LA STORIA DEL GIOCO DI RUOLO: Parte Ottava

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di Steve Darlington

Traduzione e adattamento di GM Willo

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Giunsero finalmente gli anni novanta. Nell’ultimo decennio il gioco di ruolo aveva raggiunto vette incredibili, sia come industria che come nuova forma di espressione creativa. Tuttavia, col passare del tempo, le cose cominciarono a ristagnare. I successi del cinema venivano riproposti fino alla nausea e la qualità del design ne risentì notevolmente. C’era bisogno di una nuova idea per sbarazzarsi della ormai scontata esperienza in tecnicolor; un mondo di tenebre, forse…

In effetti l’inizio del movimento “dark” nel gioco di ruolo risaliva a qualche anno prima. Nel 1984, William Gibson rivoluzionò la fantascienza con Neuromancer e non ci volle molto prima che i GdR abbracciassero questa oscura visione del futuro. Nel 1988 apparve Cyberpunk 2020 (R.Talsorian Games), seguito l’anno successivo da Shadowrun (FASA) e poi da altri ancora. Shadowrun si rivelò particolarmente geniale, poiché aggiunse a questo scenario futuristico elementi di fantasia come la magia, gli elfi e i draghi. Il sistema di gioco e l’utilizzo dei dadi favoriva azioni in stile cinematografico per personaggi particolarmente potenti, caratteristica che ne favorì il suo successo. Grazie ad un flusso costante di nuove pubblicazioni sempre di buona qualità, Shadowrun è riuscito a sopravvivere alla maggior parte dei suoi concorrenti.

Una nota speciale va anche all’ambientazione CyperPunk di GURPS che, dice la leggenda, fu confiscata in un raid dei servizi segreti perché credevano fosse un manuale di criminalità informatica. La verità è che il raid venne richiesto come conseguenza di un’indagine nei confronti di un dipendente della Steve Jackson Games. Non fu trovata alcuna prova, ma gli operatori dei servizi segreti sequestrarono molti documenti, files, e interi computer, causando gravi problemi finanziari all’azienda. Quando esaminarono tutto questo materiale, il manuale di Cyberpunk catturò la loro attenzione e venne mal interpretato. Per ragioni sconosciute, ma forse solo per giustificare il curioso raid, il gioco attirò su di sé un sacco di critiche, e in seguito gli stessi Servizi Segreti cercarono di sopprimere la sua pubblicazione. Tuttavia questo fu probabilmente dovuto più a dei banali problemi burocratici che all’effettiva convinzione del potenziale negativo del gioco.

Poco dopo il genere cyberpunk ispirò lo steampunk, trasportando lo stesso tipo di impostazione darkeggiante all’interno di un’Europa Vittoriana in cui la rivoluzione industriale è talmente avanzata da essere oramai fuori controllo, proprio come succede con la scienza informatica nell’ambientazione cyberpunk. Seguirono subito diverse pubblicazioni, ma probabilmente il miglior episodio di steampunk fu Space: 1889. Gli amanti degli aspetti più picareschi dell’epoca vittoriana preferirono invece Castle Falkenstein. Questo, esattamente come Shadowrun, aggiunse la magia allo scenario, più alcune affascinanti meccaniche di gioco basate sulle carte, e una generazione di personaggi che permetteva lo sviluppo di un diario dell’avventuriero.
Da allora entrambi i generi cyberpunk e steampunk hanno oscillato in popolarità, senza però mai veramente superare il culto di nicchia. Hanno, tuttavia, aperto la strada ad un nuovo tipo di gioco.

A GenCon nel 1991, Mark Rein-Hagen presentò un gioco che riuscì nuovamente a rivoluzionare questo hobby, arricchendo notevolmente la sua azienda. Il gioco si chiamava Vampire: The Masquerade e la società era la White Wolf. Rein-Hagen aveva in precedenza lavorato ad Ars Magica e portò alcune delle sue geniali idee sulla narrazione epica a questo gioco. Tuttavia Vampire era molto di più. Catturò l’orrore soprannaturale di Cthulhu, il grintoso, paranoico ed oscuro feeling di Cyberpunk, introducendo eroi ultraterreni con poteri eccezionali che erano, nell’immaginario dei giocatori, molto accattivanti. Infine, si fece largo agevolmente all’interno del già esistente e popolare movimento culturale del ghotic.
Uscendo praticamente in contemporanea con le pellicole de Il Corvo, Intervista col Vampiro e Il Ritorno del Cavaliere Oscuro che portarono il genere ghotic alla ribalta, Vampire venne investito da un’ondata di popolarità che riuscì a cavalcare fino in fondo. Divenne rapidamente molto popolare tra i navigati giocatori di ruolo, ma lo fu ancora di più tra i neofiti, ed infatti Vampire avvicinò molti più nuovi giocatori di quanto riuscì a fare a suo tempo Star Wars.

Era così popolare che ispirò a breve quattro nuovi manuali con tematiche simili: Werewolf: The Apocalypse, Mage: The Ascension, Wraith: The Oblivion e Changeling: The Dreaming, che insieme costituiscono il “World of Darkness“. Questi giochi erano strettamente legati a Vampire per la profondità della loro impostazione e lo stile chiaramente drammatico, e produssero inoltre una grande quantità di supplementi, concentrandosi sui diversi tipi di personaggi, sulla geografia, la politica, la storia e l’etica di ogni senario. Solo D&D e GURPS possono competere in numero di pubblicazioni.

Vampire, come successe a suo tempo a D&D, ispirò lo show televisivo Kindred: The Embraced, che allo stesso modo del cartone animato degli anni ottanta, venne odiato da quasi tutta la comunità di giocatori di ruolo. Lo spettacolo venne cancellato dopo solo una manciata di episodi. Tuttavia, il fatto che la Spelling Studios abbia investito su un simile prodotto dimostra quanto Vampire fosse diventato popolare. Fu un altro passo importante nella storia del GdR.

Vampire costituì un nuovo genere di gioco di ruolo, accanto alla fantasy, la fantascienza, i supereroi e, in piccola parte, all’horror. Dopo Vampire, il “punk gothic” divenne ufficialmente parte di questa lista. Davanti al clamoroso successo dei giochi del World of Darkness, le aziende non persero tempo ad entrare in azione, rilasciando giochi come Witchcraft, Nephilim, In Nomine, Nightbane, Warlock, Immortal, Armageddon, Trinity, The Everlasting, The Whispering Vaultm e Unknown Armies, i quali devono tutti qualcosa a Vampire. E così Vampire deve anche molto ai suoi predecessori come il terrificante ed oscuro Chill, Kult and Blood.

