LA STORIA DEL GIOCO DI RUOLO: Parte Nona

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di Steve Darlington

Traduzione e adattamento di GM Willo

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L’INIZIO E LA FINE

Il 1990 aveva portato un grande cambiamento all’industria. Vampire aveva catturato i cuori e svuotato i portafogli dei vecchi e dei nuovi giocatori, rivoluzionando l’intero processo di marketing. Fu il primo gioco dai tempi di D&D a fare il botto sul mercato del tempo libero, e divenne quasi altrettanto popolare. Pertanto, come D&D, lo stile e la progettazione del gioco vennero copiati fino alla nausea, cambiando sostanzialmente i contenuti e la concettualizzazione del GdR.
Ma la reazione contraria a questo movimento fu altrettanto forte, e riuscì a spostare l’attenzione dai giochi maturi a quelli più leggeri basati più che altro sull’azione. L’hobby si divise in due correnti antagoniste, una divisione che è continuata nel tempo. Ma mentre le due parti litigavano, qualcosa di nuovo entrò prepotentemente sul mercato, qualcosa di straordinariamente unico, che avrebbe cambiato per sempre l’intero mondo del gioco. E fu talmente popolare e commerciabile che sembrava capace di creare denaro dal nulla. Il suo nome era Magic.

C’era una volta Richard Garfield, un semplice matematico di New York con un talento particolare per il game design. Stava progettando un gioco per ammazzare il tempo che trascorreva in fila alle convention, quando ebbe un’idea.
Garfield ammette che l’idea di Magic gli venne spendendo un sacco di tempo nei negozi di giochi e modellismo, dove spesso si potevano trovare fumetti e figurine da collezione. Queste carte lo affascinavano ma lo lasciavano nel frattempo insoddisfatto, perché alcune di queste erano così ben fatte che sembrava un peccato non poter fare altro che guardarle. Di lì nacque l’idea del gioco di carte collezionabili.
E così, alla fine del 1993, venne pubblicato il primo Collectible Card Game o CCG, Magic: The Gathering. Garfield si rese subito conto delle potenzialità del nuovo gioco e della sua incredibile forza innovativa, tanto che l’uscita di Magic poteva essere tranquillamente comparata alla realizzazione del primo boardgame.
Tuttavia, Garfield non si aspettava che il gioco diventasse tanto popolare così in fretta, e non si aspettava neanche che la gente potesse arrivare a tanto per riuscire ad impossessarsi dell’intera collezione. L’idea iniziale era quella di immettere sul mercato carte rare e speciali per rendere il gioco più imprevedibile, dato che nessuno all’epoca avrebbe mai pensato che i giocatori arrivassero a spendere cifre da capogiro per una singola carta.

Di certo non si può incolpare Garfield del maniacale desiderio di avere un “super mazzo” che colpì moltissimi giocatori (neanche lui ne possiede uno completo!), anche se questo fenomeno lo rese sfacciatamente ricco. Non si può dire lo stesso per la Wizards of the Coast, che con le vendite di Magic diventò una delle più grandi aziende di gioco sul mercato. Macinando edizione dopo edizione, Magic è stato il precursore del mercato dei CCG, con decine di set di espansione. Veniva giocato in tutto il mondo da milioni di persone, con tornei e classifiche sia a livello nazionale e internazionale, e i prezzi delle carte riuscirono a raggiungere quote inimmaginabili. Nessuno altro fenomeno ludico poteva sul mercato contrastare Magic.

E questo fu solo l’inizio. A ruota arrivò una legione di imitatori, ognuno dei quali apportò qualcosa di suo al neonato gioco. Lo stesso Garfield rilasciò tre nuovi CCG, tra cui il brillante Netrunner. Come successe con i giochi di ruolo negli anni ottanta, ogni singolo film, serie TV, fumetto e GdR doveva avere il suo gioco di carte collezionabili, così uscirono in rapida successione i vari Star Wars, Star Trek, Babylon 5, D&D, Vampire, Werewolf, Call of Cthulhu, Middle Earth, Marvel Comics, The Crow, Highlander, Hercules, Xena, James Bond e molti altri. Due di questi, Shadowfist e Legend of the Five Rings, furono capaci di ispirare dei giochi di ruolo, e alcuni vennero progettati per lavorare come parte di sistemi di GdR. Altri, come ad esempio Dragon Storm ed Arcadia: The Hunt Wyld, introdussero elementi di ruolo nelle loro dinamiche di gioco.

La mania della raccolta ha poi ispirato i giochi di dadi da collezione. La TSR fece da apri pista con l’ingegnoso wargame Dragon Dice, che fu seguito da una linea più breve di cloni, come Dicemaster, Chaos Progenitus, e un altro a tema Star Trek. Tuttavia, il genere non è mai riuscito veramente a decollare, e solo Dragon Dice ha mantenuto una presenza costante.
I CCG si sono invece rivelati più longevi, anche se col tempo hanno perso lentamente popolarità. Quasi tutti i giochi rilasciati con troppa fretta nella metà degli anni novanta sono scomparsi nell’oblio. Magic invece è rimasto, così come i crossover più commerciali (Star Wars e Star Trek).

Grazie a questa nuova idea ci fu un rinnovato interesse nell’utilizzo delle carte e dei dadi, ispirando la produzione di giochi più standard. I CCG avvicinarono molti nuovi giocatori al mondo dei giochi, anche se a metà degli anni novanta diversi roleplayers non videro di buon occhio questi neofiti. Le “cartine” avevano invaso il mercato, prendendo il posto dei GdR sugli scaffali dei negozi, un po’ come era successo agli wargames negli anni ottanta con l’avvento dei giochi di ruolo. Ma di gran lunga peggiore rispetto alla perdita di popolarità fu la perdita dei profitti, e per questo motivo molti decretarono che la fine dell’industria del GdR era vicina.
Nessuno conosce davvero la causa del crollo del settore dei GdR. È forse semplicistico dare tutta la colpa ai CCG, anche se devono aver avuto un effetto notevole sul mercato, dato che gli elevati costi delle “cartine” limitavano di conseguenza gli altri acquisti. Di certo c’è solo che verso la metà degli anni novanta le vendite dei GdR crollarono e l’industria subì un grave arresto. Ciò non significò automaticamente la fine del settore, ma vi furono sufficienti motivi per preoccuparsi. Era necessario un capro espiatorio, ed era fin troppo facile puntare il dito sui giochi di carte collezionabili.

