Ruolo

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STORIA DEL GIOCO DI RUOLO: Parte Seconda

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di Astinus

Traduzione a cura di Willoworld

Leggi la prima parte

Parte II: Riaprire il Vaso di Pandora

Il Turno degli Editori

Appena si diffuse la notizia sul tipo di giochi che Gygax e Arneson stavano giocando, i due vennero inondati di richieste per il rilascio di un completo e definitivo set di regole. Timidamente, presentarono la loro idea a tutte le grandi società di gioco, senza però ricevere alcun appoggio. Infine nel 1974 decisero di pubblicare il loro gioco attraverso la società di Gary Gygax, la TSR.

Non fu subito un grande successo, ammise in seguito Gygax. Ci volle quasi un anno per riuscire a vendere le prime 1000 copie. Le seconde 1000 invece andarono via in meno di sei mesi, e da lì le vendite aumentarono in modo esponenziale. Nel 1979, venivano vendute una media di 7000 copie di Dungeons & Dragons al mese.

L’edizione originale seguiva la forma di Chainmail dei tre fascicoli separati, ma c’erano diverse cose in più. Le regole furono scritte per i circoli di gioco a cui Gygax e Arneson appartenevano, e per chi presumibilmente aveva già una familiarità con le regole e lo stile di gioco. Per i giocatori che si avvicinavano all’argomento per la prima volta, risultarono confuse e frustranti: a un certo punto le regole dicevano “Il combattimento (qui) è condotto come in Chainmail”. Il sistema di magia era incredibilmente vago e le tabelle delle statistiche di combattimento erano quasi incomprensibili.

Sorprendentemente, però, questo fatto finì per favorire piuttosto che danneggiare il neonato hobby, per due ragioni ben precise. In primo luogo, le regole difficili da capire costrinsero i giocatori ad inventarne di nuove o ad interpretarle in maniera diversa, e a fare loro pensare a nuovi sistemi di gioco. Fu così che nacquero i primi creatori di GdR futuri.

In secondo luogo, i giocatori non si concentravano sul gioco in sé, ma sull’idea alla base del gioco. Nonostante le regole fossero ben lungi dall’essere perfette, la gente riconobbe il potenziale del nuovo ed incredibile concetto attorno al quale il gioco girava. D&D è stato forse il primo gioco di cui si è conquistata la consapevolezza malgrado la metà delle sue regole fosse da rivedere.

I Grandi Pretendenti

L’attenzione per l’idea, piuttosto che per il gioco, e la necessità di riscriverne le regole, fece si che ogni gruppo di giocatori se ne venisse fuori con la propria versione. Ovviamente, tutti volevano condividere la loro corretta “versione” con le comunità di gioco. Non passò molto tempo prima che il mondo fosse invaso da riviste e fanzine dedicate a discutere il “migliore” modo di giocare il gioco.

Gygax e Arneson crearono la propria rivista e la chiamarono The Rumbles Dragon. Questa diventò in seguito The Dragon, e poi semplicemente Dragon, come è conosciuta oggi. Un altro grande successo di allora fu Alarums and Excursions. Anche se fu solo una fanzine, vantava un numero di lettori quasi pari a quelli di Dragon. In pochi anni, D&D aveva generato più discussioni, analisi, revisioni e ricostruzioni di qualsiasi altro gioco nella storia. Fu solo una questione di tempo prima che alcuni di questi gruppi di gioco decidessero di pubblicare qualcosa per conto loro, piuttosto che spedire le loro opinioni a una rivista.

D&D fu criticato per mille ragioni, ma la maggior parte delle lamentele si possono riassumere così; il gioco o era troppo complicato o era troppo semplice.

Il “troppo complicato” riguardava il manuale delle regole. Giovani inesperti non-wargamers volevano qualcosa di semplice da imparare, facile da giocare, e per finire qualcosa di più divertente. Ed ebbero tutto ciò, a palate, con Tunnels and Trolls.

Tunnels and Troll (St Andre, 1975)

La leggenda vuole che Ken St Andre, scrittore di Tunnels and Troll (T&T), in realtà si avvicinò all’idea di gioco di ruolo senza l’aiuto di Gygax e Arneson. Egli aveva anche scelto un nome simile a quello di D&D, e rimase sconvolto quando, mentre cercava di vendere il suo gioco, scoprì che era stato clamorosamente battuto sul tempo.