Non era solo l’ambientazione di Vampire ad essere popolare. Forse il suo più grande contributo all’hobby (che divenne, come vedremo in seguito, anche una rovina) fu il fatto che la sua popolarità convinse molti a copiare le sue regole e il suo stile, così come la sua ambientazione. Ciò causò un’altra piccola rivoluzione all’interno del mondo del GdR. Le regole di Vampire erano geniali, eleganti e abbastanza semplici (a parte il contorto sistema di combattimento), il tutto modellato brillantemente per ricreare una forte atmosfera e un gioco di grande impatto emotivo. Vampire ricordava il precedente Pendragon nel modo in cui trasmetteva pathos ed emozione ai suoi personaggi e alle loro storie. Incoraggiò anche il gioco per un lungo periodo di un singolo personaggio, proprio come il derivante Ars Magica. Ciò che veramente lo distingueva era il materiale di base estremamente dettagliato, tanto da poter rivaleggiare con quello di Tekumel o Glorantha, e per la prima volta questa aspetto delle regole divenne forse il più importante di tutti.

Nessuna di queste idee era di per sé innovativa, ma l’averle presentate in una confezione così appetibile e commercializzabile, fece si che diventassero molto popolari. Giochi poco chiari, con regole complesse o male realizzate non erano più tollerati. Per poter vendere, la produzione di un gioco doveva essere professionale, dal modo in cui veniva scritto, alla qualità dell’editing, all’impaginazione, e con un occhio di riguardo per le illustrazioni.
Tuttavia, questa enfasi riguardo allo stile oltre che alla qualità ebbe l’effetto di ridurre la sostanza delle nuove produzioni. Il mondo dei giochi dark è sicuramente responsabile di questo ristagno creativo. Ogni manuale di questo genere era una piccola opera d’arte visiva, anche se deludente in termini di contenuti e regole.

Un’altra critica rivolta a questi giochi riguardava la loro devozione all’ambientazione, un aspetto in cui ancora una volta eccedevano. The World of Darkness è un mondo incredibilmente suggestivo, ricco di dettagli e altamente drammatico, in cui possono essere ambientate un’infinità di storie straordinarie. Tuttavia, proprio come il Tekumel di Barker o il Glorantha di Stafford, era proprio il suo fascino che lo limitava. Per giocare correttamente il gioco era necessaria una completa conoscenza dello scenario, del mood e del gergo di questo mondo, qualcosa di non facile e poco accessibile ai novizi. La White Wolf provò ad arginare questo problema rilasciando una grande quantità di materiale introduttivo, ma questo non fece che peggiorare la situazione incrementando la complessità del setting.
Di per sé, questi difetti non erano un problema, ma con il diffondersi di queste idee in un settore ansioso di emulare il successo della White Wolf, tali difetti divennero degli standard.

Vampire ci ha regalato l’Età del Setting. Un tempo, i giochi avevano più o meno tutti la stessa impostazione, e lo stile delle regole era la cosa che contava di più. Dopo l’avvento di Vampire, un gioco di ruolo non avrebbe potuto vendere a meno che non proponesse una scenografia profonda e suggestiva, un’ambientazione piena di intricati giochi politici e potenti figure mitiche, un’esposizione artisticamente adeguata e, soprattutto, una serie infinita di supplementi per spiegare tutto.
In questo periodo vennero prodotti alcuni nuovi incredibili scenari di gioco e si potenziò notevolmente alcuni aspetti del game design, a discapito però di una migliore progettazione di un sistema di gioco, cosa che risultò molto negativa per l’industria in generale. L’idea che ogni nuovo gioco dovesse seguire questo stile precluse la possibilità di esplorare altre direzioni. Tuttavia, una marginalizzazione ancora maggiore venne da un’altra particolarità dei giochi della White Wolf.

Vampire coniò l’epoca del gioco “serio”, grazie ad una maniacale devozione nel presentare una certa ambientazione per poi evocarla nel modo più reale possibile. L’idea di fondo era quella che il gioco di ruolo fosse una forma d’arte collaborativa in cui giocatori e narratore raccontassero ad un pubblico inesistente una determinata storia. Ancora una volta, questa intuizione fu straordinaria, e apriva la strada a un approccio di gioco completamente nuovo, ma accettando questo nuovo stile come unico modo per giocare di ruolo, si precluse ogni altra sperimentazione. I giochi di ruolo venivano giudicati esclusivamente per il loro potenziale di narrazione e la forza drammatica.
Quel che è peggio è che la White Wolf dichiarò apertamente di credere a questa idea. Un senso di superiorità, addirittura di arroganza, proveniva dai prodotti dell’azienda, nei quali affermava di essere riuscita ad elevare l’hobby dal suo infantilismo ed a salvarlo dalla decadenza. Questo fatto creò più di una polemica nei confronti della White Wolf da parte di chi non era affatto d’accordo con la sua visione. Molti giocatori erano ancora dell’idea che i GdR dovevano essere divertenti, e che non bisognava prenderli troppo seriamente. Così la White Wolf divenne il male laddove la TSR era il bene, e fu il bersaglio per innumerevoli scherzi e parodie.

Questo screzio fomentò un nuovo movimento nel game design, con i giocatori che tornarono a guardare in modo più positivo l’accessibilità dei giochi degli anni ottanta. La voglia di semplicità non si estese solo all’ambientazione, ma anche alle regole. Il mercato fu invaso da diversi prodotti “light-rules”, in cui le complesse regole che negli anni ottanta coprivano ogni possibile aspetto del combattimento, divennero totalmente superflue. Ora si cercavano delle regole semplici e veloci, che permettevano ai giocatori di lasciare a casa le loro calcolatrici e potersi dedicare tranquillamente a spaccare qualche testa.
Per gli appassionati dei film d’azione, si ebbero il geniale Hong Kong Action Theatre e Vengeance Extreme. L’influenza degli “anime” ci ha dato Bubblegum Crisis e Big Eyes, Small Mouth. Il classico gioco di supereroi Champions fu condensato nel più semplice sistema Fuzion. Anche GURPS rilasciò una versione “light” delle sue regole, e le altre aziende non furono da meno. Ma il re di tutti i giochi d’azione di quel periodo fu senza dubbio Feng Shui. Sviluppato da Robin D. Laws, questo gioco proponeva un sistema semplice ma robusto, catturando perfettamente l’atmosfera del film d’azione asiatico e incoraggiando i giocatori ad esibirsi in acrobazie che sfidavano la morte. Inoltre, esso forniva una campagna di gioco ben congegnata per poter essere sviluppata in molteplici direzioni, cosa che ben pochi giochi d’azione possono vantare.

