STORIA DEL GIOCO DI RUOLO: Parte Seconda

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di Astinus

Traduzione a cura di Willoworld

Leggi la prima parte

Parte II: Riaprire il Vaso di Pandora

Il Turno degli Editori

Appena si diffuse la notizia sul tipo di giochi che Gygax e Arneson stavano giocando, i due vennero inondati di richieste per il rilascio di un completo e definitivo set di regole. Timidamente, presentarono la loro idea a tutte le grandi società di gioco, senza però ricevere alcun appoggio. Infine nel 1974 decisero di pubblicare il loro gioco attraverso la società di Gary Gygax, la TSR.

Non fu subito un grande successo, ammise in seguito Gygax. Ci volle quasi un anno per riuscire a vendere le prime 1000 copie. Le seconde 1000 invece andarono via in meno di sei mesi, e da lì le vendite aumentarono in modo esponenziale. Nel 1979, venivano vendute una media di 7000 copie di Dungeons & Dragons al mese.

L’edizione originale seguiva la forma di Chainmail dei tre fascicoli separati, ma c’erano diverse cose in più. Le regole furono scritte per i circoli di gioco a cui Gygax e Arneson appartenevano, e per chi presumibilmente aveva già una familiarità con le regole e lo stile di gioco. Per i giocatori che si avvicinavano all’argomento per la prima volta, risultarono confuse e frustranti: a un certo punto le regole dicevano “Il combattimento (qui) è condotto come in Chainmail”. Il sistema di magia era incredibilmente vago e le tabelle delle statistiche di combattimento erano quasi incomprensibili.

Sorprendentemente, però, questo fatto finì per favorire piuttosto che danneggiare il neonato hobby, per due ragioni ben precise. In primo luogo, le regole difficili da capire costrinsero i giocatori ad inventarne di nuove o ad interpretarle in maniera diversa, e a fare loro pensare a nuovi sistemi di gioco. Fu così che nacquero i primi creatori di GdR futuri.

In secondo luogo, i giocatori non si concentravano sul gioco in sé, ma sull’idea alla base del gioco. Nonostante le regole fossero ben lungi dall’essere perfette, la gente riconobbe il potenziale del nuovo ed incredibile concetto attorno al quale il gioco girava. D&D è stato forse il primo gioco di cui si è conquistata la consapevolezza malgrado la metà delle sue regole fosse da rivedere.

I Grandi Pretendenti

L’attenzione per l’idea, piuttosto che per il gioco, e la necessità di riscriverne le regole, fece si che ogni gruppo di giocatori se ne venisse fuori con la propria versione. Ovviamente, tutti volevano condividere la loro corretta “versione” con le comunità di gioco. Non passò molto tempo prima che il mondo fosse invaso da riviste e fanzine dedicate a discutere il “migliore” modo di giocare il gioco.

Gygax e Arneson crearono la propria rivista e la chiamarono The Rumbles Dragon. Questa diventò in seguito The Dragon, e poi semplicemente Dragon, come è conosciuta oggi. Un altro grande successo di allora fu Alarums and Excursions. Anche se fu solo una fanzine, vantava un numero di lettori quasi pari a quelli di Dragon. In pochi anni, D&D aveva generato più discussioni, analisi, revisioni e ricostruzioni di qualsiasi altro gioco nella storia. Fu solo una questione di tempo prima che alcuni di questi gruppi di gioco decidessero di pubblicare qualcosa per conto loro, piuttosto che spedire le loro opinioni a una rivista.

D&D fu criticato per mille ragioni, ma la maggior parte delle lamentele si possono riassumere così; il gioco o era troppo complicato o era troppo semplice.

Il “troppo complicato” riguardava il manuale delle regole. Giovani inesperti non-wargamers volevano qualcosa di semplice da imparare, facile da giocare, e per finire qualcosa di più divertente. Ed ebbero tutto ciò, a palate, con Tunnels and Trolls.

Tunnels and Troll (St Andre, 1975)

La leggenda vuole che Ken St Andre, scrittore di Tunnels and Troll (T&T), in realtà si avvicinò all’idea di gioco di ruolo senza l’aiuto di Gygax e Arneson. Egli aveva anche scelto un nome simile a quello di D&D, e rimase sconvolto quando, mentre cercava di vendere il suo gioco, scoprì che era stato clamorosamente battuto sul tempo.

La verità di questa leggenda è discutibile: sicuramente ci sono abbastanza somiglianze tra i due giochi da suggerire che T&T fu un prodotto di seconda generazione. I personaggi avevano sei simili caratteristiche, oltre a una scelta affine di classi, e le impostazioni ed i formati delle avventure erano praticamente identici. Tuttavia, T&T non è degno di nota per le sue somiglianze, ma per le sue differenze.

Per cominciare, le regole di T&T utilizzavano dei semplici dadi da sei per gestire quasi tutto. Anche se per la magia ed il combattimento si utilizzavano delle tabelle, queste erano ben presentate e le spiegazioni erano chiare. In effetti la qualità del prodotto T&T era superiore a D&D praticamente in tutto. Ma forse la caratteristica principale che differenziava i due giochi era l’atteggiamento.

T&T era divertente. Era simpatico e allo stesso tempo ridicolo. Si trattava di andare in giro a spaccare tutto con spade e magie. La scrittura era veloce, le regole erano divertenti, l’impostazione era piena di ironia. St Andre dette ad ogni aspetto del gioco un po’ del suo distorto senso dell’umorismo. Gli incantesimi avevano nomi come “Little Feet” e “Hidey Hole “, e i nemici potevano essere degli scoiattoli giganti.

D&D, naturalmente, era tutto il contrario. Alla fine, col maturare dei giocatori e dell’hobby, gli aspetti divertenti di T&T persero il loro fascino, e verso i primi anni ottanta fu completamente dimenticato. T&T fu però il primo concorrente di D&D. Anche se è stato sempre considerato il “Numero Due” (anche da parte di St Andre!), ha per un momento impensierito il successo economico di D&D, che è più di quello che si può dire di qualsiasi altro sistema di gioco.

Nel frattempo, un altro gioco stava facendo strada. Il problema del “troppo semplice” riguardava l’impostazione, non le regole. I giocatori si lamentavano della premessa piuttosto fragile si una manciata di eroi fantasy che entravano in un dungeon per uccidere mostri e conquistare i tesori. Volevano qualcosa di più realistico, un mondo medievale che effettivamente sembrava medievale. Volevano realismo, dettaglio e complessità. E lo ebbero in Chivalry and Sorcery.

Chivalry and Sorcery (Fantasy Games Unlimited, 1976)

Creato da Ed Simbalist e Wilf Backhaus nel 1976, C&S è ancora oggi il più complesso gioco di ruolo mai progettato. Non si può negare di certo il suo realismo: le regole e lo stile sono stati progettati per ricreare la Francia del tardo dodicesimo secolo, laddove D&D non era altro che una approssimazione del mondo fantasy-medievale di Tolkien. I creatori del gioco non si limitarono a descrivere un mondo, ma l’intera società dell’epoca: i giocatori dovevano muovere i loro personaggi all’interno di un complesso e dettagliato codice feudale fatto di nobili, di servi e con l’incombente presenza della chiesa cattolica.