Un brutto colpo si ebbe anche quando nel 1996 la Wizards of the Coast annunciò che avrebbe abbandonato la sua intera linea di GdR per concentrarsi esclusivamente sulla vendita dei CCG. In quel periodo la Wizards stava pubblicando alcuni giochi molto amati come Ars Magica, Everway e SLA Industries. Per alcuni questo tradimento fu qualcosa di abominevole, e fornì la prova definitiva del potenziale distruttivo delle malefiche “cartine”. Dopo questa imbarazzante decisione, la Wizards venne disprezzata ancor più della White Wolf.

Tuttavia, anche i più grandi profeti di sventura e i nemici giurati dei CCG non avrebbero potuto prevedere quello che successe dopo. Nel 1997 la TSR, la più grande, antica e venerata azienda di giochi di ruolo, dichiarò bancarotta. Mentre alcuni davano semplicemente la colpa allo scarso senso degli affari della società e agli inutili investimenti in troppe direzioni diverse, l’evento mandò un messaggio agghiacciante ad ogni roleplayer: se D&D poteva cadere, allora nessuno era al sicuro.
I giochi della West End, un altro gigante del settore, fecero ben presto la stessa fine, perché questi erano i tempi. Le aziende più piccole crollarono, le riviste fermarono le loro pubblicazioni, i negozi furono costretti a concentrarsi sui CCG per rimanere a galla. Ma poi tutto questo rincominciò lentamente a girare. Sia la TSR che la West End tornarono a produrre, insieme ad un sacco di nuove linee ed aziende. L’industria stava iniziando a fiorire ancora una volta.

Ma i giocatori avevano imparato una lezione importante da tutto questo. Si sapeva che non era facile fare soldi nel settore dei GdR, ma veniva anche dato per scontato che i grossi nomi erano sicuri. Infatti, molto spesso le compagnie più grandi venivano criticate per il loro status aziendale, dato che partivano dal presupposto che importava investire più sul marketing che sulla creazione di buoni giochi. Ma nel momento in cui la più grande azienda del settore crollò, tutti dovettero riflettere sulla dura realtà del business legato a questo particolare hobby, acquisendo così una maggiore consapevolezza sulle tribolazioni di questo mercato, e quindi un maggiore apprezzamento per il lato creativo della produzione.

La fine della TSR portò anche un bisogno di commerciabilità (e quindi di sopravvivenza), aspetto che diventò fondamentale nella produzione dei giochi futuri. Alcuni di questi iniziarono ad utilizzare delle trame molto dettagliate che richiedevano svariati manuali di espansione. In alcuni casi, i giocatori erano costretti ad impegnarsi ad acquistare un’intera linea di giochi per ottenere il massimo risultato da questi. Si trattò di una mossa che naturalmente portò molte critiche, ma la maggior parte dei giochi evitò di spingersi così lontano. Era un periodo in cui veniva data ai giocatori un’ampia scelta, e questo era solo un bene per l’industria perché permetteva la produzione di più giochi.
Tuttavia, il nuovo approccio risultava anche essere proibitivo per i nuovi roleplayers, e nell’affezionarsi ad un singolo prodotto, si limitava automaticamente la variazione e l’esplorazione.

Un’altra conseguenza di questa necessità da parte delle aziende di concentrarsi sul marketing, fu una rinnovata attenzione commerciale al crossover. Sebbene The Babylon Project non riuscì ad incassare come qualcuno si aspettava, Star Trek: The Next Generation ebbe un notevole successo, e dette una spinta importante all’industria. Altri simili episodi sono stati Hercules, Xena e Sailor Moon.

Ci fu anche un aumento dei giochi “retrò” e un ritorno ai successi commerciali del passato. GURPS ripubblicò il popolare Travellers and Bunnies and Burrows insieme ad altri piccoli giochi di nicchia. La TSR, in particolare, ripropose le classiche avventure, e supplementi d’espansione. Per celebrare il venticinquesimo anniversario dalla nascita dell’azienda e dell’hobby in generale, la TSR rilasciò molti prodotti in versione “silver” inclusa la campagna di gioco più famosa in assoluto, le Cronache della Dragonlance.
Ma vi era anche una certa abbondanza di nuovi generi e idee. Giochi come Fading Suns, Alternity e Trinity riportarono alla ribalta la fantascienza. Deadlands fu il primo gioco western mai realizzato ed ebbe una delle ambientazioni più originali di sempre. Il mondo di Cthulhu fu notevolmente ampliato, la Pagan Publishing ci dette l’ambientazione moderna di Delta Green, oltre che a Conspiracy X di per gli appassionati di X-Files. Questi, insieme a Don’t Look Back, rinnovarono il genere horror.
Il Noir ci portò giochi come Sam Spade e Mickey Spillane. La Steve Jackson Games fece un passo coraggioso nel mondo dei demoni e degli angeli con In Nomine. La Dream Pod 9 mantenne vivo il genere post-apocalittico con Tribe 8, mentre la nuova arrivata AEG ripropose il mondo del Giappone feudale con il brillante Legend of the Five Rings, senza dimenticare l’impressionante Unknown Armies.

Il gioco diventò anche più internazionale. Il suddetto In Nomine si basava su un gioco francese, come d’altronde il prodotto della Chaosium, Nephilim. Arrivarono giochi dalla Scandinavia, dalla Germania, dal Giappone e dal Brasile. Questo portò un maggiore apprezzamento verso i mercati e le idee non-americane, stimolando l’industria a produrre giochi ancora migliori.
Nel frattempo vecchi colossi come la Steve Jackson Games, la Chaosium, la White Wolf e la WotC / TSR continuarono a produrre linee di alta qualità, con un occhio doveroso al marketing. Gli anni novanta avevano mostrato la fragilità dell’industria, nonostante la forza immaginifica dei prodotti che venivano pubblicati. Era bastata una nuova moda a far tremare le fondamenta di un hobby che per oltre vent’anni non aveva fatto che crescere ed espandersi. Ma alla fine di questi anni pieni di incertezza il gioco aveva trovato la forza di reinventarsi come era già successo in passato.