Anche il crossover tornò di moda in quegli anni con alcuni buoni prodotti come Heavy Gear e Warzone, e si ebbero anche dei brillanti giochi satirici (Hal e Macho Women with Guns). Questi episodi di leggerezza celebrarono il ritorno al divertimento, portando aria nuova nel ristagno troppo serioso della White Wolf. Erano l’equivalente più violento di Toon, e si basavano primariamente sul desiderio di uccidere più roba possibile.
Un altro gioco che minimizzò le regole fu Over the Edge. In un’ambientazione di un’isola psico-surreale dove ogni teoria della cospirazione è possibile, un sistema di regole libero è esattamente quello che ci vuole. OTE è riuscito a liberarsi di quasi tutte le regole, lasciando che i giocatori costruissero i loro personaggi esattamente come volevano. Questa idea era più vicina alla nuova tendenza dei “metagmes”, tra i quali si annovera il notevole e rivoluzionario FUDGE (Freeform universale Do-it-yourself Gaming Engine).

Unknown Armies unì le due diverse linee di pensiero combinando l’approccio maturo e complesso di Vampire con l’azione in stile hollywood di Feng Shui, regalando allo stesso tempo drammatiche narrazioni colorate da abbondanti sparatorie e scazzottate furibonde. Le sue regole avevano la fluidità di Over the Edge (ricordano anche Call of Cthulhu), e la sua ambientazione era decisamente originale. Fu un prodotto che inevitabilmente racchiudeva tutte le tendenze dell’epoca.
La distinzione di questi due diversi atteggiamenti di gioco, quello volto più al divertimento e quello invece più serio, divise i giocatori in due cricche distinte che si odiavano reciprocamente, e ciò non fu un bene per l’hobby. Ovviamente ognuna delle due parti puntava l’indice sull’altra, incolpandola di aver danneggiato l’immagine del gioco di ruolo.

L’idea del gioco aveva anche fatto un giro completo. Negli anni ottanta, i giochi più complessi, con regole pesanti e troppo dettagliate, erano stati quelli più popolari, con un occhio di riguardo per il divertimento. In seguito i giochi più cerebrali e seriosi si sono liberati della complessità delle regole, diventando l’antitesi del gioco di ruolo drammatico.
La verità è che la forma, lo stile e il sistema di un GdR, così come l’ambientazione, hanno a che fare con i gusti di un giocatore. Anche lo scopo stesso e la natura dei giochi di ruolo è così varia da risultare praticamente indefinibile. Sia che ci impegniamo in un classico dungeon-crawling, o si cerchi di evocare una narrazione matura e drammatica, stiamo sempre giocando di ruolo. Esistono milioni di modi di giocare, e nessuna forma è in alcun modo superiore all’altra
Il gioco di ruolo è un’idea incredibile, e non può essere catalogata o misurata con un metro arbitrario, così come il valore dei giocatori.

Continua a leggere…

Steve Darlington Copyright © 1999 

Traduzione di GM Willo

Questo articolo NON si avvale della licenza Creative Commons

Fonte: http://ptgptb.org/0008/hist8.html

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LE CRONACHE DI MYSTARA

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Dopo oltre dieci anni di avventure ed almeno un lustro di cambiamenti, ripensamenti e revisioni, ecco finalmente il libro che tutti i componenti del mio vecchio gruppo di gioco aspettava: Le Cronache di Mystara.

14 giocatori (ma se ne sono avvicinati almeno venti al tavolo), 22 protagonisti, 66 PNG, 1 Master… per la più grande avventura di Dungeons & Dragons mai raccontata.

Visionabile e scaricabile gratuitamente a questo link, oppure acquistabile in versione cartacea a solo costo di stampa alla pagina di Lulu, l’opera di Demiurgus occuperà regolarmente uno spazio in questo blog nei mesi a venire.

Il libro si avvale della licenza Creative Commons, Attribuzione-Non commerciale-Impegno a condividere 2.0, che ne permette la libera divulgazione in rete non a scopo di lucro, ed ha un valore prettamente informativo. Non è un materiale di gioco. Alcuni termini, nomi e luoghi di fantasia riportati fanno parte della campagna di gioco originale di Dungeons & Dragons. Non è nelle intenzioni dell’autore e dell’editore infrangere alcuna norma sul copyright.

SCARICA O VISIONA IL PDF DEL LIBRO

ACQUISTA UNA COPIA

Link alternativo al download: Le Cronache di Mystara 

Dettagli del prodotto
Copyright – Demiurgus (Creative Commons, Attribuzione-Impegno a condividere 2.0)
Edizione – prima edizione
Editore – Edizioni Willoworld
Pubblicato – febbraio 18, 2012
Lingua – Italiano
Pagine – 179

Rilegatura Copertina morbida con rilegatura accurata
Inchiostro contenuto Bianco e nero
Dimensioni (cm) 21.0 larghezza × 29.7 altezza

Guarda il Trailer

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INTRODUZIONE ALLE CRONACHE DI MYSTARA