Anche se le avventure seguivano ancora un modello simile, C&S eliminò gran parte delle convenzioni stabilite da D&D. Missioni a cielo aperto presero il posto degli oscuri dungeon, i nemici erano Vichinghi e Pitti, piuttosto che creature mitologiche, e gli utenti magia dovevano davvero “studiare” per diventare più potenti.

Il problema con C&S è che cercò di fare troppo. Nel tentativo di proporre tutte le cose che D&D aveva tralasciato, rimase sepolto nei suoi meccanismi senza fine. Per esempio, non solo i giocatori devono tirare per otto caratteristiche, ma anche per la razza, l’età, il sesso, l’altezza, la struttura, l’allineamento, l’oroscopo, la salute mentale, la classe sociale, l’ordine di nascita, lo stato di famiglia e la professione del padre. Oltre a questo c’erano da calcolare altrettante statistiche ed un sistema di abilità poco chiaro. E questo solo per la creazione del personaggio!

Il fatto che le regole e i tiri di dado erano molto più complessi di D&D non aiutò il gioco. Il combattimento e la magia utilizzavano complicatissime tabelle incrociate, e il sistema per testare le abilità richiedeva più tiri di dadi di un gioco d’azzardo.

Un altro grosso problema di C&S era che cercava di essere troppo realistico. I chierici dovevano predicare i sermoni, i cavalieri trascorrevano ore di gioco a cercare di ottenere il denaro sufficiente per comprare le loro spade, e giocare un mago richiedeva così tanto tempo per raccogliere ingredienti, studiare gli incantesimi ed eseguire i rituali, che non ne rimaneva più per andare alla ricerca di avventura.

C&S è il classico esempio di come un gioco troppo dettagliato possa risultare poco piacevole. Era troppo lungo e troppo particolareggiato, e a causa della sua complessità e grandezza lasciava spesso i suoi giocatori smarriti. Ma l’idea di presentare un mondo con un’ambientazione realistica e dettagliata era buona, come lo era l’idea di giocare persone comuni piuttosto che dei supereroi fantasy stereotipati. Anche se questo gioco scomparì nei primi anni ottanta, le sue idee continuarono ad avere un’influenza nella storia dei giochi di ruolo.

L’Impero Colpisce Ancora

Mentre stava accadendo tutto ciò, c’era un gioco che veniva giocato in sordina, e anche se non ha mai raggiunto il successo economico dei due qui sopra, ebbe delle importanti ripercussioni nel settore dei giochi. Si chiamava Empire of the Petal Throne (Barker, 1975), ed è fu creato da M.A.R. Barker.

Fin dalla tenera età, Barker era ossessionato da due cose: la linguistica e un mondo fantasy da lui creato che si chiamava Tekumel, e questi suoi interessi crebbero in complessità insieme a lui. Barker ha continuato a studiare linguistica al college, dove apportò anche gli ultimi ritocchi al suo mondo, tra cui un linguaggio completo per il paese principale, Tsolyanu. Infatti, nell’arte del linguaggio fantastico, Barker superò anche il maestro Tolkien.

Così c’era questo Barker, con un mondo incredibile in testa e nessuna idea di cosa fare con esso, dato che non era uno scrittore. Vent’anni dopo aver lasciato alle spalle Tekumel per concentrarsi sui suoi studi, scoprì D&D. Subito cominciò a lavorare al suo gioco, che divenne il secondo GdR sul mercato.

In termini di impostazione, Petal Throne era tutto quello che D&D non era mai stato. Non c’erano descrizioni vaghe o suggerimenti presi in prestito dal medioevo: Barker sapeva esattamente come era il suo mondo fin nei minimi dettagli, e tutto era scritto nel libro delle regole. Dei, religioni, rituali, governi, mode, costumi, abitudini e, soprattutto le lingue, diverse per ogni paese del pianeta. E non erano gli dei, le religioni, ecc. di un mondo medievale occidentalizzato. Barker utilizzò le sue esperienze in India e in Asia per creare culture incredibilmente selvagge e totalmente estranee ai giocatori di ruolo medi americani.

Questa combinazione di un mondo molto dettagliato e totalmente alieno dette la possibilità di sviluppare la più avvincente campagna mai progettata. C&S era semplicemente D&D con uno sfondo finemente particolareggiato. Petal Throne era invece un gioco in cui il sistema e l’ambientazione lavoravano insieme per produrre un mondo che, non solo sembrava vero, ma chi ci giocava si sentiva come se stesse davvero vivendo in esso. I personaggi erano collegati alla stessa struttura di potere, politica e religiosa, e le sorti di questi poteri facevano da sfondo alle avventure. Improvvisamente i giocatori non erano più cavalieri che uccidevano draghi, erano Tsemels (chierici-guerrieri) che conducevano una guerra santa contro i loro vicini eretici. E con le abilità linguistiche di Barker che permisero ai giocatori di parlare una lingua completamente nuova, giocare questo gioco ti faceva davvero sentire parte di quel mondo.

Se Petal Throne avesse avuto successo, non avremmo dovuto aspettare altri quindici anni per World of Darkness. Esso, tuttavia, non riuscì a rimanere popolare, dato che la sua grande forza, la sua presenza, fu anche la sua rovina. Il mondo di Barker era solo troppo dannatamente complesso e potente da gestire per la maggior parte dei giocatori. I Game Master non potevano adattare il mondo per soddisfare il loro stile di gioco, senza privare Tekumel del suo sapore unico. Infatti, è stato detto che l’unica persona in grado di masterizzare Petal Throne correttamente era lo stesso Barker. Allo stesso modo, i giocatori dovevano conoscere profondamente Tekumel prima di poter giocare di ruolo decentemente. Troppo spesso venivano persi per strada dettagli importanti della ambientazione, e per tutti questi motivi Empire of the Petal Throne uscì rapidamente di scena.

Così nessuno dei tre pretendenti più forti riuscirono a superare, o addirittura a sopravvivere, Dungeons & Dragons. Eppure tutti sono interessanti, perché hanno illustrato il futuro di questo hobby. Nel confronto tra T&T e C&S si nota già l’inizio di un’eterna lotta tra i sistemi di gioco del GdR, quello tra la complessità e l’accessibilità, il dettaglio e la giocabilità, il manipolare la realtà e il puro divertimento. Ed esaminando Petal Throne possiamo analizzare anche i problemi riguardo all’ambientazione: la creazione di un mondo dettagliato che permette una buona immersione, ma che è ancora abbastanza malleabile ed accessibile perché tutti ne possano godere.

Ogni gioco è stato rivoluzionario in sé, portando in uno spazio di tempo incredibilmente breve nuove fantastiche idee per il GdR, idee che avrebbero poi costituito la spina dorsale del settore. Anche se alcuni di loro si sono estinti, i salti che hanno fatto in pochi anni hanno contribuito a trasformare i giochi di ruolo da zoppicanti-wargames a qualcosa che si avvicina ad una forma d’arte. Ma non ci spingiamo troppo avanti.