Che la popolarità di un hobby come il gioco di ruolo sia inevitabilmente legata alla sua forza commerciale è purtroppo una verità alla quale nessuno può sottrarsi. E gli anni successivi, quelli in cui i MMORPG sono diventati ingiustamente sinonimo di “gioco di ruolo”, hanno nuovamente confermato questa regola. Ma gli anni duemila non verranno trattati in questa storia, che si è concentrata volutamente sul periodo d’oro di questo meraviglioso hobby, che nonostante gli acciacchi e le delusioni continua ad appassionare ancora milioni di persone.
Il game design è sicuramente una forma d’arte poco riconosciuta, che in venticinque anni, grazie ad alcuni brillanti autori, ci ha permesso di leggere e giocare decine di splendide ambientazioni fantastiche. In realtà per giocare di ruolo non avremo neanche bisogno di tutta questa roba, basterebbero una manciata di dadi e un buon bagaglio di esperienza e di fantasia, Ma è anche vero che solo grazie a questi pionieri del gioco che milioni di giocatori sono riusciti ad afferrare finalmente la vera essenza del GdR, Senza le loro opere, saremo forse ancora intrappolati dentro a un dungeon a dare la caccia a goblin ed orchetti.
A tutti questi artisti va la riconoscenza di noi giocatori di ruolo.

Steve Darlington Copyright © 1999 

Traduzione di GM Willo

Questo articolo NON si avvale della licenza Creative Commons

Fonte: http://ptgptb.org/0009/hist9.html

L’ultimo paragrafo in corsivo non fa parte dell’articolo originale ma è stato aggiunto dal traduttore.

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LA STORIA DEL GIOCO DI RUOLO: Parte Ottava

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di Steve Darlington

Traduzione e adattamento di GM Willo

Leggi dall’inizio

Giunsero finalmente gli anni novanta. Nell’ultimo decennio il gioco di ruolo aveva raggiunto vette incredibili, sia come industria che come nuova forma di espressione creativa. Tuttavia, col passare del tempo, le cose cominciarono a ristagnare. I successi del cinema venivano riproposti fino alla nausea e la qualità del design ne risentì notevolmente. C’era bisogno di una nuova idea per sbarazzarsi della ormai scontata esperienza in tecnicolor; un mondo di tenebre, forse…

In effetti l’inizio del movimento “dark” nel gioco di ruolo risaliva a qualche anno prima. Nel 1984, William Gibson rivoluzionò la fantascienza con Neuromancer e non ci volle molto prima che i GdR abbracciassero questa oscura visione del futuro. Nel 1988 apparve Cyberpunk 2020 (R.Talsorian Games), seguito l’anno successivo da Shadowrun (FASA) e poi da altri ancora. Shadowrun si rivelò particolarmente geniale, poiché aggiunse a questo scenario futuristico elementi di fantasia come la magia, gli elfi e i draghi. Il sistema di gioco e l’utilizzo dei dadi favoriva azioni in stile cinematografico per personaggi particolarmente potenti, caratteristica che ne favorì il suo successo. Grazie ad un flusso costante di nuove pubblicazioni sempre di buona qualità, Shadowrun è riuscito a sopravvivere alla maggior parte dei suoi concorrenti.

Una nota speciale va anche all’ambientazione CyperPunk di GURPS che, dice la leggenda, fu confiscata in un raid dei servizi segreti perché credevano fosse un manuale di criminalità informatica. La verità è che il raid venne richiesto come conseguenza di un’indagine nei confronti di un dipendente della Steve Jackson Games. Non fu trovata alcuna prova, ma gli operatori dei servizi segreti sequestrarono molti documenti, files, e interi computer, causando gravi problemi finanziari all’azienda. Quando esaminarono tutto questo materiale, il manuale di Cyberpunk catturò la loro attenzione e venne mal interpretato. Per ragioni sconosciute, ma forse solo per giustificare il curioso raid, il gioco attirò su di sé un sacco di critiche, e in seguito gli stessi Servizi Segreti cercarono di sopprimere la sua pubblicazione. Tuttavia questo fu probabilmente dovuto più a dei banali problemi burocratici che all’effettiva convinzione del potenziale negativo del gioco.

Poco dopo il genere cyberpunk ispirò lo steampunk, trasportando lo stesso tipo di impostazione darkeggiante all’interno di un’Europa Vittoriana in cui la rivoluzione industriale è talmente avanzata da essere oramai fuori controllo, proprio come succede con la scienza informatica nell’ambientazione cyberpunk. Seguirono subito diverse pubblicazioni, ma probabilmente il miglior episodio di steampunk fu Space: 1889. Gli amanti degli aspetti più picareschi dell’epoca vittoriana preferirono invece Castle Falkenstein. Questo, esattamente come Shadowrun, aggiunse la magia allo scenario, più alcune affascinanti meccaniche di gioco basate sulle carte, e una generazione di personaggi che permetteva lo sviluppo di un diario dell’avventuriero.
Da allora entrambi i generi cyberpunk e steampunk hanno oscillato in popolarità, senza però mai veramente superare il culto di nicchia. Hanno, tuttavia, aperto la strada ad un nuovo tipo di gioco.

A GenCon nel 1991, Mark Rein-Hagen presentò un gioco che riuscì nuovamente a rivoluzionare questo hobby, arricchendo notevolmente la sua azienda. Il gioco si chiamava Vampire: The Masquerade e la società era la White Wolf. Rein-Hagen aveva in precedenza lavorato ad Ars Magica e portò alcune delle sue geniali idee sulla narrazione epica a questo gioco. Tuttavia Vampire era molto di più. Catturò l’orrore soprannaturale di Cthulhu, il grintoso, paranoico ed oscuro feeling di Cyberpunk, introducendo eroi ultraterreni con poteri eccezionali che erano, nell’immaginario dei giocatori, molto accattivanti. Infine, si fece largo agevolmente all’interno del già esistente e popolare movimento culturale del ghotic.
Uscendo praticamente in contemporanea con le pellicole de Il Corvo, Intervista col Vampiro e Il Ritorno del Cavaliere Oscuro che portarono il genere ghotic alla ribalta, Vampire venne investito da un’ondata di popolarità che riuscì a cavalcare fino in fondo. Divenne rapidamente molto popolare tra i navigati giocatori di ruolo, ma lo fu ancora di più tra i neofiti, ed infatti Vampire avvicinò molti più nuovi giocatori di quanto riuscì a fare a suo tempo Star Wars.