La verità di questa leggenda è discutibile: sicuramente ci sono abbastanza somiglianze tra i due giochi da suggerire che T&T fu un prodotto di seconda generazione. I personaggi avevano sei simili caratteristiche, oltre a una scelta affine di classi, e le impostazioni ed i formati delle avventure erano praticamente identici. Tuttavia, T&T non è degno di nota per le sue somiglianze, ma per le sue differenze.

Per cominciare, le regole di T&T utilizzavano dei semplici dadi da sei per gestire quasi tutto. Anche se per la magia ed il combattimento si utilizzavano delle tabelle, queste erano ben presentate e le spiegazioni erano chiare. In effetti la qualità del prodotto T&T era superiore a D&D praticamente in tutto. Ma forse la caratteristica principale che differenziava i due giochi era l’atteggiamento.

T&T era divertente. Era simpatico e allo stesso tempo ridicolo. Si trattava di andare in giro a spaccare tutto con spade e magie. La scrittura era veloce, le regole erano divertenti, l’impostazione era piena di ironia. St Andre dette ad ogni aspetto del gioco un po’ del suo distorto senso dell’umorismo. Gli incantesimi avevano nomi come “Little Feet” e “Hidey Hole “, e i nemici potevano essere degli scoiattoli giganti.

D&D, naturalmente, era tutto il contrario. Alla fine, col maturare dei giocatori e dell’hobby, gli aspetti divertenti di T&T persero il loro fascino, e verso i primi anni ottanta fu completamente dimenticato. T&T fu però il primo concorrente di D&D. Anche se è stato sempre considerato il “Numero Due” (anche da parte di St Andre!), ha per un momento impensierito il successo economico di D&D, che è più di quello che si può dire di qualsiasi altro sistema di gioco.

Nel frattempo, un altro gioco stava facendo strada. Il problema del “troppo semplice” riguardava l’impostazione, non le regole. I giocatori si lamentavano della premessa piuttosto fragile si una manciata di eroi fantasy che entravano in un dungeon per uccidere mostri e conquistare i tesori. Volevano qualcosa di più realistico, un mondo medievale che effettivamente sembrava medievale. Volevano realismo, dettaglio e complessità. E lo ebbero in Chivalry and Sorcery.

Chivalry and Sorcery (Fantasy Games Unlimited, 1976)

Creato da Ed Simbalist e Wilf Backhaus nel 1976, C&S è ancora oggi il più complesso gioco di ruolo mai progettato. Non si può negare di certo il suo realismo: le regole e lo stile sono stati progettati per ricreare la Francia del tardo dodicesimo secolo, laddove D&D non era altro che una approssimazione del mondo fantasy-medievale di Tolkien. I creatori del gioco non si limitarono a descrivere un mondo, ma l’intera società dell’epoca: i giocatori dovevano muovere i loro personaggi all’interno di un complesso e dettagliato codice feudale fatto di nobili, di servi e con l’incombente presenza della chiesa cattolica.

Anche se le avventure seguivano ancora un modello simile, C&S eliminò gran parte delle convenzioni stabilite da D&D. Missioni a cielo aperto presero il posto degli oscuri dungeon, i nemici erano Vichinghi e Pitti, piuttosto che creature mitologiche, e gli utenti magia dovevano davvero “studiare” per diventare più potenti.

Il problema con C&S è che cercò di fare troppo. Nel tentativo di proporre tutte le cose che D&D aveva tralasciato, rimase sepolto nei suoi meccanismi senza fine. Per esempio, non solo i giocatori devono tirare per otto caratteristiche, ma anche per la razza, l’età, il sesso, l’altezza, la struttura, l’allineamento, l’oroscopo, la salute mentale, la classe sociale, l’ordine di nascita, lo stato di famiglia e la professione del padre. Oltre a questo c’erano da calcolare altrettante statistiche ed un sistema di abilità poco chiaro. E questo solo per la creazione del personaggio!

Il fatto che le regole e i tiri di dado erano molto più complessi di D&D non aiutò il gioco. Il combattimento e la magia utilizzavano complicatissime tabelle incrociate, e il sistema per testare le abilità richiedeva più tiri di dadi di un gioco d’azzardo.