Il successivo Runequest fu dedicato a “Dave Arneson e Gary Gygax, che per primi hanno aperto il vaso di Pandora, e a Ken St Andre, che scoprì che poteva essere aperto di nuovo”. Questa dedica riassume abbastanza bene il contributo finale che questi giochi hanno dato alla storia del GdR. Semplicemente per il fatto che siano esistiti, e siano stati comprati e giocati, questi giochi hanno dimostrato che il gioco di ruolo era molto di più del semplice D&D, e che questo nuovo concetto di gioco era qualcosa che andava ben oltre il nome di un prodotto. Era qualcosa che sarebbe durato, qualcosa di rivoluzionario, qualcosa di buono.

Continua…

LA STORIA DEL GIOCO DI RUOLO

CURIOSITÀ

Chivalry and Sorcery passerà alla storia come il gioco che per la prima volta usò il termine “Game Master”

Barker e Tolkien hanno molte somiglianze, sia nelle loro opere che nelle loro vite. Tanto che Barker è stato talvolta indicato come il “Tolkien del gioco di ruolo”.

Grazie alla conoscenza intima del mondo e all’esiguo numero di gruppi di gioco, Barker fu in grado di adeguare ed aggiornare il suo mondo sulla base delle azioni dei gruppi di tutti gli Stati Uniti!

Steve Darlington Copyright © 1999

Traduzione di GM Willo

Questo articolo NON si avvale della licenza Creative Commons

Fonte: http://ptgptb.org/0002/history2.html

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JOURNEY QUEST

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Sono tornati quelli di The Gamers e The Gamers II Dorkness Rising con una serie su Youtube davvero promettente. Qui sotto i primi due episodi. Cercherò di pubblicare i prossimi ogni volta che escono. Questo il Trailer.

Fonte: http://www.journey-quest.com/

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LA STANZA DA MASTER PERFETTA

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Devon Burntwire è un pazzo… oppure un genio… in ogni caso è un giocatore di ruolo, e chi conosce bene questi personaggi sa che non sono proprio dei banali “geek”. Sono i “geek” per eccellenza!

Devon ci ha messo due anni per costruire la “stanza da master perfetta”, e credo proprio che ci sia riuscito. L’arredamento pacchiano e l’invidiabile collezione di manuali sono ben visibili nella piccola gallery qua sopra. Quello che non si vede si trova dietro lo screen del master a forma di castello, una pulsantiera speciale per controllare le luci e, udite udite, la macchina del fumo. Proprio così!

Dubito che  una serata di gioco in una simile location possa andare storta. Certo, i nostri scantinati improvvisati erano davvero romantici (per non parlare della pelle di mucca del Baba!), ma una giocata circondato dai teschi, con le luci soffuse, il candelabro sulla testa e il fumo che ti sale su da sotto il tavolo non me la farei proprio scappare!

FONTE IMMAGINI: http://kotaku.com/5487938/the-worlds-greatest-dungeons–dragons-room

IL SANGUE DI DRAGO E LA SPELLCASTING SODA

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Spellcasting Soda

Eravamo stati i primi a venircene fuori con la bibita ufficiale di Dungeons & Dragons, il meraviglioso Sangue di Drago di Master Cionko, la spuma bitter servita calda e ovviamente, in mancanza di boccali, da consumarsi a boccia. Oggi invece c’è la Spellcasting Soda, in cinque favolosi gusti. Per le vostre serate di gioco speciali…

Se invece vi sentite creativi, inventatevi la vostra bibita col servizio http://www.myjones.com

UNA STORIA ISPIRATA

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la-foresta-vampira

Scrivere fantasy é sempre qualcosa di confortante, come un bagno caldo dopo una fredda giornata di pioggia. Questa storia nasce ricordando l’ultima campagna di Dungeons & Dragons fatta in Italia insieme al solito gruppo, nel 2005. É un omaggio al master di quell’avventura, che ci regalò come sempre grandi emozioni.

Mishan non è altro che Neve Silente, e la foresta Uaki è ovviamente l’Alfheim. La grande guerra e gli elfi trasformati in creature opalescenti e sottili sono idee prese pari pari da quella campagna, che ahimè non siamo mai riusciti a finire. Il resto della storia è frutto della mia immaginazione, influenzata dalle recenti letture dei classici della letteratura vampirica.

Buona lettura!

LA FORESTA VAMPIRA
di GM Willo

Platani e querce secolari torreggiavano sopra la minuta figura di Mishan, cacciatore delle marche di ponente, ricordandogli le antiche leggende. La foresta era sempre stata lì, prima che l’uomo mettesse piede sul continente, prima che le navi lasciassero le sponde dell’Impero Caduto, e molto prima che le antiche guerre scoppiassero e gli uomini dimenticassero di essere stati tutti fratelli… continua…

MORTO A UN PASSO DALLA VITTORIA

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É terminata ieri la mini campagna di Castle and Crusader che ho portato avanti insieme al gruppo della Gilda di Amsterdam. Il mio personaggio, un guerriero Atruaghin imparentato con il grande Neve Silente, ha condotto un’avventura sempre nel segno della sfida (e non solo contro i nemici ma anche con la sua compagnia, dato che per metá campagna é stato invisibile facendo credere che la sua invisibilitá e presunta impossibilitá di parlare erano gli effetti di una maledizione).

Comunque, a un passo dalla risoluzione della missione, proprio quando l’oggetto che cercavamo, l’Occhio di Isalbar, era quasi nelle mie mani, il dio dado mi ha tradito. Le probabilitá di rimanere folgorato erano solo una su un d8, ed ovviamente il povero guerriero c’ha lasciato le penne (ah, ah, ah! la battuta era per l’Atruaghiun!)

Comuqnue forse tutto non é andato perduto. Il mago per il quale la nostra compagnia ha recuperato l’oggetto forse potrá riportare lo sfortunato guerriero in vita. Chissá!

Qui sopra tre immagini della session di ieri.

STORIA GIOCO E LEGGENDA 2.0

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Un paio di regole extra (vedi post precedente)

Narrando le gesta di due o più personaggi in una sola storia, è possibile incrementare il livello di più schede. Il conteggio delle parole dei personaggi, che entrano a far parte delle vicende narrate in un secondo tempo, avviene dal momento in cui questi fanno la loro apparizione.
Dato che i PE e i PX sono due sistemi distinti per monitorare il livello di un personaggio, succede che al momento in cui un PG di un certo livello entra in SGL, avrà un numero di PE pari a quel livello (es. un mago del settimo entrerà nel gioco di narrazione sempre con 4500 PE) . Se quel PG ha un background scritto, potrà essere considerato come bagaglio di PE.
Ecco qui un esempio fatto con un’altra scheda ritrovata per caso tra i miei fogli di gioco.