Era così popolare che ispirò a breve quattro nuovi manuali con tematiche simili: Werewolf: The Apocalypse, Mage: The Ascension, Wraith: The Oblivion e Changeling: The Dreaming, che insieme costituiscono il “World of Darkness“. Questi giochi erano strettamente legati a Vampire per la profondità della loro impostazione e lo stile chiaramente drammatico, e produssero inoltre una grande quantità di supplementi, concentrandosi sui diversi tipi di personaggi, sulla geografia, la politica, la storia e l’etica di ogni senario. Solo D&D e GURPS possono competere in numero di pubblicazioni.

Vampire, come successe a suo tempo a D&D, ispirò lo show televisivo Kindred: The Embraced, che allo stesso modo del cartone animato degli anni ottanta, venne odiato da quasi tutta la comunità di giocatori di ruolo. Lo spettacolo venne cancellato dopo solo una manciata di episodi. Tuttavia, il fatto che la Spelling Studios abbia investito su un simile prodotto dimostra quanto Vampire fosse diventato popolare. Fu un altro passo importante nella storia del GdR.

Vampire costituì un nuovo genere di gioco di ruolo, accanto alla fantasy, la fantascienza, i supereroi e, in piccola parte, all’horror. Dopo Vampire, il “punk gothic” divenne ufficialmente parte di questa lista. Davanti al clamoroso successo dei giochi del World of Darkness, le aziende non persero tempo ad entrare in azione, rilasciando giochi come Witchcraft, Nephilim, In Nomine, Nightbane, Warlock, Immortal, Armageddon, Trinity, The Everlasting, The Whispering Vaultm e Unknown Armies, i quali devono tutti qualcosa a Vampire. E così Vampire deve anche molto ai suoi predecessori come il terrificante ed oscuro Chill, Kult and Blood.

Non era solo l’ambientazione di Vampire ad essere popolare. Forse il suo più grande contributo all’hobby (che divenne, come vedremo in seguito, anche una rovina) fu il fatto che la sua popolarità convinse molti a copiare le sue regole e il suo stile, così come la sua ambientazione. Ciò causò un’altra piccola rivoluzione all’interno del mondo del GdR. Le regole di Vampire erano geniali, eleganti e abbastanza semplici (a parte il contorto sistema di combattimento), il tutto modellato brillantemente per ricreare una forte atmosfera e un gioco di grande impatto emotivo. Vampire ricordava il precedente Pendragon nel modo in cui trasmetteva pathos ed emozione ai suoi personaggi e alle loro storie. Incoraggiò anche il gioco per un lungo periodo di un singolo personaggio, proprio come il derivante Ars Magica. Ciò che veramente lo distingueva era il materiale di base estremamente dettagliato, tanto da poter rivaleggiare con quello di Tekumel o Glorantha, e per la prima volta questa aspetto delle regole divenne forse il più importante di tutti.

Nessuna di queste idee era di per sé innovativa, ma l’averle presentate in una confezione così appetibile e commercializzabile, fece si che diventassero molto popolari. Giochi poco chiari, con regole complesse o male realizzate non erano più tollerati. Per poter vendere, la produzione di un gioco doveva essere professionale, dal modo in cui veniva scritto, alla qualità dell’editing, all’impaginazione, e con un occhio di riguardo per le illustrazioni.
Tuttavia, questa enfasi riguardo allo stile oltre che alla qualità ebbe l’effetto di ridurre la sostanza delle nuove produzioni. Il mondo dei giochi dark è sicuramente responsabile di questo ristagno creativo. Ogni manuale di questo genere era una piccola opera d’arte visiva, anche se deludente in termini di contenuti e regole.

Un’altra critica rivolta a questi giochi riguardava la loro devozione all’ambientazione, un aspetto in cui ancora una volta eccedevano. The World of Darkness è un mondo incredibilmente suggestivo, ricco di dettagli e altamente drammatico, in cui possono essere ambientate un’infinità di storie straordinarie. Tuttavia, proprio come il Tekumel di Barker o il Glorantha di Stafford, era proprio il suo fascino che lo limitava. Per giocare correttamente il gioco era necessaria una completa conoscenza dello scenario, del mood e del gergo di questo mondo, qualcosa di non facile e poco accessibile ai novizi. La White Wolf provò ad arginare questo problema rilasciando una grande quantità di materiale introduttivo, ma questo non fece che peggiorare la situazione incrementando la complessità del setting.
Di per sé, questi difetti non erano un problema, ma con il diffondersi di queste idee in un settore ansioso di emulare il successo della White Wolf, tali difetti divennero degli standard.

Vampire ci ha regalato l’Età del Setting. Un tempo, i giochi avevano più o meno tutti la stessa impostazione, e lo stile delle regole era la cosa che contava di più. Dopo l’avvento di Vampire, un gioco di ruolo non avrebbe potuto vendere a meno che non proponesse una scenografia profonda e suggestiva, un’ambientazione piena di intricati giochi politici e potenti figure mitiche, un’esposizione artisticamente adeguata e, soprattutto, una serie infinita di supplementi per spiegare tutto.
In questo periodo vennero prodotti alcuni nuovi incredibili scenari di gioco e si potenziò notevolmente alcuni aspetti del game design, a discapito però di una migliore progettazione di un sistema di gioco, cosa che risultò molto negativa per l’industria in generale. L’idea che ogni nuovo gioco dovesse seguire questo stile precluse la possibilità di esplorare altre direzioni. Tuttavia, una marginalizzazione ancora maggiore venne da un’altra particolarità dei giochi della White Wolf.

Vampire coniò l’epoca del gioco “serio”, grazie ad una maniacale devozione nel presentare una certa ambientazione per poi evocarla nel modo più reale possibile. L’idea di fondo era quella che il gioco di ruolo fosse una forma d’arte collaborativa in cui giocatori e narratore raccontassero ad un pubblico inesistente una determinata storia. Ancora una volta, questa intuizione fu straordinaria, e apriva la strada a un approccio di gioco completamente nuovo, ma accettando questo nuovo stile come unico modo per giocare di ruolo, si precluse ogni altra sperimentazione. I giochi di ruolo venivano giudicati esclusivamente per il loro potenziale di narrazione e la forza drammatica.
Quel che è peggio è che la White Wolf dichiarò apertamente di credere a questa idea. Un senso di superiorità, addirittura di arroganza, proveniva dai prodotti dell’azienda, nei quali affermava di essere riuscita ad elevare l’hobby dal suo infantilismo ed a salvarlo dalla decadenza. Questo fatto creò più di una polemica nei confronti della White Wolf da parte di chi non era affatto d’accordo con la sua visione. Molti giocatori erano ancora dell’idea che i GdR dovevano essere divertenti, e che non bisognava prenderli troppo seriamente. Così la White Wolf divenne il male laddove la TSR era il bene, e fu il bersaglio per innumerevoli scherzi e parodie.