Un altro grosso problema di C&S era che cercava di essere troppo realistico. I chierici dovevano predicare i sermoni, i cavalieri trascorrevano ore di gioco a cercare di ottenere il denaro sufficiente per comprare le loro spade, e giocare un mago richiedeva così tanto tempo per raccogliere ingredienti, studiare gli incantesimi ed eseguire i rituali, che non ne rimaneva più per andare alla ricerca di avventura.

C&S è il classico esempio di come un gioco troppo dettagliato possa risultare poco piacevole. Era troppo lungo e troppo particolareggiato, e a causa della sua complessità e grandezza lasciava spesso i suoi giocatori smarriti. Ma l’idea di presentare un mondo con un’ambientazione realistica e dettagliata era buona, come lo era l’idea di giocare persone comuni piuttosto che dei supereroi fantasy stereotipati. Anche se questo gioco scomparì nei primi anni ottanta, le sue idee continuarono ad avere un’influenza nella storia dei giochi di ruolo.

L’Impero Colpisce Ancora

Mentre stava accadendo tutto ciò, c’era un gioco che veniva giocato in sordina, e anche se non ha mai raggiunto il successo economico dei due qui sopra, ebbe delle importanti ripercussioni nel settore dei giochi. Si chiamava Empire of the Petal Throne (Barker, 1975), ed è fu creato da M.A.R. Barker.

Fin dalla tenera età, Barker era ossessionato da due cose: la linguistica e un mondo fantasy da lui creato che si chiamava Tekumel, e questi suoi interessi crebbero in complessità insieme a lui. Barker ha continuato a studiare linguistica al college, dove apportò anche gli ultimi ritocchi al suo mondo, tra cui un linguaggio completo per il paese principale, Tsolyanu. Infatti, nell’arte del linguaggio fantastico, Barker superò anche il maestro Tolkien.

Così c’era questo Barker, con un mondo incredibile in testa e nessuna idea di cosa fare con esso, dato che non era uno scrittore. Vent’anni dopo aver lasciato alle spalle Tekumel per concentrarsi sui suoi studi, scoprì D&D. Subito cominciò a lavorare al suo gioco, che divenne il secondo GdR sul mercato.

In termini di impostazione, Petal Throne era tutto quello che D&D non era mai stato. Non c’erano descrizioni vaghe o suggerimenti presi in prestito dal medioevo: Barker sapeva esattamente come era il suo mondo fin nei minimi dettagli, e tutto era scritto nel libro delle regole. Dei, religioni, rituali, governi, mode, costumi, abitudini e, soprattutto le lingue, diverse per ogni paese del pianeta. E non erano gli dei, le religioni, ecc. di un mondo medievale occidentalizzato. Barker utilizzò le sue esperienze in India e in Asia per creare culture incredibilmente selvagge e totalmente estranee ai giocatori di ruolo medi americani.

Questa combinazione di un mondo molto dettagliato e totalmente alieno dette la possibilità di sviluppare la più avvincente campagna mai progettata. C&S era semplicemente D&D con uno sfondo finemente particolareggiato. Petal Throne era invece un gioco in cui il sistema e l’ambientazione lavoravano insieme per produrre un mondo che, non solo sembrava vero, ma chi ci giocava si sentiva come se stesse davvero vivendo in esso. I personaggi erano collegati alla stessa struttura di potere, politica e religiosa, e le sorti di questi poteri facevano da sfondo alle avventure. Improvvisamente i giocatori non erano più cavalieri che uccidevano draghi, erano Tsemels (chierici-guerrieri) che conducevano una guerra santa contro i loro vicini eretici. E con le abilità linguistiche di Barker che permisero ai giocatori di parlare una lingua completamente nuova, giocare questo gioco ti faceva davvero sentire parte di quel mondo.

Se Petal Throne avesse avuto successo, non avremmo dovuto aspettare altri quindici anni per World of Darkness. Esso, tuttavia, non riuscì a rimanere popolare, dato che la sua grande forza, la sua presenza, fu anche la sua rovina. Il mondo di Barker era solo troppo dannatamente complesso e potente da gestire per la maggior parte dei giocatori. I Game Master non potevano adattare il mondo per soddisfare il loro stile di gioco, senza privare Tekumel del suo sapore unico. Infatti, è stato detto che l’unica persona in grado di masterizzare Petal Throne correttamente era lo stesso Barker. Allo stesso modo, i giocatori dovevano conoscere profondamente Tekumel prima di poter giocare di ruolo decentemente. Troppo spesso venivano persi per strada dettagli importanti della ambientazione, e per tutti questi motivi Empire of the Petal Throne uscì rapidamente di scena.