ESEMPIO

ASHIRA
Ladra del 4° livello (Borsaiola)

AC 5 (-1AC/1)
PF 12

FOR 10
INT 12
SAG 9
DES 17  +2
COS 9
CAR 15  +1

Tiri Salvezza
Veleno e RM        13
Bacchette        14
Paralisi            13
Soffio            16
Incantesimi        15

ABILITA’

Scassinare Serrature    30
Scoprire Trappole    25
Rimuovere Trappole    25
Scalare Pareti        90
Muoversi in Silenzio    35
Nascondersi Ombre    24
Svuotare Tasche    35
Sentire Rumori        45
Leggere Pergamene    /

SKILLS

Cavalcare (des)
Cercare Tracce     (int)

Skilled in arco lungo +2 TxC Danno 1d8+2 (-1 AC/1) Delay

EQUIPAGGIAMENTO

Armatura di cuoio
Arco lungo +1 (Herw)
Frecce (40)
Pugnale
Zaino
Torce
Acciarino
Erbe
Acqua Santa
Sacchi
Razioni
2 Corde di 15 m.
Attrezzi da scasso
Chiodi
Grappino

PX 5680
MO Gemme per un valore di 3800 MO

BACKGROUND

Cresciuta a Penhaligon in una modesta famiglia di chiesa Taladariana, fin da bambina viene ispirata dalle gesta dei grandi avventurieri, storie tramandate dai cantori del posto. A sedici anni lascia la sua città per seguire un amico, che la introdurrà nella gilda del Regno dei Ladri. Lì impara il mestiere di borseggiatrice, ma ben presto si accorge che non è quella la sua grande aspirazione. Due anni dopo lascia il Regno dei Ladri (la gilda di Fiammone) per andare in cerca di avventure in solitario. Insieme al suo fedele cavallo pezzato di nome Jenwen, raggiunge le vicine montagne dalle bianche cime coperte di neve,  e intrufolandosi in tortuose caverne scopre il passaggio per un misterioso rifugio sotterraneo. Lo abitano strani esseri, creature aliene e malvagie. Scampa miracolosamente da quella situazione, recuperando un arco magico di squisita fattura, probabilmente elfica. Lo chiamerà Harw, che nella suo dialetto significa “pungente”.
Si rimette in viaggio per Selenica. È lì che incontra Herb, un maestro d’armi con cui convive per un anno. Ma il richiamo per l’avventura è troppo forte, e una notte di primavera, ispirata forse dalla bella stagione, lascia di soppiatto la città e il suo uomo, a cavallo del suo amato Jenwen. Viaggia verso sud e per puro caso si imbatte nella dimora segreta di Bargle l’Infame, poco sopra La Soglia. Lo stregone è tuttora alla ricerca di lei, che potrebbe rivelare al Duca la posizione del suo rifugio.
Ma a Ashira non interessa minimamente questa storia. Ritorna a Selenica, si taglia i capelli e prende le sembianze di un ragazzo che si fa chiamare Perkle. In questa maniera si tiene al sicuro dalla vendetta di Bargle.

PE (derivati dal Background) – 276
PE iniziali del quarto livello – 1800
PE TOTALI – 2076
PE necessari per raggiungere il quinto livello – 2600

bagliori-sulla-neve
HAL ROGHASTER: Bagliori sulla Neve

Il fuoco purificatore scioglie la prima neve dell’inverno, e un uomo osserva da lontano la scena, il corpo gracile e curvo abbigliato da un tunica purpurea, spinge lo sguardo oltre i boschi appena sorpassati, fino ai tetti e alle guglie della città. Nella notte ormai morente la luce delle fiamme rimbalza per tutta la valle, scivola lungo le pareti delle montagne, si arrampica lassù, dove in un tempo remoto si ergeva il tempio di Hel.
Hal Roghaster si concede ancora un momento. Molte miglia lo aspettano. Deve raggiungere le grandi strade mercantili del sud, confondersi con la gente indaffarata del mondo moderno, lontano dalle leggende nordiche e dalle maledizioni degli antichi dei. La vendetta era stata compiuta. La chiesa blasfema, che da secoli si baloccava con insulsi giochi di potere, dimentica della devozione e della parola del suo dio, crollava tra le fiamme e la neve di quella prima notte d’inverno. Urla di follia e disperazione raggiungevano ancora le orecchie dell’adepto. I preti, suoi compagni, bruciavano nelle loro celle. I tomi del nuovo culto diventavano cenere. L’altare sacro di marmo nero veniva spaccato dal calore. La purificazione era avvenuta per mano dell’unico figlio degno di riportare il culto alle origini.
La Pietra di Hel, avvolta nel velluto e legata sulle sue spalle, emana un calore rassicurante. Hal Roghaster sente il suo dio percorrergli le vene. Sorride con due labbra sottili, si avvolge nel mantello e riprende la strada.
Un mese di viaggio, attraverso le montagne, lungo le vie del grande deserto, e poi verso ovest fino alla grande Selenica. Profumi di spezie, tessuti sgargianti, ceste di diverse dimensioni ripiene di ogni cosa, frutta secca, legumi, pellame, e poi elisir, profumi, bevande miracolose. Il mercato centrale è un continuo via vai di gente, anche nei giorni di pieno inverno come quello in cui sopraggiunse il chierico. Un mondo nuovo, che mai avrebbe immaginato potesse esistere.
Hal Roghaster aveva vissuto tutta la sua giovane esistenza tra le montagne e le leggende dei ghiacci, e non conosceva il mondo al di fuori delle rocce e dei fiordi del selvaggio nord. Nell’ultimo mese aveva visto abbastanza per convincersi che il mondo era davvero sterminato. Non sarebbe stato facile circondarsi di nuovi adepti. Le persone del sud sembravano molto più interessate al commercio che alla venerazione degli dei dell’universo. Ma forse non era questo che aveva in serbo per lui il suo dio. Un giorno, quando il tempo sarebbe stato maturo e la purificazione dei suoi concittadini completata, lui sarebbe tornato a casa, a riedificare il tempio sulla montagna. Fino ad allora avrebbe viaggiato, conosciuto il mondo, carpito il significato del grande disegno, appreso e conquistato. Mille nuove terre da esplorare…
Pensa a questo Hal Roghaster, nella taverna del Diavolo Zoppo, vicino al mercato centrale. È pomeriggio inoltrato e il locale è ancora mezzo vuoto. Dopo il tramonto non rimarrà neanche un posto per sedersi.
Il prete siede in disparte, un piccolo tavolo con un bicchiere di vino caldo. L’inverno di Selenica è più mite di quello delle sue parti, ma il vento sferza con vigore per i vicoli stretti e le bancherelle.  Col bastone-martello appoggiato alla sedia e la pietra sacra sulle ginocchia, osserva i commensali, gente di ogni sorta, umani, nani, c’è pure un paio di elfi. Non li avevi mai visti prima di allora. Li trova curiosi, con quei lineamenti effeminati, quell’aria in qualche modo aliena. Hal Roghaster sorseggia il suo liquore e pensa che le monete sottratte all’abate, un momento prima di appiccare l’incendio, non sarebbero bastate ancora per molto. Doveva trovare un modo di sostenersi, di andare avanti.
«Sei un prete, vero?»
La voce spicca argentina sopra il brusio della locanda. La domanda è indirizzata a lui, ma non riesce a scorgere il suo interlocutore. Il chierico si volta verso la parete alle sue spalle e intravede un ragazzo, poco più di un bambino all’apparenza, ma equipaggiato di tutto punto: corpetto di cuoio, mantello, pugnale da caccia e un lungo arco di pregiata fattura appeso dietro la schiena.
Il ragazzo si muove come un gatto e gli si fa di fronte. Chiede permesso e senza aspettare una risposta si accomoda al tavolo. Hal Roghaster non reagisce. È incuriosito, desideroso d’imparare.
«Non in quel senso…» risponde con il suo marcato  accento nordico.
«Che vuoi dire?» chiede di rimando il ragazzo.
«Non elargisco benedizioni, io…»
«Non voglio essere benedetto, grazie. Il mio problema sono le persone che hanno difficoltà a rimanere ai loro posti, come le bare, ad esempio…» Il ragazzo era stato fin troppo chiaro. Un tombarolo, con tutta probabilità, in cerca di un chierico che gli risolvesse il problemino dei non morti. Poteva diventare un occasione per incrementare il suo bilancio.
«Di cosa si tratta?»
«Una torre, dieci miglia a nord est dalla città, nascosta dalla boscaglia, una cassa di gemme e naturalmente una maledizione. Ma io alle maledizioni non ho mai creduto un granché, mentre invece agli spiriti dei morti ci credo eccome!»
«E fai bene a crederci, ragazzo.»
«Anche tu sei un ragazzo.»
«Non è l’età che ci fa più o meno ragazzi, ma le esperienze di vita e i modelli che inseguiamo. Non mi sono mai sentito un ragazzo…»
Su quelle parole si chiude il discorso, ma molto è già stato deciso. I due rimangono per un po’ in silenzio, ad osservare la gente che si riversa dentro la locanda. Fuori è già buio, il mercato è finito, le bancherelle si muovono cigolanti su grosse ruote di legno, spinte con vigore dai loro proprietari.
«Allora a domani, prete…» saluta il ragazzo. È già in piedi, pronto a darsi da fare. Qualche distratto commensale stasera crederà di aver perduto il borsello.
«All’alba sulla strada del nord?»  domanda il chierico.
«E sia!» Poi si dilegua come fumo.
“Un ragazzo in gamba, ma mi nasconde qualcosa…” Questo è l’ultimo pensiero di Hal Roghaster, prima di ritirarsi nella sua stanza al piano di sopra.