Questo screzio fomentò un nuovo movimento nel game design, con i giocatori che tornarono a guardare in modo più positivo l’accessibilità dei giochi degli anni ottanta. La voglia di semplicità non si estese solo all’ambientazione, ma anche alle regole. Il mercato fu invaso da diversi prodotti “light-rules”, in cui le complesse regole che negli anni ottanta coprivano ogni possibile aspetto del combattimento, divennero totalmente superflue. Ora si cercavano delle regole semplici e veloci, che permettevano ai giocatori di lasciare a casa le loro calcolatrici e potersi dedicare tranquillamente a spaccare qualche testa.
Per gli appassionati dei film d’azione, si ebbero il geniale Hong Kong Action Theatre e Vengeance Extreme. L’influenza degli “anime” ci ha dato Bubblegum Crisis e Big Eyes, Small Mouth. Il classico gioco di supereroi Champions fu condensato nel più semplice sistema Fuzion. Anche GURPS rilasciò una versione “light” delle sue regole, e le altre aziende non furono da meno. Ma il re di tutti i giochi d’azione di quel periodo fu senza dubbio Feng Shui. Sviluppato da Robin D. Laws, questo gioco proponeva un sistema semplice ma robusto, catturando perfettamente l’atmosfera del film d’azione asiatico e incoraggiando i giocatori ad esibirsi in acrobazie che sfidavano la morte. Inoltre, esso forniva una campagna di gioco ben congegnata per poter essere sviluppata in molteplici direzioni, cosa che ben pochi giochi d’azione possono vantare.

Anche il crossover tornò di moda in quegli anni con alcuni buoni prodotti come Heavy Gear e Warzone, e si ebbero anche dei brillanti giochi satirici (Hal e Macho Women with Guns). Questi episodi di leggerezza celebrarono il ritorno al divertimento, portando aria nuova nel ristagno troppo serioso della White Wolf. Erano l’equivalente più violento di Toon, e si basavano primariamente sul desiderio di uccidere più roba possibile.
Un altro gioco che minimizzò le regole fu Over the Edge. In un’ambientazione di un’isola psico-surreale dove ogni teoria della cospirazione è possibile, un sistema di regole libero è esattamente quello che ci vuole. OTE è riuscito a liberarsi di quasi tutte le regole, lasciando che i giocatori costruissero i loro personaggi esattamente come volevano. Questa idea era più vicina alla nuova tendenza dei “metagmes”, tra i quali si annovera il notevole e rivoluzionario FUDGE (Freeform universale Do-it-yourself Gaming Engine).

Unknown Armies unì le due diverse linee di pensiero combinando l’approccio maturo e complesso di Vampire con l’azione in stile hollywood di Feng Shui, regalando allo stesso tempo drammatiche narrazioni colorate da abbondanti sparatorie e scazzottate furibonde. Le sue regole avevano la fluidità di Over the Edge (ricordano anche Call of Cthulhu), e la sua ambientazione era decisamente originale. Fu un prodotto che inevitabilmente racchiudeva tutte le tendenze dell’epoca.
La distinzione di questi due diversi atteggiamenti di gioco, quello volto più al divertimento e quello invece più serio, divise i giocatori in due cricche distinte che si odiavano reciprocamente, e ciò non fu un bene per l’hobby. Ovviamente ognuna delle due parti puntava l’indice sull’altra, incolpandola di aver danneggiato l’immagine del gioco di ruolo.

L’idea del gioco aveva anche fatto un giro completo. Negli anni ottanta, i giochi più complessi, con regole pesanti e troppo dettagliate, erano stati quelli più popolari, con un occhio di riguardo per il divertimento. In seguito i giochi più cerebrali e seriosi si sono liberati della complessità delle regole, diventando l’antitesi del gioco di ruolo drammatico.
La verità è che la forma, lo stile e il sistema di un GdR, così come l’ambientazione, hanno a che fare con i gusti di un giocatore. Anche lo scopo stesso e la natura dei giochi di ruolo è così varia da risultare praticamente indefinibile. Sia che ci impegniamo in un classico dungeon-crawling, o si cerchi di evocare una narrazione matura e drammatica, stiamo sempre giocando di ruolo. Esistono milioni di modi di giocare, e nessuna forma è in alcun modo superiore all’altra
Il gioco di ruolo è un’idea incredibile, e non può essere catalogata o misurata con un metro arbitrario, così come il valore dei giocatori.

Continua a leggere…

Steve Darlington Copyright © 1999 

Traduzione di GM Willo

Questo articolo NON si avvale della licenza Creative Commons

Fonte: http://ptgptb.org/0008/hist8.html

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ROLEPLAYED

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Probabilmente uno dei migliori cortometraggi (poi diventato anche web-miniserie) sul gioco di ruolo mai stati realizzati, Roleplayed affronta la questione del gdr con grande ironia. Tema centrale di ogni episodio è la formazione del “party”, ovvero del gruppo di gioco.

Qui sotto il film. Guarda anche la miniserie: Episodio 1Ep.2Ep.3.

 

 

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LE CRONACHE DI MYSTARA

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Dopo oltre dieci anni di avventure ed almeno un lustro di cambiamenti, ripensamenti e revisioni, ecco finalmente il libro che tutti i componenti del mio vecchio gruppo di gioco aspettava: Le Cronache di Mystara.

14 giocatori (ma se ne sono avvicinati almeno venti al tavolo), 22 protagonisti, 66 PNG, 1 Master… per la più grande avventura di Dungeons & Dragons mai raccontata.

Visionabile e scaricabile gratuitamente a questo link, oppure acquistabile in versione cartacea a solo costo di stampa alla pagina di Lulu, l’opera di Demiurgus occuperà regolarmente uno spazio in questo blog nei mesi a venire.

Il libro si avvale della licenza Creative Commons, Attribuzione-Non commerciale-Impegno a condividere 2.0, che ne permette la libera divulgazione in rete non a scopo di lucro, ed ha un valore prettamente informativo. Non è un materiale di gioco. Alcuni termini, nomi e luoghi di fantasia riportati fanno parte della campagna di gioco originale di Dungeons & Dragons. Non è nelle intenzioni dell’autore e dell’editore infrangere alcuna norma sul copyright.