Così nessuno dei tre pretendenti più forti riuscirono a superare, o addirittura a sopravvivere, Dungeons & Dragons. Eppure tutti sono interessanti, perché hanno illustrato il futuro di questo hobby. Nel confronto tra T&T e C&S si nota già l’inizio di un’eterna lotta tra i sistemi di gioco del GdR, quello tra la complessità e l’accessibilità, il dettaglio e la giocabilità, il manipolare la realtà e il puro divertimento. Ed esaminando Petal Throne possiamo analizzare anche i problemi riguardo all’ambientazione: la creazione di un mondo dettagliato che permette una buona immersione, ma che è ancora abbastanza malleabile ed accessibile perché tutti ne possano godere.

Ogni gioco è stato rivoluzionario in sé, portando in uno spazio di tempo incredibilmente breve nuove fantastiche idee per il GdR, idee che avrebbero poi costituito la spina dorsale del settore. Anche se alcuni di loro si sono estinti, i salti che hanno fatto in pochi anni hanno contribuito a trasformare i giochi di ruolo da zoppicanti-wargames a qualcosa che si avvicina ad una forma d’arte. Ma non ci spingiamo troppo avanti.

Il successivo Runequest fu dedicato a “Dave Arneson e Gary Gygax, che per primi hanno aperto il vaso di Pandora, e a Ken St Andre, che scoprì che poteva essere aperto di nuovo”. Questa dedica riassume abbastanza bene il contributo finale che questi giochi hanno dato alla storia del GdR. Semplicemente per il fatto che siano esistiti, e siano stati comprati e giocati, questi giochi hanno dimostrato che il gioco di ruolo era molto di più del semplice D&D, e che questo nuovo concetto di gioco era qualcosa che andava ben oltre il nome di un prodotto. Era qualcosa che sarebbe durato, qualcosa di rivoluzionario, qualcosa di buono.

Continua…

LA STORIA DEL GIOCO DI RUOLO

CURIOSITÀ

Chivalry and Sorcery passerà alla storia come il gioco che per la prima volta usò il termine “Game Master”

Barker e Tolkien hanno molte somiglianze, sia nelle loro opere che nelle loro vite. Tanto che Barker è stato talvolta indicato come il “Tolkien del gioco di ruolo”.

Grazie alla conoscenza intima del mondo e all’esiguo numero di gruppi di gioco, Barker fu in grado di adeguare ed aggiornare il suo mondo sulla base delle azioni dei gruppi di tutti gli Stati Uniti!

Steve Darlington Copyright © 1999

Traduzione di GM Willo

Questo articolo NON si avvale della licenza Creative Commons

Fonte: http://ptgptb.org/0002/history2.html

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STORIA DEL GIOCO DI RUOLO: Parte Prima

14 commenti

di Steve Darlington

Traduzione di Willoworld

Prima Parte: Un Piccolo Passo per un Wargamer…

I Nostri Antenati

Come tutte le belle storie, iniziamo a parlare del genio che dette alito a questo movimento, l’incredibile visionario H.G. Wells. Wells non fu soltanto il nonno della fantascienza ma anche quello dei giochi di guerra (wargames) e di conseguenza il bisnonno dei giochi di ruolo.

Gli wargames esistono praticamente da quando ci sono le guerre. L’idea di simulare battaglie senza rischi personali può essere fatta risalire agli antichi Sumeri, più di quattromila anni fa. Gli Scacchi e Go, due dei più antichi giochi al mondo, sono nati proprio da queste simulazioni. I giochi di guerra moderni nascono in Prussia, all’inizio del diciannovesimo secolo. Kriegspiel (War Game), introdusse l’idea dei segalini, rappresentanti le truppe su una “tavolo di sabbia”, e del dado per determinare eventuali elementi casuali nella battaglia. Dopo la guerra franco-prussiana, gli inglesi ne fecero una propria versione e cominciò ad essere usato in maniera oculata dalle stesse armate, per allenarsi nelle tattiche e prevedere i risvolti delle battaglie.