IL MONDO CONOSCIUTO

Mystara è il primo piano materiale, Omphalos dell’universo conosciuto, ricettacolo degli dei. In essa la vita vibra da sempre, guidata dalla volontà di potenze eterne ed invisibili. fin dai primordi l’esistenza dei suoi abitanti scorre all’oscuro della sempiterna lotta: la danza di morte e rinascita dell’Ordine e del Disordine, tra Radiosità ed Entropia… Ogni corpo esistente, ogni spirito ed ogni divinità, scaturisce da questa polarità, da
questa tensione. Le sostanze e le qualità sono invece costituite dai quattro elementi primordiali, coloro che nell’antico idioma sono chiamati Piroos (Fuoco), Groom (Terra), Stratoos (Aria), Leidoos (Acqua).
Il Mondo è ora diviso in tre enormi continenti, Skotar, Brun e Davania. Il Grande Oceano li separa e gli abitanti dei tre continenti non hanno da tempo più contatti: da quando la grande civiltà di Blackmoore collassò, nessuna razza sopravvissuta ha mai varcato i lidi della propria patria.
Il ricordo degli antichi Slaan è quasi svanito, solo alcuni manufatti testimoniano la loro esistenza, la loro perduta grandezza, la loro sterminata arroganza. Gli Slaan furono i primi ad abitare Mystara: in breve sottomisero alla loro cultura l’intero pianeta, piegando alla loro volontà gli eventi naturali e le quattro forze: i quattro fratelli furono schiavi. Dopo la catastrofe, la vita riprese il suo corso, seguendo una via diversa, un’altra evoluzione. L’Acqua tornò ad essere pura, L’Aria si liberò dai suoi veleni, la Terra ridivenne fertile, il Fuoco arse l’intero pianeta e lo rigenerò di nuova Energia.
Quando Mystara fu di nuovo invasa dalla forza rigogliosa della natura, antiche divinità si misero all’opera per ripopolare il mondo: Bahemoth, il grande unico, il primo drago, partorì i suoi tre figli, Opale, Diamante e Perla. Dal soffio vitale di Therras nacquero gli elfi, destinati ad una lunga vita.
Dalla pietra Gagyar il forgiatore ricavò Denwarf, il primo imperatore dei nani. Garal diede vita agli Halfing, popolo minuto e gentile. Ma la corte del disordine era invidiosa delle loro generazioni.
Da essi fu generata la stirpe degli uomini bestia, dalla quale sorsero i pelleverde ed altri abomini. La grande madre osservava il lavoro dei suoi fratelli con curiosità mista a indifferenza, Thanathos recideva incessantemente le vite dei mortali, Khoronus vigilava lo scorrere degli eventi e delle ere:
erano trascorsi 1400 anni dalla grande catastrofe, quando il creatore stesso decise di intervenire. Dalla luce delle stelle immobili trasse lo spirito dell’uomo, il gemello oscuro del Demiurgo. Lo vincolò nella materia: poi i due vi soffiarono la loro essenza immortale. L’Uomo fece la sua comparsa,
e molti Dei lo ammiravano, alcuni lo temevano, altri lo amavano. Ognuno partecipò alla sua evoluzione, altri tentarono inutilmente di estinguere quella razza divina, che crebbe e si moltiplicò, popolando i tre continenti. Sorsero presto tre grandi città: Edenia a Davania, Brunelin e Skovia nei continenti Brun e Skotar.
La nostra storia si ambienta 4000 anni dopo la caduta di Edenia, nel continente di Davania, nelle terre che conoscono il nome di “lande conosciute”, a Nord dell’arcipelago del mare del terrore. Gli elfi vivono ancora nella millenaria foresta di Alpheym, impenetrabile e mortale, i nani hanno scavato sempre più in profondità, nelle gallerie sotto la grande montagna Everast. Gli Halfing sono riusciti a mantenere indenne la loro cultura ai grandi mutamenti, amano ancora le loro antiche canzoni e le loro tradizioni.
Gli umani, invece, non sono che la degradazione di una degradazione: l’antica civiltà Edenica sembra ormai dimenticata, obliati della loro perduta grandezza, del loro ruolo e della loro divinità, vivono in villaggi e piccole cittadine sempre in lotta fra loro, divisi e smarriti, soli.
L’insediamento umano più civilizzato è Karameikos, separato dai monti Cruth dai vicini Ylariani, il popolo del deserto. Nei luoghi dell’antica catastrofe, quelle che oggi si chiamano “terre brulle”, i pelleverde hanno fondato la loro cittadella sotterrane, Aengmor, vicine alle caverne degli Elfi neri.
Le tensioni sono fortissime, una guerra sembra a tutti imminente, troppe alterità, poca civiltà.
I maghi glantriani sono molto preoccupati, la crisi investe ogni stato, ogni individuo…
E nella palude di Malpeggi, rinchiusa nella sua torre, una donna cieca medita il suicidio…

Demiurgus

DUNGEONSLAYERS IV EDIZIONE

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Mi dispiace moltissimo di essermi assentato da questo blog per quasi due mesi, ma purtroppo in questo periodo non ho avuto né il tempo né la testa per occuparmi di giochi, perché quando la vita, che è anch’essa in qualche modo un gioco, ti mette di fronte degli ostacoli apparentemente insormontabili, significa che è arrivato il tempo di salire di livello…

Level Up!… dunque, come un post che mi ero prefissato di scrivere e che rimando alla prossima volta. Invece mi preme parlare oggi dell’attesissima quarta edizione di Dungeonslayers, il gioco di ruolo all’antica edito in Italia dalla Wildboar che è stato appena rilasciato gratuitamente con la licenza creative commons in PDF e che potete scaricare a questa pagina.

Da tempo sono un fan del progetto di Christian Kenning, che per semplicità e dinamicità non ha niente da invidiare ai vari retro-cloni di D&D. Ma laddove le prime edizioni riuscivano, non senza qualche capriola intuitiva, a spiegare ai giocatori con appena una decina di pagine come giocare questo GdR fantasy, questa quarta rielaborazione si propone come manuale vero e proprio, completo di tutte le espansioni, di tre avventure introduttive e di un intero mondo in cui ambientare le proprie campagne.

L’approccio al gioco rimane semplicissimo ed intuibile in pochi minuti. All’inizio non mi ha convinto molto l’uso dell’attributo Mobilità al posto di Agilità, ma poi ho capito meglio il significato che viene dato alla parola; essendo un attributo come Fisico e Mente, valori che non possono aumentare nel corso del gioco, la Mobilità credo voglia rappresentare le effettive possibilità motorie di un PG. Uno storpio, ad esempio, può comunque essere agile, ma sarà sempre condizionato dalla sua precaria Mobilità.