SCARICA O VISIONA IL PDF DEL LIBRO

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Link alternativo al download: Le Cronache di Mystara 

Dettagli del prodotto
Copyright – Demiurgus (Creative Commons, Attribuzione-Impegno a condividere 2.0)
Edizione – prima edizione
Editore – Edizioni Willoworld
Pubblicato – febbraio 18, 2012
Lingua – Italiano
Pagine – 179

Rilegatura Copertina morbida con rilegatura accurata
Inchiostro contenuto Bianco e nero
Dimensioni (cm) 21.0 larghezza × 29.7 altezza

Guarda il Trailer

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INTRODUZIONE ALLE CRONACHE DI MYSTARA

IL MONDO CONOSCIUTO

Mystara è il primo piano materiale, Omphalos dell’universo conosciuto, ricettacolo degli dei. In essa la vita vibra da sempre, guidata dalla volontà di potenze eterne ed invisibili. fin dai primordi l’esistenza dei suoi abitanti scorre all’oscuro della sempiterna lotta: la danza di morte e rinascita dell’Ordine e del Disordine, tra Radiosità ed Entropia… Ogni corpo esistente, ogni spirito ed ogni divinità, scaturisce da questa polarità, da
questa tensione. Le sostanze e le qualità sono invece costituite dai quattro elementi primordiali, coloro che nell’antico idioma sono chiamati Piroos (Fuoco), Groom (Terra), Stratoos (Aria), Leidoos (Acqua).
Il Mondo è ora diviso in tre enormi continenti, Skotar, Brun e Davania. Il Grande Oceano li separa e gli abitanti dei tre continenti non hanno da tempo più contatti: da quando la grande civiltà di Blackmoore collassò, nessuna razza sopravvissuta ha mai varcato i lidi della propria patria.
Il ricordo degli antichi Slaan è quasi svanito, solo alcuni manufatti testimoniano la loro esistenza, la loro perduta grandezza, la loro sterminata arroganza. Gli Slaan furono i primi ad abitare Mystara: in breve sottomisero alla loro cultura l’intero pianeta, piegando alla loro volontà gli eventi naturali e le quattro forze: i quattro fratelli furono schiavi. Dopo la catastrofe, la vita riprese il suo corso, seguendo una via diversa, un’altra evoluzione. L’Acqua tornò ad essere pura, L’Aria si liberò dai suoi veleni, la Terra ridivenne fertile, il Fuoco arse l’intero pianeta e lo rigenerò di nuova Energia.
Quando Mystara fu di nuovo invasa dalla forza rigogliosa della natura, antiche divinità si misero all’opera per ripopolare il mondo: Bahemoth, il grande unico, il primo drago, partorì i suoi tre figli, Opale, Diamante e Perla. Dal soffio vitale di Therras nacquero gli elfi, destinati ad una lunga vita.
Dalla pietra Gagyar il forgiatore ricavò Denwarf, il primo imperatore dei nani. Garal diede vita agli Halfing, popolo minuto e gentile. Ma la corte del disordine era invidiosa delle loro generazioni.
Da essi fu generata la stirpe degli uomini bestia, dalla quale sorsero i pelleverde ed altri abomini. La grande madre osservava il lavoro dei suoi fratelli con curiosità mista a indifferenza, Thanathos recideva incessantemente le vite dei mortali, Khoronus vigilava lo scorrere degli eventi e delle ere:
erano trascorsi 1400 anni dalla grande catastrofe, quando il creatore stesso decise di intervenire. Dalla luce delle stelle immobili trasse lo spirito dell’uomo, il gemello oscuro del Demiurgo. Lo vincolò nella materia: poi i due vi soffiarono la loro essenza immortale. L’Uomo fece la sua comparsa,
e molti Dei lo ammiravano, alcuni lo temevano, altri lo amavano. Ognuno partecipò alla sua evoluzione, altri tentarono inutilmente di estinguere quella razza divina, che crebbe e si moltiplicò, popolando i tre continenti. Sorsero presto tre grandi città: Edenia a Davania, Brunelin e Skovia nei continenti Brun e Skotar.
La nostra storia si ambienta 4000 anni dopo la caduta di Edenia, nel continente di Davania, nelle terre che conoscono il nome di “lande conosciute”, a Nord dell’arcipelago del mare del terrore. Gli elfi vivono ancora nella millenaria foresta di Alpheym, impenetrabile e mortale, i nani hanno scavato sempre più in profondità, nelle gallerie sotto la grande montagna Everast. Gli Halfing sono riusciti a mantenere indenne la loro cultura ai grandi mutamenti, amano ancora le loro antiche canzoni e le loro tradizioni.
Gli umani, invece, non sono che la degradazione di una degradazione: l’antica civiltà Edenica sembra ormai dimenticata, obliati della loro perduta grandezza, del loro ruolo e della loro divinità, vivono in villaggi e piccole cittadine sempre in lotta fra loro, divisi e smarriti, soli.
L’insediamento umano più civilizzato è Karameikos, separato dai monti Cruth dai vicini Ylariani, il popolo del deserto. Nei luoghi dell’antica catastrofe, quelle che oggi si chiamano “terre brulle”, i pelleverde hanno fondato la loro cittadella sotterrane, Aengmor, vicine alle caverne degli Elfi neri.
Le tensioni sono fortissime, una guerra sembra a tutti imminente, troppe alterità, poca civiltà.
I maghi glantriani sono molto preoccupati, la crisi investe ogni stato, ogni individuo…
E nella palude di Malpeggi, rinchiusa nella sua torre, una donna cieca medita il suicidio…

Demiurgus

IL FASCINO DEGLI INCANTESIMI

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Una buona idea quella presentata da Andrew in un popolare articolo apparso qualche anno fa sul sito Geeknative, ma noi possiamo anche fare di meglio, basta aiutarsi con Google Translate.

Nel post Andrew ci suggerisce di dare agli incantesimi di D&D un nome latino, per infondere più atmosfera alle nostre campagne di gioco. Ci presenta inoltre una lista di incantesimi completa di traduzione e in effetti ci rendiamo subito conto che Fulgur Sagitta e Evoco Prodigium suonano molto meglio di Fulmine Magico e Crea Mostri, anche se non si può fare a meno di pensare ad Harry Potter, e questo può risultare per alcuni un po’ deludente.

