di Steve Darlington

Traduzione e adattamento di GM Willo

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L’INIZIO E LA FINE

Il 1990 aveva portato un grande cambiamento all’industria. Vampire aveva catturato i cuori e svuotato i portafogli dei vecchi e dei nuovi giocatori, rivoluzionando l’intero processo di marketing. Fu il primo gioco dai tempi di D&D a fare il botto sul mercato del tempo libero, e divenne quasi altrettanto popolare. Pertanto, come D&D, lo stile e la progettazione del gioco vennero copiati fino alla nausea, cambiando sostanzialmente i contenuti e la concettualizzazione del GdR.
Ma la reazione contraria a questo movimento fu altrettanto forte, e riuscì a spostare l’attenzione dai giochi maturi a quelli più leggeri basati più che altro sull’azione. L’hobby si divise in due correnti antagoniste, una divisione che è continuata nel tempo. Ma mentre le due parti litigavano, qualcosa di nuovo entrò prepotentemente sul mercato, qualcosa di straordinariamente unico, che avrebbe cambiato per sempre l’intero mondo del gioco. E fu talmente popolare e commerciabile che sembrava capace di creare denaro dal nulla. Il suo nome era Magic.

C’era una volta Richard Garfield, un semplice matematico di New York con un talento particolare per il game design. Stava progettando un gioco per ammazzare il tempo che trascorreva in fila alle convention, quando ebbe un’idea.
Garfield ammette che l’idea di Magic gli venne spendendo un sacco di tempo nei negozi di giochi e modellismo, dove spesso si potevano trovare fumetti e figurine da collezione. Queste carte lo affascinavano ma lo lasciavano nel frattempo insoddisfatto, perché alcune di queste erano così ben fatte che sembrava un peccato non poter fare altro che guardarle. Di lì nacque l’idea del gioco di carte collezionabili.
E così, alla fine del 1993, venne pubblicato il primo Collectible Card Game o CCG, Magic: The Gathering. Garfield si rese subito conto delle potenzialità del nuovo gioco e della sua incredibile forza innovativa, tanto che l’uscita di Magic poteva essere tranquillamente comparata alla realizzazione del primo boardgame.
Tuttavia, Garfield non si aspettava che il gioco diventasse tanto popolare così in fretta, e non si aspettava neanche che la gente potesse arrivare a tanto per riuscire ad impossessarsi dell’intera collezione. L’idea iniziale era quella di immettere sul mercato carte rare e speciali per rendere il gioco più imprevedibile, dato che nessuno all’epoca avrebbe mai pensato che i giocatori arrivassero a spendere cifre da capogiro per una singola carta.

Di certo non si può incolpare Garfield del maniacale desiderio di avere un “super mazzo” che colpì moltissimi giocatori (neanche lui ne possiede uno completo!), anche se questo fenomeno lo rese sfacciatamente ricco. Non si può dire lo stesso per la Wizards of the Coast, che con le vendite di Magic diventò una delle più grandi aziende di gioco sul mercato. Macinando edizione dopo edizione, Magic è stato il precursore del mercato dei CCG, con decine di set di espansione. Veniva giocato in tutto il mondo da milioni di persone, con tornei e classifiche sia a livello nazionale e internazionale, e i prezzi delle carte riuscirono a raggiungere quote inimmaginabili. Nessuno altro fenomeno ludico poteva sul mercato contrastare Magic.

E questo fu solo l’inizio. A ruota arrivò una legione di imitatori, ognuno dei quali apportò qualcosa di suo al neonato gioco. Lo stesso Garfield rilasciò tre nuovi CCG, tra cui il brillante Netrunner. Come successe con i giochi di ruolo negli anni ottanta, ogni singolo film, serie TV, fumetto e GdR doveva avere il suo gioco di carte collezionabili, così uscirono in rapida successione i vari Star Wars, Star Trek, Babylon 5, D&D, Vampire, Werewolf, Call of Cthulhu, Middle Earth, Marvel Comics, The Crow, Highlander, Hercules, Xena, James Bond e molti altri. Due di questi, Shadowfist e Legend of the Five Rings, furono capaci di ispirare dei giochi di ruolo, e alcuni vennero progettati per lavorare come parte di sistemi di GdR. Altri, come ad esempio Dragon Storm ed Arcadia: The Hunt Wyld, introdussero elementi di ruolo nelle loro dinamiche di gioco.