A parte alcuni piccoli cambiamenti di fondo, che riguardano soprattutto i termini, il gioco comunque rimane più o meno lo stesso, con l’aggiunta di moltissimi dettagli che lo rendono, come già detto, un GdR davvero completo. Chi sentiva la necessità di nuove classi di personaggi, viene accontentato con l’introduzione del capitolo “Classi Eroiche”, arricchendo il già abbondante elenco di talenti e di incantesimi. Molte le regole suggerite per rendere il gioco più complesso e realistico, ben fatto il bestiario ricco di nuove creature, ma soprattutto ho trovato felice la scelta di mettere a disposizione un mondo di gioco, che ricorda molto le vecchie Terre Selvagge di Mystara, per poter lavorare da subito su una campagna.

Dalla manciata di regole della 3.5 si è passati a un manuale di quasi 170 pagine, senza mai complicare le dinamiche del gioco, perché la forza di Dungeonslayers sta proprio nella sua semplicità. Anche se rivolto all’attenzione dei giocatori nostalgici amanti della scatola rossa, lo trovo ideale per avvicinare nuovi adepti al mondo dei GdR. Spiegare cos’è un gioco di ruolo a chi non lo conosce rimane sempre un’impresa, ma una volta sorpassato questo primo scomodo ostacolo, basteranno pochi minuti per illustrare lo svolgimento tattico di Dungeonslayers, e incominciare fin da subito a fare strage di goblin ed orchetti.

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INTERVISTA PER IL BLOG “GIOCHI DI RUOLO”

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Riporto la recente intervista rilasciata una decina di giorni fa per il blog “Giochi di Ruolo“.

Descrivere il progetto di GM Willo è come cercare di dipanare una matassa infinita che ha nel suo centro la creatività. Visitando il sito www.willoworld.net ci si trova davanti ad una serie di brezze il cui profumo inneggia alla anarchia pura ma, sotto una sola bandiera CREATIVITA’, una parola che fa paura. Giochi di ruolo altra parola che fa paura ma quando è nata questa passione a GM Willo:

“Nasce quando avevo all’incirca sedici anni, di conseguenza verso la fine degli anni ’80. All’epoca il gioco di ruolo era un fenomeno di nicchia in Italia e forse proprio per questo motivo mi incuriosì. C’erano alcuni compagni di classe al liceo che giocavano questo fantomatico D&D, ma non avevo idea di cosa fosse. Solo in un secondo tempo, dopo essermi avvicinato al concetto grazie soprattutto ai libri-game, molto in voga all’epoca, entrai a fare parte del gruppo. L’impatto fu sicuramente entusiasmante; a quell’età un’esperienza di gdr ti può cambiare la vita, ma solo se ci sei portato. Molti ragazzi di quel primo gruppo hanno poi smesso di giocare dopo qualche mese, mentre gli irriducibili giocano tutti ancora oggi, a distanza di più di vent’anni. Il gdr ti prende o non ti prende, semplicemente… All’inizio la cosa che ti affascina di più è senz’altro la possibilità di evadere, e nessun gioco, neanche il videogame più all’avanguardia con la grafica che spacca il culo può regalarti le stesse sensazioni che ti può dare un buon DM. In seguito capì la forza del gruppo… quando un gruppo di ragazzi incomincia a condividere il tavolo di gioco assiduamente, si formano dei legami molto forti. A un certo punto non sapevamo più se ci ritrovavamo per giocare o se giocavamo per ritrovarci; il gioco e l’amicizia andavano di pari passo… Sottoscrivo ogni punto del mio recente articolo “5 buone ragioni per insegnare ai vostri figli a giocare di ruolo”. I gdr hanno grandi potenzialità, certo bisogna saperli dosare… Nel mio caso potrei dire che mi hanno distratto dagli impegni scolastici (e non fui il solo del mio gruppo), ma in compenso ho sviluppato molti interessi e oggi sono un buon autodidatta, basta pensare che conosco alla perfezione l’inglese, faccio il blogger, leggo e scrivo molto. Tutto questo lo devo soprattutto ai gdr, che hanno questa meravigliosa capacità di stimolare la creatività dei giocatori.”

Personalmente penso che ciò che una persona ha dentro nel creare, sia una cosa che nessuna domanda può rispecchiare, stai facendo un lavoro di aggregazione fantastico, vorrei che tu parlassi di cosa stai facendo, di quali sono i tuoi propositi che, esortassi chi ha un lampo, una idea in tal senso a proseguire dicendogli secondo te perché è importante.

“Il processo creativo ti deve dare qualcosa in ritorno nel momento in cui lo porti avanti. Non puoi creare pensando ad un compenso successivo… crei per divertirti e per sondare i tuoi limiti… se poi qualcuno ti dice “bravo” o addirittura è disposto a pagarti, tanto meglio, ma tutto ciò è superfluo. Non automaticamente ogni giocatore di ruolo ha la stoffa del creativo. Di solito lo sono quelli che hanno accettato la sfida del DM, ruolo impegnativo ma a suo modo gratificante. Conosco anche giocatori che non amano fare il DM, e sono proprio loro che sentono meno questa spinta creativa. Fare il Master, studiare un’avventura, metterci del proprio o addirittura costruire una campagna di gioco con tanto di storia, personaggi e via dicendo è un processo molto complesso. Da lì a scrivere una storia, un racconto o un romanzo il passo è breve. Da quando gioco ai gdr ho sempre sentito lo stimolo di creare. Se non gioco, se non ho un gruppo con cui giocare, allora mi metto davanti al computer e scrivo storie oppure invento giochi. Entrambi i sistemi mi soddisfano, perché mi fanno sentire attivo. Non amo molto i videogiochi, non perché non siano belli, intendiamoci, ma perché so che potrei rimanerne coinvolto, e non mi va di buttare via del tempo che potrei impiegare in maniera attiva. A quelli che si mettono a scrivere, a creare, che hanno un progetto in testa e lo vogliono portare avanti dico semplicemente di buttarsi senza paura di fallire. Ripeto, l’esperienza creativa è fine a sé stessa. Quando al termine del lavoro ci ritroviamo tra le mani qualcosa di definitivo, reale, che ci piace e ci soddisfa, tutto il resto è in più. Perché alla fine anche quello è solo un gioco.”

Creare emozioni è raro. Trovare emozioni è unico, cercare di raggiungere i due livelli è paradisiaco, personalmente penso che portare avanti un progetto come quello di GM Willo, sia non solo amare la creatività ma amare le persone!