Nessun problema allora. Aiutandoci con Google Translate possiamo tradurre qualsiasi incantesimo di qualsiasi gioco in molte lingue curiose, e creare così delle piccole formule da poter usare durante il lancio degli stessi. Sonno ad esempio in irlandese diventa Codladh e in estone Magama, oppure Cura Ferite Leggere in gallese è Gwella Clwyfau Ysgafn e ancora in afrikans Genees Ligte Wonde, per ritornare quando si vuole al fascino intramontabile del latino: Curare Lux Vulnerum.

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LEVEL UP!

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– Dai ragazzi, si è fatto tardi e domani alle sette mi devo svegliare… andiamo a casa!
– Ma no, sono appena le tre e mezzo…
– Già che ci siamo tiriamo avanti fino alle quattro…
– Possiamo fare un altro paio di stanze…
– No ragazzi, finiamola qui per stasera…
– Però almeno dacci i PX…
– Ma sei pazzo, ci vuole troppo tempo a calcolarli… e poi dovete aspettare la fine dell’avventura!
– Dai, almeno passo di livello…
– Si, dacci i PX!! PX! PX!
– Ok, va bene… passami la calcolatrice…

Quante serate di gioco si sono chiuse con queste parole? Quanti master con gli occhi stanchi si sono messi a fare strane addizioni nel cuore della notte, obbligati da una manciata di nerds agguerriti e desiderosi di potenziare i loro personaggi? Eppure, anche dopo anni di gioco, il passaggio di livello rimane sempre una fase elettrizzante nell’esperienza del GdR. È il momento della gratificazione, del premio guadagnato con la fatica di molte ore di gioco, ma soprattutto il “Level Up!” rappresenta il momento del cambiamento, nel gioco come nella vita.

Se qualcuno pensa che il sistema di potenziamento di un PG sia irrealistico perché rilegato ad un momento particolare (di solito a fine avventura), credo si sbagli di grosso. Su questo tema esistono principalmente due differenti linee di pensiero, quella che ritiene più realistica la suddivisione dei PX alla fine di ogni seduta di gioco (dato che ogni singola azione incrementa l’esperienza di un personaggio), e quella che si attiene principalmente alle regole del manuale di gioco e che prevede l’acquisizione dei punti al termine dell’avventura. Se per molto tempo ho creduto più giusto il primo sistema, adesso mi devo ricredere. È solo infatti quando ha il tempo e lo spazio per assorbire in ogni aspetto l’esperienza appena vissuta che il PG può acquisire la conoscenza che gli servirà per potenziarsi, cosa che è di fatto impossibile in una situazione di “intervallo” tra una stanza e l’altra.

Al termine di una battaglia particolarmente violenta, come può un PG diventare più forte ed esperto di pochi istanti prima solo perché è riuscito ad uccidere un potente avversario? La scena che mi sovviene pensandoci è quella di un videogioco, ma il GdR pen & paper doverebbe discostarsi il più possibile dalle rappresentazioni virtuali ed avvicinarsi invece alla realtà. Ecco perché ritengo più opportuno aspettare la fine di un Quest per dare la possibilità ai giocatori di potenziare i loro PG, magari descrivendo con poche parole questo momento di cambiamento, che potrebbe coincidere con un’esperienza di reminiscenza, una riflessione sulla vita o addirittura un episodio mistico.

“Mentre il tuo guerriero è sulla via di casa, ritorna con la mente alle prove di coraggio e di forza che hanno recentemente temprato il suo spirito. Davanti a lui un tramonto cremisi gli illumina il volto. Qualcosa dentro il suo cuore è cambiato, e adesso la paura ha un sapore più dolce…”

Nel caso di lunghe campagne di gioco, cercate di trovare dei momenti di quiete per dare modo ai PG di rendersi conto di questo cambiamento. Pensate a Gran Burrone o a Lothlorien nel Signore degli Anelli… quali posti migliori per elevare il proprio spirito e, di conseguenza, il proprio livello!

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DUNGEONSLAYERS IV EDIZIONE

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Mi dispiace moltissimo di essermi assentato da questo blog per quasi due mesi, ma purtroppo in questo periodo non ho avuto né il tempo né la testa per occuparmi di giochi, perché quando la vita, che è anch’essa in qualche modo un gioco, ti mette di fronte degli ostacoli apparentemente insormontabili, significa che è arrivato il tempo di salire di livello…

Level Up!… dunque, come un post che mi ero prefissato di scrivere e che rimando alla prossima volta. Invece mi preme parlare oggi dell’attesissima quarta edizione di Dungeonslayers, il gioco di ruolo all’antica edito in Italia dalla Wildboar che è stato appena rilasciato gratuitamente con la licenza creative commons in PDF e che potete scaricare a questa pagina.

Da tempo sono un fan del progetto di Christian Kenning, che per semplicità e dinamicità non ha niente da invidiare ai vari retro-cloni di D&D. Ma laddove le prime edizioni riuscivano, non senza qualche capriola intuitiva, a spiegare ai giocatori con appena una decina di pagine come giocare questo GdR fantasy, questa quarta rielaborazione si propone come manuale vero e proprio, completo di tutte le espansioni, di tre avventure introduttive e di un intero mondo in cui ambientare le proprie campagne.

L’approccio al gioco rimane semplicissimo ed intuibile in pochi minuti. All’inizio non mi ha convinto molto l’uso dell’attributo Mobilità al posto di Agilità, ma poi ho capito meglio il significato che viene dato alla parola; essendo un attributo come Fisico e Mente, valori che non possono aumentare nel corso del gioco, la Mobilità credo voglia rappresentare le effettive possibilità motorie di un PG. Uno storpio, ad esempio, può comunque essere agile, ma sarà sempre condizionato dalla sua precaria Mobilità.

A parte alcuni piccoli cambiamenti di fondo, che riguardano soprattutto i termini, il gioco comunque rimane più o meno lo stesso, con l’aggiunta di moltissimi dettagli che lo rendono, come già detto, un GdR davvero completo. Chi sentiva la necessità di nuove classi di personaggi, viene accontentato con l’introduzione del capitolo “Classi Eroiche”, arricchendo il già abbondante elenco di talenti e di incantesimi. Molte le regole suggerite per rendere il gioco più complesso e realistico, ben fatto il bestiario ricco di nuove creature, ma soprattutto ho trovato felice la scelta di mettere a disposizione un mondo di gioco, che ricorda molto le vecchie Terre Selvagge di Mystara, per poter lavorare da subito su una campagna.