PE da attribuire al chierico Hal Roghaster  – 983 (sommati ai 943 raggiungono il totale di 1926, e fanno passare il chierico al quarto livello)
PE da attribuire ad Aspira la borseggiatrice – 385 (inizia il conteggio dall’entrata in scena della Ladra, alla battuta “Sei un prete, vero?” – vengono sommati ai 2076 per un totale di 2461 PE)

Creative Commons License

This work is licensed under a Creative Commons Attribution 2.5 Italy License.

STORIA GIOCO E LEGGENDA

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STORIA, GIOCO E LEGGENDA
– L’ennesima intuizione di gioco di GM Willo –

1. INTRODUZIONE

Vi è mai capitato di compilare la scheda di un personaggio, con tanto di background e altri minuziosissimi dettagli, e non riuscire a giocarla? Rovistando tra il vecchio materiale di GdR, ogni tanto m’imbatto in un nome accompagnato da una manciata di dati, un foglio sgualcito tracciato a lapis, l’ombra di un eroe che non ha mai avuto la possibilità di compiere le gesta per cui è stato portato alla luce.
Su questa riflessione ho costruito le fondamenta di questa ennesima intuizione di gioco, qualcosa a metà strada tra uno strumento di scrittura creativa ed un espansione di GdR. Storia, Gioco e Leggenda (SGL) diventa l’ultima opportunità di un personaggio perduto, una figura che, nonostante le poche indicazioni che la definiscono, ha il diritto di vivere.
SGL è un gioco di ruolo in solitario, un pretesto per scrivere storie, un modo per far crescere il proprio personaggio senza barare.

2. COME FUNZIONA?

Partendo dalla scheda ritrovata (ma volendo se ne può anche costruire una nuova di pacca), il giocatore scrive le avventure del personaggio in questione. La crescita di livello non avviene con la normale acquisizione dell’esperienza (PX) ma attraverso il conteggio delle PE (Parole Esperienza). A seconda delle numero di parole utilizzate per la narrazione, il personaggio guadagna prestigio e potere. Per ogni parola usata nel raccontarne le gesta, il personaggio guadagna 1 PE.
La tabella più sotto indica l’ammontare di PE necessari per elevare il proprio personaggio, nei sistemi di gioco a livelli (D&D, AD&D, Rolemaster). Ogni altro sistema di gioco (GdR in cui la crescita del PG non avviene per livelli, ad esempio il sistema Chaosium), può, con un minimo d’inventiva, venire adattato a questa logica.

tabella-dei-livelli

Le avventure scritte/narrate dal giocatore dovranno essere cucite addosso al personaggio, ed apparire il più credibili possibile. Ad esempio, una storia in cui un ladro del primo livello abbatte con colpo di stiletto un drago rosso gigante è ovviamente poco verosimile. L’idea non è quella di potenziare il PG ma di dargli vita, nel modo più onesto possibile. Perché il PG rimarrà comunque legato al gioco, e utilizzabile in un secondo tempo in una normale session di GdR. Per questo è bene che la figura rimanga coerente con il mondo in cui si muove.
Il giocatore può scrivere racconti più o meno lunghi. Alla fine della storia verranno contate le parole (con il semplice tool di word, ad esempio) e calcolati i PE. Poi si portá aggiornare la scheda del PG, come alla fine di una normale partita di GdR.
È possibile passare di più di un livello a racconto. Ad esempio, se un giocatore narra le gesta del suo guerriero del primo livello attraverso una storia di 2000 parole, il guerriero passerà direttamente al quarto livello. I PE vengono contati esattamente come i PX.
Se un PG che attraverso due o tre narrazioni ha raggiunto i 5220 PE viene fatto giocare in una campagna di GdR, avrà un numero di PX necessari per raggiungere quel livello (il settimo) +1 (Esempio: nel caso del guerriero in D&D, entrerà in gioco con 64001 PX). Nel caso invece si volesse narrare le gesta di un PG che ha già giocato delle avventure, sarà necessario calcolare i suoi PE, che sono semplicemente determinati dal suo livello. Un mago del 14 livello avrà 14000 PE e saranno necessari altri 1500 PE per elevarlo al quindicesimo.
Ogni evento narrato diviene automaticamente backgorund. Se nel racconto vi è scritto che il personaggio recupera un’arma magica, questa verrà aggiunta all’equipaggiamento del PG. Anche qui è necessaria molta coerenza e spirito di buon gioco. Non è divertente potenziare oltremodo il personaggio, rischiando di sbilanciare il gioco una volta che viene portato in una normale session di gruppo.

3. CONCLUSIONE

Ovviamente questo piccolo tool è più che altro uno strumento di scrittura creativa. Partendo da un personaggio già fatto, non è difficile immaginare una storia e buttarla giù. Non è necessario essere degli scrittori di talento, basta un po’ di buona volontà. In definitiva il superamento dei livelli avviene attraverso brevi immagini, storielle di appena un paio di pagine. Ma se il gioco ci prende la mano, e si vuole trasformare il nostro PG in un grande eroe, ci può scappare anche il romanzo. Ed infatti, per portare al massimo livello un personaggio di D&D, ad esempio, occorrono quasi 50000 PE (abbastanza per pubblicare un libro).

warrior

4. ESEMPIO

L’esempio di come può funzionare questo strumento lo proverò a fare con il personaggio che me lo ha ispirato. Riprendendo tra le mani questa scheda datata 1992, mi è venuta una gran voglia di giocarla. Così ne è nata prima una storia, poi questa piccola intuizione.
Si tratta di un chierico del Regni Nordici di D&D, oscuro e caotico. Buona lettura.