La mania della raccolta ha poi ispirato i giochi di dadi da collezione. La TSR fece da apri pista con l’ingegnoso wargame Dragon Dice, che fu seguito da una linea più breve di cloni, come Dicemaster, Chaos Progenitus, e un altro a tema Star Trek. Tuttavia, il genere non è mai riuscito veramente a decollare, e solo Dragon Dice ha mantenuto una presenza costante.
I CCG si sono invece rivelati più longevi, anche se col tempo hanno perso lentamente popolarità. Quasi tutti i giochi rilasciati con troppa fretta nella metà degli anni novanta sono scomparsi nell’oblio. Magic invece è rimasto, così come i crossover più commerciali (Star Wars e Star Trek).

Grazie a questa nuova idea ci fu un rinnovato interesse nell’utilizzo delle carte e dei dadi, ispirando la produzione di giochi più standard. I CCG avvicinarono molti nuovi giocatori al mondo dei giochi, anche se a metà degli anni novanta diversi roleplayers non videro di buon occhio questi neofiti. Le “cartine” avevano invaso il mercato, prendendo il posto dei GdR sugli scaffali dei negozi, un po’ come era successo agli wargames negli anni ottanta con l’avvento dei giochi di ruolo. Ma di gran lunga peggiore rispetto alla perdita di popolarità fu la perdita dei profitti, e per questo motivo molti decretarono che la fine dell’industria del GdR era vicina.
Nessuno conosce davvero la causa del crollo del settore dei GdR. È forse semplicistico dare tutta la colpa ai CCG, anche se devono aver avuto un effetto notevole sul mercato, dato che gli elevati costi delle “cartine” limitavano di conseguenza gli altri acquisti. Di certo c’è solo che verso la metà degli anni novanta le vendite dei GdR crollarono e l’industria subì un grave arresto. Ciò non significò automaticamente la fine del settore, ma vi furono sufficienti motivi per preoccuparsi. Era necessario un capro espiatorio, ed era fin troppo facile puntare il dito sui giochi di carte collezionabili.

Un brutto colpo si ebbe anche quando nel 1996 la Wizards of the Coast annunciò che avrebbe abbandonato la sua intera linea di GdR per concentrarsi esclusivamente sulla vendita dei CCG. In quel periodo la Wizards stava pubblicando alcuni giochi molto amati come Ars Magica, Everway e SLA Industries. Per alcuni questo tradimento fu qualcosa di abominevole, e fornì la prova definitiva del potenziale distruttivo delle malefiche “cartine”. Dopo questa imbarazzante decisione, la Wizards venne disprezzata ancor più della White Wolf.

Tuttavia, anche i più grandi profeti di sventura e i nemici giurati dei CCG non avrebbero potuto prevedere quello che successe dopo. Nel 1997 la TSR, la più grande, antica e venerata azienda di giochi di ruolo, dichiarò bancarotta. Mentre alcuni davano semplicemente la colpa allo scarso senso degli affari della società e agli inutili investimenti in troppe direzioni diverse, l’evento mandò un messaggio agghiacciante ad ogni roleplayer: se D&D poteva cadere, allora nessuno era al sicuro.
I giochi della West End, un altro gigante del settore, fecero ben presto la stessa fine, perché questi erano i tempi. Le aziende più piccole crollarono, le riviste fermarono le loro pubblicazioni, i negozi furono costretti a concentrarsi sui CCG per rimanere a galla. Ma poi tutto questo rincominciò lentamente a girare. Sia la TSR che la West End tornarono a produrre, insieme ad un sacco di nuove linee ed aziende. L’industria stava iniziando a fiorire ancora una volta.

Ma i giocatori avevano imparato una lezione importante da tutto questo. Si sapeva che non era facile fare soldi nel settore dei GdR, ma veniva anche dato per scontato che i grossi nomi erano sicuri. Infatti, molto spesso le compagnie più grandi venivano criticate per il loro status aziendale, dato che partivano dal presupposto che importava investire più sul marketing che sulla creazione di buoni giochi. Ma nel momento in cui la più grande azienda del settore crollò, tutti dovettero riflettere sulla dura realtà del business legato a questo particolare hobby, acquisendo così una maggiore consapevolezza sulle tribolazioni di questo mercato, e quindi un maggiore apprezzamento per il lato creativo della produzione.

La fine della TSR portò anche un bisogno di commerciabilità (e quindi di sopravvivenza), aspetto che diventò fondamentale nella produzione dei giochi futuri. Alcuni di questi iniziarono ad utilizzare delle trame molto dettagliate che richiedevano svariati manuali di espansione. In alcuni casi, i giocatori erano costretti ad impegnarsi ad acquistare un’intera linea di giochi per ottenere il massimo risultato da questi. Si trattò di una mossa che naturalmente portò molte critiche, ma la maggior parte dei giochi evitò di spingersi così lontano. Era un periodo in cui veniva data ai giocatori un’ampia scelta, e questo era solo un bene per l’industria perché permetteva la produzione di più giochi.
Tuttavia, il nuovo approccio risultava anche essere proibitivo per i nuovi roleplayers, e nell’affezionarsi ad un singolo prodotto, si limitava automaticamente la variazione e l’esplorazione.