Fu Wells, però, che per primo introdusse questo tipo di giochi al pubblico. Nel 1915 pubblicò una serie di regole per wargamers dilettanti in un libro intitolato Little Wars, che oggi è visto come “la bibbia dei wargamers”. Wells fu anche il primo a suggerire che le miniature andassero raccolte per rappresentare le rispettive forze, così da aggiungere sapore e un senso di coinvolgimento al gioco. Anche se il libro divenne abbastanza popolare, i wargames in realtà non decollarono fino a quando, nel 1953, Charles Roberts rilasciò il primo “tabellone” da gioco di guerra disponibile in commercio. Anche se si trattò di un leggero antipasto, Roberts finalmente riuscì a formare la “Avalon Hill Game Company”, ancora oggi una delle più grandi aziende di gioco al mondo.

La Scintilla di una Fiamma

In effetti, negli anni ’60 e ’70, i wargames godettero di una popolarità che ad oggi non si è mai ripetuta. Pare infatti che tutti quei giovani che si facevano di LSD e ascoltavano Bob Dylan giocassero di continuo ai wargames. Presto non si trattò più di un gioco ma di un industria. Un enorme e ben consolidato gruppo di amatori, con le sue congregazioni, pubblicazioni e gerghi, era in uno stato in continua evoluzione, proprio come nello stesso periodo succedeva per gli appassionati di fantascienza. Entro la fine degli anni sessanta si formò una forte e concreta sub-cultura di wargamers, un ambiente che stava iniziando a stimolare la creatività e la sperimentazione tra i suoi membri. Fu proprio questo tipo di esplorazione che divenne il combustibile per alimentare il fuoco del gioco di ruolo. Ma c’era ancora bisogno di una scintilla per accenderlo. E quella scintilla fu Il Signore degli Anelli.

Uscito negli Stati Uniti nel 1966, riuscì a cambiare per sempre il mondo letterario, così come il mondo di milioni di adolescenti americani maschi di classe media. E dal momento che il novanta per cento di wargamers erano adolescenti maschi di classe media, non ci volle molto per capire quello che stava per accadere. Ai giocatori non interessava più ricreare la battaglia di Gettysburg, ma quella del Fosso di Helm. Le guerre napoleoniche vennero sostituite da quelle per la conquista dell’Unico Anello. Goblin e orchi presero il posto di fanti e cavalieri. La gente voleva sapere quanto danno poteva fare un Balrog e quanto era il raggio di un fulmine magico.

Sembrava solo una questione di tempo prima che il primo gioco ambientato nel mondo di Tolkien fosse pubblicato. Ci fu, tuttavia, un lieve impedimento a questo, ovvero che fino ad allora c’erano stati pochi wargames ambientati in epoca medievale nei quali poter introdurre draghi e magia. Fu allora che in questa storia fecero il loro ingresso due uomini: Ernest (Gary) Gygax e David Arneson.

Una Partnership Leggendaria

In una piccola cittadina del Wisconsin chiamata Lake Geneva, Gygax e Jeff Perren, insieme ad alcuni amici, avevano sviluppato un gioco di guerra che ricreava in modo accurato molti aspetti delle battaglie medievali. Si chiamava Chainmail, ed era stato pubblicato dalla neonata azienda di Gygax, la Tactical Studies Rules. Fu in seguito ampiamente distribuito in una versione che divenne il primo wargame in cui comparivano giganti, troll, draghi ed incantesimi. Questo gioco è oggi visto come l’immediato predecessore di Dungeons and Dragons, e in effetti, ci sono molte similitudini nelle sue modalità e nello stile.

I semi del gioco di ruolo però erano stati messi già molto tempo prima. Nel periodo in cui fu scritto Chainmail, Gygax era membro di una associazione di appassionati del medioevo chiamata The Castles and Crusades Society. Un collega, David Arneson, aveva già cominciato a sperimentare con alcune idee di gioco di ruolo. Come egli stesso afferma:

Dovrei dare un sacco di credito (per l’idea) ad un altro giocatore locale, Dave Wesley. Egli fu il primo ad introdurre il fattore “ruolo”… il primo gioco che mi torna in mente era poco più di un gioco medievale, in un periodo molto bigio per i wargames. Usavamo delle regole debolucce e dopo la seconda partita eravamo già annoiati. Per rendere le cose più interessanti, Dave, che arbitrava il gioco, dette a ciascuno di noi una piccola missione personale nella battaglia.