4.1 La Scheda

HAL ROGHASTER

North Cleric: LIV 1
All: Chaotic (Legato alla divinità Hel)
A.C. 8 (Vesti di cuoio che fanno da armatura)
PF 6

FOR:     7        -1
INT:     14        +1
SAG:     17        +2
DES:     8        -1
COS:     11
CAR :    14        +1

TIRI SALVEZZA

Raggio della morte    11
Bachette        12
Paralisi            14
Soffio            16
Incantesimi        15 (+2)

SKILLS

Read Runes (I)
Honor Immortal (S)
Skald (I)
Persuade (C)
Detect Deception (S)

TRAITS

Caution     9 (-1)
Modest        7
Peaceful    7
Generous    3
Courageous    10 (+2)
Reverent     11 (+3)
Forgiving     4 (-1)
Energetic    9
Honest        5
Trusting    6
Loyal        4 (-1)
Dogmatic    4 (+2)

ABILITÁ SPECIALI

Turn/Control Undead
Inc dal 1 al 4 livello possono essere usati in caso opportuno in forma normale o reversibile

OGGETTI
Tunica purpurea bordata di verde e nero
Martello-bastone Danno 1d4 (+2 ai TxC)

STATO DI FAMIGLIA    74 (Dubbia Reputazione)
CLASSE SOCIALE    81 (Poor Freeman) Monete d’oro 2+120 = 122
STATO SALUTE     28 (Normale)

ALTRO
Tradito da un amico (-2 loyal)
Piccola azione, leggera ferita (+1 coraggio)

4.2. Il Racconto

HAL ROGHASTER: Il Tempio sulla Montagna

hal-roghaster

Si fa chiamare Hal Roghaster, in onore al suo dio. Un corpo gracile, minuto, avvolto da una pesante tunica color porpora. Rune verdi e nere la adornano, preghiere in una lingua antica, codici proibiti che evocano le urla dei dannati. Hal Roghaster si aggrappa al suo bastone, alza il volto, due occhi giovani che hanno già visto l’inferno, le labbra serrate in un ghigno folle e risoluto al tempo stesso. È giunto alle rovine dell’antico tempio. È pronto a raccattare l’eredità dei sacerdoti maledetti.
Esiste un potere più forte di quello della conoscenza. Lui sa di essere ancora un adepto, ma c’è qualcosa che alberga in lui, qualcosa di magnificente ed oscuro. Neanche il grande patriarca della sua chiesa, con tutta la sua influenza, sarebbe in grado di offrire un dono simile. Nell’anima di ogni uomo si nasconde il retaggio delle stelle, un patrimonio incomprensibile ai più, le verità che trascendono il tempo e lo spazio. Lassù, negli angoli d’ombra del cosmo, dove dimorano gli dei primordiali, si assapora l’idea di un nuovo universo. Fuoco e oscurità…
Il tempio era sorto mille anni prima, tra le rocce affilate delle montagne del nord. Nei secoli il culto si era trasformato, adeguandosi alle necessità degli alti sacerdoti. Tutto iniziò il giorno in cui un prete, più interessato alla sua influenza sul mondo che al senso del grande disegno, lasciò il tempio sulla montagna. Scese a valle e fondò la Grande Chiesa. Riunì molti discepoli e divenne oltremodo potente. Ma nel frattempo il significato del culto si era modellato attorno alla comunità. Il tempio sulla montagna, che conservava il credo unico, scolpito nella Tavola della Parola dallo stesso dio, diventò agli occhi della gente un luogo di menzogna ed eresia. L’arcivescovo della nuova chiesa guidò personalmente un manipolo di fedeli invasati a distruggere il tempio.
Da quel giorno di morte e distruzione nessuno é più tornato sul sentiero che fende la roccia. Nessuno più conosce questa storia. Ma Hal Roghaster, tra gli antichi manoscritti nella biblioteca della cattedrale, aveva recuperato la pergamena di un monaco che ricordava la storia del tempio.
Sono passati quattro secoli da quello scempio. Le rovine spuntano ancora tra gli arbusti secchi, che faticano a crescere in quel luogo aspro. Nel cielo grigio, promettente tempesta, borbotta il tuono. L’adepto alza gli occhi e sussurra una breve preghiera. Ringrazia il suo dio, per averlo assistito, per avergli infuso coraggio, per avergli mostrato la strada. Adesso spetta a lui il resto.
Muove passi attenti sulle rocce scoscese ed umide. Gli angoli della tunica svolazzano al vento che si è appena alzato, quello della tempesta in arrivo. Hal Roghaster sa di dover fare in fretta.
Il richiamo è una melodia arcana, ripetitiva ed oscura, suonato con un flauto scordato, o soggetto a nuove bizzarre scale musicali. Lo sente nel ventre, muoversi come una vipera. È il richiamo dell’antica pietra, rimasta prigioniera delle macerie del tempio per oltre quattro secoli. Da quell’artefatto era nato il culto, con quell’oggetto sarebbe rinato. Prima avrebbe richiamato a se nuovi seguaci, animi puri, pronti ad incontrare gli oscuri angoli del cosmo. Poi insieme a loro avrebbe ribaltato la nuova chiesa, ormai corrotta fino alle sue fondamenta. Un nuovo grande tempio sarebbe sorto, un giorno. Hal Roghaster inizia a scavare alacremente, mentre immagina il ritorno dell’antico tempio. Sa che la pietra è sotto un metro abbondante di roccia. Glielo ha appena sussurrato il suo dio.
Mani gracili da bibliotecario afferrano, estraggono, sollevano sporcandosi di terra, graffiandosi, unghie rotte e palmi lacerati, l’adepto continua a scavare. Cadono le prime gocce, il tuono urla ma lui non ci bada e va avanti. È l’invasione dell’oscurità cosmica, un fiotto di energia vitale che gli corre attraverso le membra.
“Eccola” esulta il chierico. La pietra emana una strana luminosità, fin troppo evidente nella semioscurità di quel plumbeo paesaggio. Una tegola larga appena due palmi, su cui risaltano incisi bizzarri simboli di cobalto. Le parole del dio…
Ma i brontolii del tuono hanno nascosto gli ululai in avvicinamento. Hal Roghaster si erge nel mezzo delle rovine. La pioggia si fa insistente. Getta lo sguardo oltre le rocce alla sua destra e intravede cinque paia di occhi che lo puntano. Lupi delle montagne, affamati, letali come l’ascia di un orco.
Il primo si avventa su di lui senza neanche lasciargli il tempo di un respiro. L’adepto non è un combattente esperto, ma ruota tempestivamente il bastone davanti alla bestia famelica. L’estremità della staffa termina a testa di martello, metallo freddo e duro che si schianta con precisione sul cranio dell’animale. Il lupo crolla ai suoi piedi, ma subito un altro gli si getta addosso. Anche questa volta il chierico si dimostra più agile di quello che è in realtà. Mera fortuna o mano divina? La bestia scivola sulle rocce bagnate, il bastone-martello cala impietosamente sul grugno bavoso. Si ode un distinto “crac”, poi anche quello si accascia inanime.
Rimangono tre lupi, ma hanno visto abbastanza. Ululano alla luna nascosta dal cielo violaceo, poi tornano sui loro passi, perdendosi tra le rocce della montagna e la pioggia che batte più forte.
Hal Roghaster stringe tra le mani la pietra sacra. La tempesta incalza, ma adesso non ci pensa. Troverà una grotta in cui ripararsi, sul sentiero che scende verso la città. Il nuovo corso è appena incominciato. Lo aspettano molte notti da passare all’agghiaccio. La via del profeta è lunga e sinuosa,  ma conduce molto più lontano di qualsiasi altra. Forse fino alle profondità del cosmo.
Nel cielo il tuono continua la sua canzone. I lupi ululano ormai distanti. Un uomo gracile, avvolto in una tunica purpurea, muove i primi passi verso un destino di fuoco e oscurità.