FONTE: http://giochiamogratis.blogspot.com/2011/08/gm-willo-e-il-mondo-che-vorrebbe.html

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5 BUONE RAGIONI PER INSEGNARE AI VOSTRI FIGLI A GIOCARE DI RUOLO

17 commenti

Questo intervento, apparso su alcuni blog americani, è un esplicito invito a conoscere il gioco di ruolo rivolto ai genitori. L’ho trovato, nella sua semplicità, estremamente vero. Io l’ho riportato alla mia maniera, traducendolo e riarrangiandolo per Storie di Ruolo.  

Incoraggiate i vostri figli ad usare l’immaginazione… comprateli un gioco di ruolo!

C’è qualcosa in questi giochi che non potrà mai essere trasmessa attraverso un film o un gioco per computer, per quanto buona possa essere la tua scheda grafica. Si può acquistare una copia di Dungeons & Dragons per molto meno di un gioco nuovo per PC, ma esistono decine di buoni giochi a prezzi ancora più bassi, o altrimenti se ne possono scaricare a centinaia di quelli gratuiti pubblicati in rete.

In passato D&D è stato accusato da gruppi religiosi e genitori fanatici di essere causa di alienazione per i teenagers e addirittura di avvicinare i ragazzi al satanismo. Ecco invece cinque buoni motivi per insegnare a vostro figlio a giocare di ruolo.

1. Il Gioco di Ruolo incoraggia il lavoro di squadra.
In Dungeons & Dragons, i giocatori assumono il ruolo di avventurieri con i loro vantaggi e i loro limiti. Per completare la missione, i vostri figli dovranno capire come combinare le abilità uniche del proprio personaggio con quelle dei loro compagni di squadra per risolvere indagini, sconfiggere nemici e completare le prove assegnate loro dal Master, colui che guida il gioco.

2. Il Gioco di Ruolo incoraggia la lettura.
D&D si gioca con carta, matite e un set di dadi. Non viene installato su un computer o giocato su una console. In pratica i vostri figli si ritroveranno a sedere attorno a un tavolo ad aprire un libro. E si divertiranno, perché la storia e le meccaniche di gioco sono interessanti e coinvolgenti. Non stupitevi se dopo aver giocato a D&D per un po ‘, improvvisamente proveranno interesse per la lettura di romanzi fantasy. Di solito si incomincia con delle saghe strettamente legate al gioco, come la Dragonlance ad esempio, per poi aprirsi a letture più impegnative.

3. Il Gioco di Ruolo incoraggia una positiva interazione sociale.
D&D incoraggia i tuoi figli ad interagire faccia a faccia con i propri amici, piuttosto che su internet in modo anonimo con degli sconosciuti. Con tutta probabilità, se si mettono due o più adolescenti in una stanza e li lasciamo lì per un’ora, ci sarà un conflitto, ma lavorare sui conflitti ed interagire con i propri coetanei insegnerà loro quelle tecniche di comunicazione che si dimostreranno utili una volta diventati adulti.

4. Il Gioco di Ruolo stimola l’immaginazione e la creatività.
È probabile che dopo aver vissuto le storie create dal Master, i bambini sentiranno la necessità di scrivere le proprie avventure. Inoltre, le bellissime illustrazioni nei libri di D&D ispireranno molti artisti in erba a fare le proprie illustrazioni o a scrivere dei fumetti.

5. Il Gioco di Ruolo è qualcosa che si può fare con i propri figli.
Proprio così! Puoi giocare Dungeons & Dragons con i tuoi bambini e passare delle belle serate insieme a loro. Potrai avere la grande opportunità per incominciare a giocare di ruolo con loro. Vi garantisco che se vi metterete a giocare a D&D con i vostri figli, imparerete molte cose su di loro che non sapevate. Inoltre vi darà l’opportunità di conoscere i loro amici e loro circoli sociali. Infine, farete sicuramente la figura del genitore in gamba!

Devo ammettere che nella mia esperienza di gioco ho potuto riscontrare ognuno dei 5 punti riportati e ne potrei aggiungere un sesto, che riguarda esclusivamente i giocatori italiani:

6. Col Gioco di Ruolo s’impara l’inglese.
Dato che molti giochi e moduli di espansione sono reperibili solo in lingua originale, i vostri figli si sforzeranno di capire ed imparare l’inglese.

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IL RICHIAMO DI CHTULHU AD AMSTERDAM

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Giocare a Chtulhu con Keeper Scott, originario di Providence, appassionato studioso del suo concittadino HP Lovercraft e ineguagliabile conoscitore dei miti, può rivelarsi un’esperienza davvero unica. Presentatosi al tavolo di gioco in un completo vagamente anni ’20, gilet, orologio da taschino, impermeabile e cappello, tutto rigorosamente nero, Keeper Scott ci ha subito trascinati nella giusta atmosfera del gioco. Dalla sua cartellina ha estratto, insieme al materiale per dare inizio all’avventura, una serie rarissima di miniature originali di Call of Chtulhu. Sorridente e felice di trovarsi nel ruolo di Custode e di poter ricreare per noi le situazioni tipiche descritte nei racconti del suo autore preferito, Scott ci ha guidati dentro uno scenario molto particolare: Amsterdam 1921.
Per cui giocavamo al Richiamo di Chtulhu in un pub di Amsterdam, un’avventura ambientata ad Amsterdam negli anni ’20 con un Custode di Providence. Wow!!!

Ne è nata un’investigazione di tutto rispetto, piena di stranezze, come solo Call of Chtulhu sa regalare. Da un locale nei pressi del porto, in fermento per i numerosi scambi commerciali con l’oriente estremo, ci siamo spostati nel negozio di un rigattiere del ghetto ebraico pieno di strani artefatti indonesiani, per poi perlustrare l’appartamento del professor Marcus, reduce da alcuni scavi archeologici nell’isola di Sumatra. Una scatola magica, contenente la statua di una bizzarra divinità, ci ha teletrasportati in uno scenario completamente diverso: la giungla indonesiana. Nel finale, come al solito, non é mancata la classica evocazione, con tanto di rituale arcano e litanie blasfeme dei bizzarri nativi dell’isola. Insomma, non ci siamo fatti mancare niente…

Il fascino del Richiamo di Chtulhu é ineguagliabile, non c’é dubbio. Quest’anno il gdr di Sandy Petersen, arrivato alla sesta edizione, compie trent’anni… ma non ne dimostra.