Era il 1968. Anche se grezzo, fu il primo passo verso il gioco di ruolo. Arneson continua:

Questa esperienza ci ha dato da pensare e così abbiamo organizzato un paio di altri giochi con nuova gente. “Facciamo una grande campagna medievale con una mezza dozzina di persone diverse che giocano piccole truppe di sessanta o cinquanta uomini, e ognuno interpreta la parte del re o del cavaliere, o qualsiasi altra cosa.” È da lì che siamo passati a giocare di ruolo.

Nei primi anni settanta, la creatività Arneson ha incontrato la fantasia Gygax ed i due uomini cominciarono a unire le loro idee. Nel 1970 o 1971 (Arneson è certo della data), Arneson prese il sistema Chainmail e lo trasformò in quello che fu il primo vero gioco di ruolo di sempre.

I compagni di gioco si ritrovarono per una tradizionale battaglia napoleonica, ma videro il tavolo occupato da un enorme castello. Si chiesero da dove spuntasse, forse dalle pianure della Polonia o da chissà quale altra parte del mondo, e poco dopo scoprirono che sarebbero dovuti scendere nei sui oscuri e profondi sotterranei, dentro il dungeon.

Questo gioco diventò poi la campagna dungeon di Blackmoor. Gygax gli dette subito un seguito con una avventura che sarebbe diventata la campagna di Greyhawk. Nei pochi anni successivi, i due testarono le regole del gioco che sarebbe poi diventato Dungeons & Dragons, il primo gioco di ruolo al mondo disponibile in commercio. Come nel caso dei wargames, non era altro che un leggero antipasto, ma un nuovo hobby era nato.

Un Omaggio Finale a Dave Arneson

Come tutte le grandi collaborazioni, Gygax e Arneson avevano punti di vista creativi diversi. Dopo meno di un anno dopo la pubblicazione di D&D, queste diversità raggiunsero il culmine e Arneson se ne andò. La TSR, sotto Gygax e il nuovo partner Brian Blume, ha continuato ad esistere, senza però pagare pagare i diritti ad Arneson che, in quanto proprietario di parte, gli erano dovuti. Nel 1979 Arneson portò la questione in tribunale e dopo una lunga battaglia, la TSR dovette pagargli la buonuscita. La tragedia è che, oggi, Gygax è esaltato ed elogiato in lungo e in largo come il solo artefice del gioco di ruolo, mentre Arneson è stato dimenticato da tutti, a parte l’industria. Spero che questa storia possa in qualche modo contribuire a correggere questa ingiustizia.

Continua la seconda parte

Curiosità

Nella prima edizione di D&D, come in molti altri giochi che lo seguirono, comparivano gli Hobbit. Ma gli avvocati di Tolkien minacciarono un azione legale per infrazione di copyright, e fu così che nacquero gli Halflings.

Il nome del famoso marchio di giochi di ruolo TSR deriva dal club di gioco: The Lake Geneva Tactical Studies Association.

Arneson dà credito a se stesso per l’aggiunta della “magia” nei wargames – a quanto pare dopo aver visto un episodio di Star Trek. Dave dette al suo druido un phaser per distruggere i suoi avversari; “la sua forza per il Regno!” Questo, naturalmente, diventò il fulmine magico.

Naturalmente, non fu chiamato subito “gioco di ruolo”. La prima edizione di D&D fu definita niente di meno che “Gioco di Guerra Medioevale Fantasy, giocabile con carta e penna e figure in miniatura”.

Steve Darlington Copyright © 1999

Traduzione di GM Willo

Questo articolo NON si avvale della licenza Creative Commons

Fonte: http://ptgptb.org/0001/history1.html

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CHE GIOCATORE DI RUOLO SEI?