Un’altra conseguenza di questa necessità da parte delle aziende di concentrarsi sul marketing, fu una rinnovata attenzione commerciale al crossover. Sebbene The Babylon Project non riuscì ad incassare come qualcuno si aspettava, Star Trek: The Next Generation ebbe un notevole successo, e dette una spinta importante all’industria. Altri simili episodi sono stati Hercules, Xena e Sailor Moon.

Ci fu anche un aumento dei giochi “retrò” e un ritorno ai successi commerciali del passato. GURPS ripubblicò il popolare Travellers and Bunnies and Burrows insieme ad altri piccoli giochi di nicchia. La TSR, in particolare, ripropose le classiche avventure, e supplementi d’espansione. Per celebrare il venticinquesimo anniversario dalla nascita dell’azienda e dell’hobby in generale, la TSR rilasciò molti prodotti in versione “silver” inclusa la campagna di gioco più famosa in assoluto, le Cronache della Dragonlance.
Ma vi era anche una certa abbondanza di nuovi generi e idee. Giochi come Fading Suns, Alternity e Trinity riportarono alla ribalta la fantascienza. Deadlands fu il primo gioco western mai realizzato ed ebbe una delle ambientazioni più originali di sempre. Il mondo di Cthulhu fu notevolmente ampliato, la Pagan Publishing ci dette l’ambientazione moderna di Delta Green, oltre che a Conspiracy X di per gli appassionati di X-Files. Questi, insieme a Don’t Look Back, rinnovarono il genere horror.
Il Noir ci portò giochi come Sam Spade e Mickey Spillane. La Steve Jackson Games fece un passo coraggioso nel mondo dei demoni e degli angeli con In Nomine. La Dream Pod 9 mantenne vivo il genere post-apocalittico con Tribe 8, mentre la nuova arrivata AEG ripropose il mondo del Giappone feudale con il brillante Legend of the Five Rings, senza dimenticare l’impressionante Unknown Armies.

Il gioco diventò anche più internazionale. Il suddetto In Nomine si basava su un gioco francese, come d’altronde il prodotto della Chaosium, Nephilim. Arrivarono giochi dalla Scandinavia, dalla Germania, dal Giappone e dal Brasile. Questo portò un maggiore apprezzamento verso i mercati e le idee non-americane, stimolando l’industria a produrre giochi ancora migliori.
Nel frattempo vecchi colossi come la Steve Jackson Games, la Chaosium, la White Wolf e la WotC / TSR continuarono a produrre linee di alta qualità, con un occhio doveroso al marketing. Gli anni novanta avevano mostrato la fragilità dell’industria, nonostante la forza immaginifica dei prodotti che venivano pubblicati. Era bastata una nuova moda a far tremare le fondamenta di un hobby che per oltre vent’anni non aveva fatto che crescere ed espandersi. Ma alla fine di questi anni pieni di incertezza il gioco aveva trovato la forza di reinventarsi come era già successo in passato.

Che la popolarità di un hobby come il gioco di ruolo sia inevitabilmente legata alla sua forza commerciale è purtroppo una verità alla quale nessuno può sottrarsi. E gli anni successivi, quelli in cui i MMORPG sono diventati ingiustamente sinonimo di “gioco di ruolo”, hanno nuovamente confermato questa regola. Ma gli anni duemila non verranno trattati in questa storia, che si è concentrata volutamente sul periodo d’oro di questo meraviglioso hobby, che nonostante gli acciacchi e le delusioni continua ad appassionare ancora milioni di persone.
Il game design è sicuramente una forma d’arte poco riconosciuta, che in venticinque anni, grazie ad alcuni brillanti autori, ci ha permesso di leggere e giocare decine di splendide ambientazioni fantastiche. In realtà per giocare di ruolo non avremo neanche bisogno di tutta questa roba, basterebbero una manciata di dadi e un buon bagaglio di esperienza e di fantasia, Ma è anche vero che solo grazie a questi pionieri del gioco che milioni di giocatori sono riusciti ad afferrare finalmente la vera essenza del GdR, Senza le loro opere, saremo forse ancora intrappolati dentro a un dungeon a dare la caccia a goblin ed orchetti.
A tutti questi artisti va la riconoscenza di noi giocatori di ruolo.

Steve Darlington Copyright © 1999 

Traduzione di GM Willo

Questo articolo NON si avvale della licenza Creative Commons

Fonte: http://ptgptb.org/0009/hist9.html

L’ultimo paragrafo in corsivo non fa parte dell’articolo originale ma è stato aggiunto dal traduttore.

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