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DEADLANDS: La Festa degli Zombi e dei Cowboy

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– Dai sceriffo, fammi uscire di qui. Lo sai che non c’entro niente con l’assalto alla carovana…
Jim cercava di richiamare l’attenzione del suo carceriere, che nel frattempo si era affacciato sul portico nella speranza di asciugarsi il sudore che gli colava abbondantemente sulla fronte. A Pillton, piccola cittadina nel mezzo del deserto dello Utah, ad agosto si superavano abbondantemente i quaranta gradi, e la sabbia si incrostava sulla pelle come calce. Il paese, che contava poco più di un centinaio di anime, era tagliato in due dalla strada, ma potevano passare giorni prima che qualcuno arrivasse da fuori. Wilson aveva avuto la stessa idea e si era messo a sedere fuori dal saloon. Accanto a lui, in piedi dentro un completo nero che faceva sudare a guardarlo, c’era quel giornalista venuto da Salt Lake City, Henry Qualchecosa…

In quel momento la figura di un cowboy si disegnò nella distanza. L’uomo faceva fatica a rimanere diritto sul cavallo. Lo sceriffo gli andò incontro, mano alla pistola. Incuriositi, anche Wilson ed Henry si avvicinarono. Nell’unica cella della città, Jim continuava a dichiarare la sua innocenza…

L’uomo a cavallo disse di chiamarsi Ralph Anderson e di avere un disperato bisogno d’acqua. Trasportato nel locale dello sceriffo, venne rifocillato a dovere. Aveva due ferite di striscio al braccio e alla testa, e quest’ultima gli aveva fatto perdere temporaneamente la memoria. Ricordava solo il suo nome e la sua città, Hilltown, un altro buco nel deserto dello Utah. Ricordava anche che qualcosa di brutto era successo, qualcosa di molto brutto…

Ed é così che é incominciata l’avventura di ieri a Deadlands, scenario straordinario che porta i non morti nel Wild West, mischiando Tex a Lovercraft, e condendo il tutto con un bel po’ di magia rituale indiana. Lo sceriffo vuole andare a vedere cosa é successo nella vicina cittadina, ma ha bisogno di aiuto. Si uniscono a lui Ralph, che non ricorda ancora nulla, Wilson, preoccupato per la moglie che si é recata proprio ad Hilltown un paio di giorni prima, Henry, che ha in mente di scrivere un articolo per il suo giornale, e Jim, di professione pistolero, che vuole convincere lo sceriffo della sua innocenza.

Ma per i cinque protagonisti dell’avventura, il master ha in serbo delle sorprese poco piacevoli, come un’orda di zombi che li braccano dentro una casa quando cala la notte, una strana figura incappucciata che continua a combattere anche con mezzo chilo di piombo nella pancia e una ragazza messicana non morta, con una strana storia da raccontare. Alla fine, é forse meglio levare le tende, prima che gli ancestrali spiriti indiani riversino la loro rabbia su i salvatori di Hilltown, diventata nel frattempo una città di morti.

Deadlands é uno scenario davvero spettacolare, perché mischia lo spaghetti western con l’horror più classico. Le possibilità sono molteplici, la campagna praticamente infinita. Il regolamento é rapido (sul sistema di questo gioco si baserà il popolare Savage World), accurato, facile da apprendere una volta che si é capito il suo funzionamento. Carino l’uso delle carte da poker e delle fiches, che si abbinano bene all’ambientazione. Unica pecca forse é il combattimento, troppo lento e macchinoso. Lo scontro con i sette zombi e l’uomo in nero é durato più di un’ora e mezzo!! (Jim, il pistolero, si é divertito a scaricare le sue colt nella pancia degli zombi… a proposito, Jim ero io!!)

Vedi anche: http://peginc.com/games.html#Deadlands

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FATE COSTRUIRE I PNG AI VOSTRI GIOCATORI

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Spulciando tra i blog americani dedicati al gioco di ruolo, mi è saltato all’occhio l’articolo di “Ironclad Penguin” in cui consiglia ai Master di far creare alcuni PNG ai giocatori. Come afferma lui stesso all’inizio del pezzo, potrebbe sembrare strano tutto ciò, dato che se i giocatori conoscono in anticipo i PNG, si rischia di perdere il mistero dell’avventura e anche un po’ il senso del gioco. Ma Penguin non suggerisce di creare delle schede con tanto di abilità e poteri, solo dei background di personaggi che hanno qualcosa a che fare con i PG dei giocatori.

Praticamente, prima di iniziare la campagna di gioco, fate scrivere normalmente ai vostri giocatori la storia dei loro PG, chiedendo loro specificatamente di creare uno o più PNG che ruotano attorno a questa storia. Potrebbero essere vecchi amici (o nemici), parenti, ex commilitoni, compagni di classe, insomma qualsiasi cosa purché abbiano un legame particolare con il PG (un segreto condiviso, un conto da saldare, una persona a entrambi cara ecc.). Il Master potrà usare questi PNG nel corso della campagna, introdurli in momenti poco opportuni così da creare dei conflitti o dei diversivi.

Pensate ad esempio ad un guerriero un tempo innamorato di una graziosa fanciulla, scomparsa misteriosamente durante l’ultima invasione di orchetti. Mentre il gruppo del guerriero sta risalendo un dungeon dopo aver recuperato un oggetto di grande potere, egli riconosce la voce della sua amata che credeva morta. É prigioniera degli orchi in una diramazione del sotterraneo, ma il gruppo è molto provato dagli ultimi combattimenti e non è in grado di affrontare nuovi pericoli. Da questa situazione potrebbero nascere interessanti sviluppi per l’avventura.

O ancora: immaginate un gruppo di investigatori dell’incubo alle prese con l’ennesima setta di cultisti del New England. Quando i PG irrompono nel covo sotterraneo della congrega, il detective Arthur Stevenson di ritrova davanti al volto stralunato di suo padre, fedele adepto del culto di Yog Sothoth.

Insomma, se volete mettere un po’ di pepe all’avventura che avete in mente, fate preparare ai vostri giocatori una serie di personaggi interessanti da buttare nel mezzo quando meno se lo aspettano. Vi risparmierete un po’ di lavoro e ne vedrete sicuramente delle belle!