5 commenti

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ERA DA TEMPO CHE LO VOLEVO FARE. UN TEST A PERSONALITÁ COMPOSTO DA 20 DOMANDE. SEGNATEVI LE RISPOSTE E CONSULTATE IL VOSTRO PROFILO IN FONDO ALLA PAGINA. BUON DIVERTIMENTO!

TEST
Che giocatore di ruolo sei?

1. Chi è il Dungeon Master?

a)    Un altro giocatore
b)    Un bastardo
c)    Solamente un uomo, e come ogni uomo può sbagliare
d)    Dio

2. Chi sono i tuoi compagni d’avventura?

a)    Giocatori come me
b)    Avversari da annientare
c)    Concorrenti ai quali dimostrare che sono io il più bravo
d)    Amici inseparabili

3. Che cosa sono i dadi?

a)    Strumenti di gioco
b)    Inutili gingilli
c)    Oggetti maledetti
d)    Pietre incantate

4. Di quanti set di dadi ha bisogno un vero giocatore?

a)    Uno può bastare
b)    Almeno un paio, di quelli buoni
c)    Uno rosso d’attacco, uno bianco di difesa, uno perlato per i TS, un paio misti di riserva, uno nero per quando si mette male ecc…
d)    Un vero giocatore non ha bisogno di dadi.

5. Chi è il PG?

a)    Numeri e parole su un pezzo di carta
b)    Una macchina da guerra nata per distruggere
c)    Un personaggio della mia inarrestabile fantasia
d)    Il mio vero “IO”

6. Hai mai mancato di rispetto al Master?

a)    A volte
b)    Sempre! E chi si crede di essere!!
c)    È più conveniente rimanergli amico, perciò provo a non discuterci.
d)    Mai. Quello che lui dice è legge.

7. Quanto è durata la tua “session” di gioco più lunga?

a)    Mai più di otto ore. Ho una vita, io.
b)    In poco più di otto ore si può distruggere il mondo
c)    Almeno dodici ore ma forse anche di più
d)    E chi ha mai smesso di giocare!

8. Cosa si beve durante una giocata?

a)    Qualsiasi cosa passi la ditta
b)    Quando si gioca bisogna rimanere lucidi
c)    Tè o caffè per stare svegli e giocare fino all’alba
d)    Rigorosamente birra

9. Che cosa pensi delle divagazioni di gioco?

a)    A volte servono a caratterizzare i personaggi
b)    Non so, non ho mai divagato
c)    Terribili! Fanno arenare l’avventura
d)    Sono l’essenza del gioco

10. Che cosa sono le schede dei tuoi PG?

a)    Strumenti di gioco
b)    I documenti che attestano la potenza dei miei personaggi
c)    Delle piccole opere d’arte
d)    Pergamene arcane di natura magica

11. Hai mai alterato una scheda?

a)    E chi non l’ha mai fatto, dai!
b)    La scheda è mia e ci faccio quello che voglio
c)    Giammai! È contro ogni mio principio di giocatore
d)    Le schede non sono importanti. Lo spirito del personaggio deve manifestarsi dentro di te e non attraverso un pezzo di carta.

12. Quale reazione hai quando ti muore un PG?

a)    Morire? Fa parte del gioco
b)    Tutti i miei PG hanno il potere, appena morti, di resuscitarsi da soli
c)    “Peccato! Passami un foglio che tiro un’altra scheda!”
d)    Un tragico evento. Incornicio la scheda e l’attacco sopra il letto. RIP!

13. Cosa succede quando finisce un’avventura?

a)    “Tutti a casa, che domani bisogna alzarsi presto!”
b)    Prima si divide i PX, i tesori e gli oggetti magici, poi potrò finalmente aggiornare la mia scheda
c)    “Dai ragazzi, iniziamone un’altra!”
d)    Le avventure non hanno mai una fine!

14. A quali altri giochi ti piace giocare?

a)    Qualsiasi gioco. L’importante è stare insieme e divertirsi
b)    Quelli in cui si spaccano le ossa agli avversari
c)    Nessuno. Esiste solo il GDR
d)    La vita è un gioco, il gioco è la vita

15. Quanto investi economicamente nel gioco?

a)    Nulla. I miei amici hanno tutti i manuali
b)    Il necessario per non far mancare nulla ai miei personaggi
c)    Più o meno metà stipendio
d)    Lunghe mattinate nelle ludoteche cittadine a leggere manuali

16. Il posto più strano in cui lo hai fatto (giocato).

a)    A volte il Master mi porta da solo nella stanza accanto…
b)    Sul sedile della mia Harley!
c)    Giardini pubblici, autobus, cantine, soffitte, muriccioli, scalinate delle chiese… insomma, dappertutto.
d)    Nel bosco, sotto la luna, davanti a un fuoco.