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4.3. Aggiornamento della scheda

Il racconto “Il tempio sulla montagna” fa guadagnare 943 PE. Hal Roghaster passa al secondo livello e gli mancano poco più 150 PE per passare al  terzo.

HAL ROGHASTER

North Cleric: LIV 2
All: Chaotic (Legato alla divinità Hel)
A.C. 8 (Vesti di cuoio che fanno da armatura)
PF 12

FOR:     7        -1
INT:     14        +1
SAG:     17        +2
DES:     8        -1
COS:     11
CAR :    14        +1

TIRI SALVEZZA

Raggio della morte    11
Bachette        12
Paralisi            14
Soffio            16
Incantesimi        15 (+2)

SKILLS

Read Runes (I)
Honor Immortal (S)
Skald (I)
Persuade (C)
Detect Deception (S)

TRAITS

Caution     9 (-1)
Modest        7
Peaceful    7
Generous    3
Courageous    10 (+2)
Reverent     11 (+3)
Forgiving     4 (-1)
Energetic    9
Honest        5
Trusting    6
Loyal        4 (-1)
Dogmatic    4 (+2)

ABILITÁ SPECIALI

Turn/Control Undead
Inc dal 1 al 4 livello possono essere usati in caso opportuno in forma normale o reversibile

INCANTESIMI
1 Primo Livello

OGGETTI
Tunica purpurea bordata di verde e nero
Martello-bastone Danno 1d4 (+2 ai TxC)
Pietra del Culto di Hel

STATO DI FAMIGLIA    74 (Dubbia Reputazione)
CLASSE SOCIALE    81 (Poor Freeman) Monete d’oro 2+120 = 122
STATO SALUTE     28 (Normale)

ALTRO
Tradito da un amico (-2 loyal)
Piccola azione, leggera ferita (+1 coraggio)

PE 943
PER PASSARE AL LIVELLO SUCCESSIVO: PE 1100

REGOLE ADDIZIONALI

Creative Commons License

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CHE GIOCATORE DI RUOLO SEI?

5 commenti

test-che-giocatore-sei

ERA DA TEMPO CHE LO VOLEVO FARE. UN TEST A PERSONALITÁ COMPOSTO DA 20 DOMANDE. SEGNATEVI LE RISPOSTE E CONSULTATE IL VOSTRO PROFILO IN FONDO ALLA PAGINA. BUON DIVERTIMENTO!

TEST
Che giocatore di ruolo sei?

1. Chi è il Dungeon Master?

a)    Un altro giocatore
b)    Un bastardo
c)    Solamente un uomo, e come ogni uomo può sbagliare
d)    Dio

2. Chi sono i tuoi compagni d’avventura?

a)    Giocatori come me
b)    Avversari da annientare
c)    Concorrenti ai quali dimostrare che sono io il più bravo
d)    Amici inseparabili

3. Che cosa sono i dadi?

a)    Strumenti di gioco
b)    Inutili gingilli
c)    Oggetti maledetti
d)    Pietre incantate

4. Di quanti set di dadi ha bisogno un vero giocatore?

a)    Uno può bastare
b)    Almeno un paio, di quelli buoni
c)    Uno rosso d’attacco, uno bianco di difesa, uno perlato per i TS, un paio misti di riserva, uno nero per quando si mette male ecc…
d)    Un vero giocatore non ha bisogno di dadi.

5. Chi è il PG?

a)    Numeri e parole su un pezzo di carta
b)    Una macchina da guerra nata per distruggere
c)    Un personaggio della mia inarrestabile fantasia
d)    Il mio vero “IO”

6. Hai mai mancato di rispetto al Master?

a)    A volte
b)    Sempre! E chi si crede di essere!!
c)    È più conveniente rimanergli amico, perciò provo a non discuterci.
d)    Mai. Quello che lui dice è legge.

7. Quanto è durata la tua “session” di gioco più lunga?

a)    Mai più di otto ore. Ho una vita, io.
b)    In poco più di otto ore si può distruggere il mondo
c)    Almeno dodici ore ma forse anche di più
d)    E chi ha mai smesso di giocare!

8. Cosa si beve durante una giocata?

a)    Qualsiasi cosa passi la ditta
b)    Quando si gioca bisogna rimanere lucidi
c)    Tè o caffè per stare svegli e giocare fino all’alba
d)    Rigorosamente birra

9. Che cosa pensi delle divagazioni di gioco?

a)    A volte servono a caratterizzare i personaggi
b)    Non so, non ho mai divagato
c)    Terribili! Fanno arenare l’avventura
d)    Sono l’essenza del gioco

10. Che cosa sono le schede dei tuoi PG?

a)    Strumenti di gioco
b)    I documenti che attestano la potenza dei miei personaggi
c)    Delle piccole opere d’arte
d)    Pergamene arcane di natura magica

11. Hai mai alterato una scheda?

a)    E chi non l’ha mai fatto, dai!
b)    La scheda è mia e ci faccio quello che voglio
c)    Giammai! È contro ogni mio principio di giocatore
d)    Le schede non sono importanti. Lo spirito del personaggio deve manifestarsi dentro di te e non attraverso un pezzo di carta.

12. Quale reazione hai quando ti muore un PG?

a)    Morire? Fa parte del gioco
b)    Tutti i miei PG hanno il potere, appena morti, di resuscitarsi da soli
c)    “Peccato! Passami un foglio che tiro un’altra scheda!”
d)    Un tragico evento. Incornicio la scheda e l’attacco sopra il letto. RIP!

13. Cosa succede quando finisce un’avventura?

a)    “Tutti a casa, che domani bisogna alzarsi presto!”
b)    Prima si divide i PX, i tesori e gli oggetti magici, poi potrò finalmente aggiornare la mia scheda
c)    “Dai ragazzi, iniziamone un’altra!”
d)    Le avventure non hanno mai una fine!