Dalla manciata di regole della 3.5 si è passati a un manuale di quasi 170 pagine, senza mai complicare le dinamiche del gioco, perché la forza di Dungeonslayers sta proprio nella sua semplicità. Anche se rivolto all’attenzione dei giocatori nostalgici amanti della scatola rossa, lo trovo ideale per avvicinare nuovi adepti al mondo dei GdR. Spiegare cos’è un gioco di ruolo a chi non lo conosce rimane sempre un’impresa, ma una volta sorpassato questo primo scomodo ostacolo, basteranno pochi minuti per illustrare lo svolgimento tattico di Dungeonslayers, e incominciare fin da subito a fare strage di goblin ed orchetti.

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UN SET DI DADI MOLTO PARTICOLARE

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Queste foto le ho scattate durante l’ultima session. Uno dei miei compagni di gioco ha tirato fuori questa sorta di armi improprie. Possono rivelarsi molto utili per minacciare quei Master particolarmente maligni.

I DIECI ERRORI PIÙ COMUNI DEL DUNGEON MASTER

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1. Dimenticare i nomi

Quelli dei personaggi giocanti e dei PNG, anche di quelli minori. Sembrerebbe superfluo doversi ricordare il nome di ogni singolo personaggio in gioco ma se si desidera rendere l’avventura più realistica è importante che tutti i protagonisti abbiano un nome. Annotateli su un foglio e non vi fate cogliere in errore dai giocatori. I generatori di nomi online possono essere di grande aiuto.

2. Ignorare le aspettative

Specialmente se si arbitra per la prima volta un gruppo, è fondamentale conoscere le aspettative dei giocatori. Cosa vogliono dall’avventura? Come è loro intenzione comportarsi? Hanno problemi ad accettare l’eventuale morte del proprio personaggio? Fate anche in modo che i vostri giocatori conoscano le vostre aspettative, così sarà possibile evitare spiacevoli sorprese.

3. Giocare con leggerezza la morte di un personaggio

La morte di un PG è un momento estremamente delicato del gioco. Affrontatelo con serietà e abbiate tatto. Il giocatore non dovrebbe essere colto impreparato ma conoscere sempre bene i rischi che sta correndo. Se si prende in considerazione la resurrezione, cercate di non farla apparire scontata. In proposito leggete questo post.

4. Salvare la pelle del nemico

Succede a volte che i personaggi siano talmente potenti oppure incredibilmente scaltri da riuscire ad eliminare il loro “acerrimo nemico” alla prima opportunità, anche se questo non rientra nei piani del DM. Evitate di incappare in questa eventualità, altrimenti vi ritroverete a cercare di salvare la pelle al nemico facendolo magicamente svanire, soluzione che comporta un brutto calo di tensione.

5. PNG eroi e risolutori

La costruzione di buoni PNG può condizionare positivamente l’andamento di un’avventura. Date loro un nome, un background e una personalità, ma evitate che essi diventino gli eroi del quest. È compito dei PG trovare la soluzione ad un quesito e prendere le decisioni del gruppo. Evitate di usare i PNG come suggeritori e risolutori dei conflitti.

6. Dare per scontati i legami che tengono unito il gruppo

All’inizio di un’avventura il DM deve saper dare ad ogni personaggio un motivo per unirsi al gruppo. Nel corso del gioco però i legami e gli interessi di ogni PG possono cambiare o perdere importanza. Il Master dovrebbe stare all’erta e dare sempre nuovi motivi per tenere il gruppo unito, specialmente in quei casi in cui sono presenti personaggi particolarmente testardi.

7. Criticare i giocatori

Il Master controlla tutto un mondo attorno ai personaggi di gioco. L’unica cosa su cui non ha potere sono i personaggi stessi, controllati dai giocatori. Per questo motivo un DM non dovrebbe mai dire a un giocatore come giocare il suo personaggio. Se un giocatore non si sta divertendo oppure, con il suo comportamento, irrita i suoi compagni di gioco, allora il Master potrebbe suggerigli di cambiare personaggio o il carattere di questo. Lo scopo del DM, bisogna ricordarsi, è quello di far divertire il gruppo e di divertirsi a sua volta.

8. Mettere fretta agli eventi

Per quanto si desideri far giungere i PG ad un determinato momento dell’avventura, è sempre bene non mettere fretta ai giocatori, evitando però di farli annoiare. Evitate di tralasciare parti importanti del quest per problemi di tempo. Non accelerate gli eventi per poter interrompere in un punto dal quale sarà più facile riprendere il gioco. Anche se non si direbbe, può essere interessante riprendere un’avventura da un combattimento interrotto, come la scena introduttiva di un film d’azione.

9. Rivelare i segreti del quest a fine avventura

Anche se i giocatori vorranno sapere che cosa sarebbe successo se avessero imboccato la porta B invece della A, o che cosa fosse loro capitato se avessero deciso di non toccare quella statua, non dite loro nulla. Tenetevi stretti i vostri segreti per tre buoni motivi; primo, eviterete di creare frustrazioni nel gruppo qualora le loro scelte si rivelassero sbagliate. Secondo, potrete riutilizzare questi segreti nella vostra prossima avventura. Terzo, apparirete sicuramente molto cool!

10. Escludere i giocatori

Succede a volte che un personaggio esca per un qualche motivo dalla scena. Magari fa il palo mentre il resto del gruppo entra in esplorazione, oppure rimane a fare la guardia a un prigioniero, o ancora è ferito e ha bisogno di cure. Evitate di far sedere il giocatore per ore senza la possibilità di far niente. Anche se i tempi di disgiunzione del gruppo si allungano, date modo al giocatore di fare sempre qualcosa. Anche lui è seduto al tavolo per divertirsi, dopotutto!

Leggi anche: I Dieci Comandamenti del Master

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I PRIMI 100 NUMERI DI DUNGEON

1 commento

Trovato in rete un link interessante dove si possono scaricare i primi 100 numeri della leggendaria rivista Dungeon Magazine in PDF. Roba per veri appassionati e intramontabili nostalgici…

http://www.4shared.com/folder/HW5rVyUl/Dungeon_Magazine.html

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