17. Che musica ti piace ascoltare durante il gioco?

a)    Enya ci sta bene
b)    Blind Guardian, Rapsody, insomma epic metal, o al limite i vecchi Iron Maiden.
c)    Quando si gioca non bisogna distrarsi. Niente musica
d)    Folk, musica celtica, al limite i JethroTull oppure Branduardi acustico

18. Che esperienze hai avuto con i tornei ufficiali?

a)    Non ho mai avuto tempo per parteciparvi
b)    Gli organizzatori? Una massa di principianti!
c)    Bellissime esperienze, splendide giocate, grandi ricordi!
d)    Non amo i tornei. Non puoi goderti l’avventura in tempi così ristretti

19. Perché giochi?

a)    Per passare il tempo
b)    Per arraffare i PX, passare di livello, diventare potente e spaccare la testa a tutti.
c)    Per viaggiare con la fantasia
d)    Per stare insieme ai miei amici

20 . Smetterai mai di giocare?

a)    Quando non avrò più voglia
b)    Spero di no. Devo ancora diventare immortale.
c)    Ho provato a smettere molte volte, ma non ci sono mai riuscito
d)    Il giorno in cui smetterò di respirare… forse!

Prevalenza di risposte “A”

IL DISILLUSO

Per te non esiste differenza tra il Monopoli e Dungeons & Dragons. L’importante è passare il tempo, magari lanciando un paio di dadi e facendo finta di essere qualcun altro. Hai una vita che ti aspetta, fuori dal tavolo da gioco. Lavoro, impegni, appuntamenti. Se ti rimane un po’ di tempo libero, lo dedichi volentieri al gioco, il modo più creativo per passare una serata insieme ai vecchi amici. Ma una birra al pub o una gita al mare sono distrazioni molto più allettanti.


Prevalenza di risposte “B”

IL POWER PLAYER

Una cosa sola ti preme: vincere. Il fine unico del tuo gioco è quello di guadagnare punti esperienza per potenziare il tuo personaggio. E tutto questo ti fa godere come un pazzo! Quando ciò non avviene secondo le regole del gioco, diventa più che lecito aumentare una caratteristica oppure aggiungere un oggetto, perché anche barare fa parte del gioco, no? Sei l’artefice di personaggi eroici, ispirati dai miti di Conan, Ercole, Achille. Ogni gruppo ha il suo power player, ed è bene che se lo tanga stretto. È lui che alla fine risolve l’avventura… a suon di mazzate!


Prevalenza di risposte “C”

IL GDR DIPENDENTE

Non avrai altro gioco all’infuori di me. Onora i dadi e le schede. Ricordati di giocare, di mattina, di pomeriggio, di notte… sempre. Il gioco è la tua droga. Non importa come, quando, con chi, perché. Quello che conta è giocare. Possiedi tutti i manuali, ti aggiorni con le nuove edizioni, improvvisi avventure, ti getti a capofitto in gruppi nuovi e non ti lasci sfuggire un solo torneo. Hai una vita fuori dal tavolo, impegni, responsabilità, progetti. Ma appena hai cinque minuti disponibili, agguanti le schede e il tuo inseparabile set di dadi, e corri a giocare.

Prevalenza di riposte “D”

IL ROMANTICO

Non discerni tra la vita reale ed il gioco. Non esiste alcuna linea di demarcazione. La vita è un gioco e il gioco è la vita. Non hai bisogno di schede, dadi, manuali per giocare. Il gioco è nella tua testa, nel tuo cuore, dentro il reame di Morfeo nel momento in cui chiudi gli occhi. Il gioco è un rituale, un esperienza da vivere intensamente, un salto nel buio, un passaggio dimensionale. Forse non sei neanche un giocatore, e i personaggi che interpreti sono più veri di quanto tu possa mai esserlo. Vivi solo per credere alle tue fantasie.

Prova anche il test: Che dungeon master sei?