14. A quali altri giochi ti piace giocare?

a)    Qualsiasi gioco. L’importante è stare insieme e divertirsi
b)    Quelli in cui si spaccano le ossa agli avversari
c)    Nessuno. Esiste solo il GDR
d)    La vita è un gioco, il gioco è la vita

15. Quanto investi economicamente nel gioco?

a)    Nulla. I miei amici hanno tutti i manuali
b)    Il necessario per non far mancare nulla ai miei personaggi
c)    Più o meno metà stipendio
d)    Lunghe mattinate nelle ludoteche cittadine a leggere manuali

16. Il posto più strano in cui lo hai fatto (giocato).

a)    A volte il Master mi porta da solo nella stanza accanto…
b)    Sul sedile della mia Harley!
c)    Giardini pubblici, autobus, cantine, soffitte, muriccioli, scalinate delle chiese… insomma, dappertutto.
d)    Nel bosco, sotto la luna, davanti a un fuoco.

17. Che musica ti piace ascoltare durante il gioco?

a)    Enya ci sta bene
b)    Blind Guardian, Rapsody, insomma epic metal, o al limite i vecchi Iron Maiden.
c)    Quando si gioca non bisogna distrarsi. Niente musica
d)    Folk, musica celtica, al limite i JethroTull oppure Branduardi acustico

18. Che esperienze hai avuto con i tornei ufficiali?

a)    Non ho mai avuto tempo per parteciparvi
b)    Gli organizzatori? Una massa di principianti!
c)    Bellissime esperienze, splendide giocate, grandi ricordi!
d)    Non amo i tornei. Non puoi goderti l’avventura in tempi così ristretti

19. Perché giochi?

a)    Per passare il tempo
b)    Per arraffare i PX, passare di livello, diventare potente e spaccare la testa a tutti.
c)    Per viaggiare con la fantasia
d)    Per stare insieme ai miei amici

20 . Smetterai mai di giocare?

a)    Quando non avrò più voglia
b)    Spero di no. Devo ancora diventare immortale.
c)    Ho provato a smettere molte volte, ma non ci sono mai riuscito
d)    Il giorno in cui smetterò di respirare… forse!

Prevalenza di risposte “A”

IL DISILLUSO

Per te non esiste differenza tra il Monopoli e Dungeons & Dragons. L’importante è passare il tempo, magari lanciando un paio di dadi e facendo finta di essere qualcun altro. Hai una vita che ti aspetta, fuori dal tavolo da gioco. Lavoro, impegni, appuntamenti. Se ti rimane un po’ di tempo libero, lo dedichi volentieri al gioco, il modo più creativo per passare una serata insieme ai vecchi amici. Ma una birra al pub o una gita al mare sono distrazioni molto più allettanti.


Prevalenza di risposte “B”

IL POWER PLAYER

Una cosa sola ti preme: vincere. Il fine unico del tuo gioco è quello di guadagnare punti esperienza per potenziare il tuo personaggio. E tutto questo ti fa godere come un pazzo! Quando ciò non avviene secondo le regole del gioco, diventa più che lecito aumentare una caratteristica oppure aggiungere un oggetto, perché anche barare fa parte del gioco, no? Sei l’artefice di personaggi eroici, ispirati dai miti di Conan, Ercole, Achille. Ogni gruppo ha il suo power player, ed è bene che se lo tanga stretto. È lui che alla fine risolve l’avventura… a suon di mazzate!


Prevalenza di risposte “C”

IL GDR DIPENDENTE

Non avrai altro gioco all’infuori di me. Onora i dadi e le schede. Ricordati di giocare, di mattina, di pomeriggio, di notte… sempre. Il gioco è la tua droga. Non importa come, quando, con chi, perché. Quello che conta è giocare. Possiedi tutti i manuali, ti aggiorni con le nuove edizioni, improvvisi avventure, ti getti a capofitto in gruppi nuovi e non ti lasci sfuggire un solo torneo. Hai una vita fuori dal tavolo, impegni, responsabilità, progetti. Ma appena hai cinque minuti disponibili, agguanti le schede e il tuo inseparabile set di dadi, e corri a giocare.

Prevalenza di riposte “D”

IL ROMANTICO

Non discerni tra la vita reale ed il gioco. Non esiste alcuna linea di demarcazione. La vita è un gioco e il gioco è la vita. Non hai bisogno di schede, dadi, manuali per giocare. Il gioco è nella tua testa, nel tuo cuore, dentro il reame di Morfeo nel momento in cui chiudi gli occhi. Il gioco è un rituale, un esperienza da vivere intensamente, un salto nel buio, un passaggio dimensionale. Forse non sei neanche un giocatore, e i personaggi che interpreti sono più veri di quanto tu possa mai esserlo. Vivi solo per credere alle tue fantasie.

Prova anche il test: Che dungeon master sei?

JAFFAR AL SAID

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Il background di un personaggio che non sono ancora riuscito a giocare, ma che spero di far rivivere in futuro, quando tornerá il tempo delle giocate…

LA STORIA DI JAFFAR AL SAID

In principio il vento accarezza la sabbia. E’ un gesto leggero e innocuo, e nessuno può sospettare che è solo l’inizio di una tremenda tempesta.
Accade così nell’Ylaruam, ogni giorno. Pochi attimi e il silente deserto si trasforma in un luogo infernale, fatto di vorticosa sabbia mortale.
Jaffar conosce bene quel susseguirsi di piccoli gesti e avvenimenti che scaturiscono nella tempesta. Li riconosce immediatamente, e provvede subito a ripararsi nelle fresche caverne in cui dimorano i dervisci.
Anche dentro di lui la tempesta è esplosa dopo una serie di piccoli eventi, ma questa lui non è riuscita a riconoscerla in tempo. Un giorno si era svegliato e aveva mosso pochi passi verso l’uscita della grotta in cui dormiva. Il sole già pulsava nel cielo, e la sabbia rifletteva il suo colore dorato. Jaffar aveva il Nahmeh tra le mani, e lo accarezzava dolcemente, rigirandolo più volte. Poi con un gesto improvviso lo gettò oltre il crepaccio, e subito scomparve dietro una duna.
Jaffar Al Said aveva perso l’Eterna Verità.
Questo però non lo allontanò dalla voce divina del grande Al Kalim. Sentiva ancora la presenza dell’Immortale, anche se distante e offuscata. Ma non era quello il suo dilemma.
Gli sconcertanti eventi del cataclisma non lo avevano toccato direttamente, ma si erano fatti sentire. Presso la sua grotta non viaggiava ormai più nessuno. Sentiva una tremenda desolazione attorno, qualcosa di difficile da comprendere dopo una vita passata in solitudine, nel deserto.
In qualche modo però sentiva che il mondo si era come alleggerito, assumendo la vaghezza di un fantasma. E soprattutto sentiva che le legge divine che lo incatenavano a quella vita da eremita non avevano più alcun valore.
Ricordava le antiche leggende di Al Kalim. La sua più grande forza era stata quella di riportare l’ordine nella discordia per un bene più grande. Solo così il popolo del deserto era riuscito a liberarsi dei conquistatori Alphatiani. Per far questo Al Kalim osservò la natura e il suo equilibrio. Solo nell’equilibrio infatti si può raggiungere l’unione che porta al successo. Equilibrio significa conoscenza, tolleranza e rinuncia. Ed un solo libro non potrà mai insegnare queste tre cose.
Il deserto è la casa del derviscio, non la sua prigione. E così il Nahmeh.
Dopo venticinque anni Al Kalim ricorda cosa significa scalare una montagna, e nel far questo entra nella Casa di Roccia.

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