Foto di Willoclick

Leggi anche: Vi incontrate tutti in taverna

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ACTARTIUS VERSIONE 2.0.

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Actartius è un gioco di ruolo light-rules che ho scritto qualche mese fa con la collaborazione di Gabriele Pellegrini, in arte “The Keeper”. È un’ambientazione fantasy abbastanza atipica, in cui gli uomini sono maledetti e non possono morire. I giocatori devono guidare i loro personaggi alla ricerca della Dolce Signore, come viene chiamata ormai la morte.

Questa versione 2.0. presenta alcuni miglioramenti e ben 10 pagine di materiale extra. Il manuale è scaricabile gratuitamente e divulgabile secondo le norme della licenza Creative Commons Share Alike. Commenti, considerazioni e proposte di collaborazioni sono sempre molto ben accetti.

INTRODUZIONE

Actartius è un gioco di ruolo fantasy versione light ambientato in una terra senza più speranza. Quello che rimane delle grandi civiltà dell’uomo, che per secoli hanno dominato questo mondo, vive in mezzo all’oceano su una piccola e pacifica isola chiamata Escor. L’ultima grande guerra ha segnato la fine delle due grandi civiltà di maghi, e il frutto proibito del Grafal, l’albero magico dono degli dei, ha condannato i sopravvissuti ad un’amara esistenza immortale. Gli uomini, a differenza del Popolo Antico, che secondo alcuni ancora dimora nell’estremo occidente, non sono fatti per vivere per sempre. Ma il sortilegio dell’albero della vita eterna li ha costretti a strascicare i loro corpi, divenuti col passare dei secoli dei pesanti fardelli, sotto il cielo di un mondo condannato all’oblio. Da Escor gli uomini salpano verso le terre d’ombra d’oriente, infestate da terribili creature, nella speranza di trovare un rimedio all’immortalità. Ma la maggior parte di questi fanno ritorno sull’isola, e spesso i loro corpi sono mutilati oppure deformati dal fuoco magico di assurde creature. Ma nonostante tutto continuano a vivere, prigionieri di un corpo aggrappato innaturalmente alla vita. Altri credono che il segreto perduto della Dolce Signora (così viene chiamata la morte), si nascondi ad ovest, dove si dice dimori il Popolo Antico. Ma la maggior parte degli uomini di Escor ha perduto la speranza e passa i suoi interminabili giorni a viaggiare dentro i sogni fittizi dei filtri magici.

SCARICA ACTARTIUS PDF 43 PAGINE

Leggi anche: Morbo, il gioco di ruolo di Morbus Gravis

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MA NON SI DOVEVA GIOCARE?

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La serata è una di quelle dei fine settimana autunnali, troppo fredda per rimanersene sui motorini a chiacchierare, troppo lunga per sgommare e prendere la via di casa. L’intenzione è quella di giocare al vecchio D&D, un’avventura improvvisata del solito Master, che come un prestidigitatore è capace come pochi di estrarre dal suo cilindro una confezione gran formato di emozioni all’ultimo tiro di dado. Tutti sono d’accordo, ma ancora nessuno ha tirato fuori i dadi e le schede. Si rimane sulle sedie, coi giubbotti addosso perché nella cantinetta adibita a sala gioco fa un po’ freddo, e con le birre rigorosamente in mano.

Tra un sorso e l’altro, escono fuori i soliti quesiti di gioco…. “Ma secondo voi, un chierico legale, nonostante gli sia vietato usare Fear, sa come tirare l’incantesimo? Cioè, voglio dire, se è in pericolo di vita, può provare a tirarlo per poi cercare di redimersi col suo dio?”
“Beh, teoricamente potrebbe, ma come Master non lo consentirei.”
“Che poi la questione dell’allineamento è totalmente soggettiva, non vi pare?”
“Soggettiva un corno! Le regole son quelle…”
“Ma dai!”

Intanto il Master ha tirato fuori lo screen. È un buon segno… Vuol dire che stiamo per incominciare. Ma nel frattempo due del gruppo hanno già finito le loro bottiglie da 66cl, e cercano famelicamente con gli occhi le buste della scorta. Un rutto rompe il silenzio, qualcuno accende un cicchino, il Master scribacchia dietro l’immagine di un drago e intanto sono già le dieci di sera.

“Boia, ma quante birre avete portato stasera?”
“Meglio, no? Di solito a quest’ora son quasi finite…”
“Eh si, ma così col cavolo che giochiamo…”
“Perché?”
E intanto, con l’aiuto di un cacciavite, vengono aperte altre due Splugen da tre quarti.
“Guarda che hanno i tappi a vite.”
“Cosa?”
“I tappi… ce li hanno a vite.”
“Ah… figo…”

Finalmente il Master alza il capo e guarda noi giocatori riuniti attorno al tavolo. Schiarendosi la voce, annuncia: “Allora ragazzi, vogliamo iniziare?”
“Era l’ora…” esordisce uno del gruppo, estraendo da una borsa un pacco di schede ripiegate, legate insieme da un laccio di cuoio. Qualcuno apre i propri sacchetti di dadi e li fa ruzzolare sul tavolo. Il tavolo è un campo da battaglia su cui sono disseminati graffiti, intagli e bruciature di sigarette.

“Posso giocare il mio nano chierico, quello con l’artefatto di Godrin?”
“Eh no. Ti ho detto che partiamo dal quarto livello…”
“Vabbé, gli impongo di contenersi…”
“NO!!”
“Va bene… Allora vengo con l’elfo scuro, quello del terzo… ok?”
“È un’avventura per una compagnia legale. Posso consentire dei neutral, ma non dei caotici…”
“Cavolo, non è possibile…”

In quel momento il rombo di una Speed Triple annuncia l’arrivo del ritardatario di turno. “Se non ha portato le birre non farlo entrare, ti prego…”
“Come se non bastassero…”
“Ciao ragazzi, avete già incominciato?” domanda un’ombra con il casco ed un sacchetto del discount in mano contenente altre quattro bottiglie da 66.
“Ottimo, la birra fatta coi calzini sudici!!” commenta uno, strappando dalle mani del nuovo arrivato la refurtiva.
“Insomma ragazzi, ma non si doveva giocare?” chiede un altro, leggermente stizzito.
“Si, certo… si doveva…”

Leggi anche: Mamma non preoccuparti mamma, la serata la passo col mio amico Cthulhu…

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