QUATTRO ANNI DI LIBER INVOCATIONIS

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Quattro anni fa, l’8 febbraio del 2008, la Blasphemy Press (aka Edizioni Willoworld) pubblicava il Liber Invocationis, un grimorio di 68 pagine che riassume cinque testi occulti indispensabili per chi aspira a diventare un devoto seguace di Cthulhu e degli altri Grandi Antichi. Grazie all’impegno di Fratello Almusin, Maestro Invisibile per Curiosità (aka Demiurgus), ed altri emeriti studiosi, siamo riusciti a mettere a disposizione gratuitamente le antiche conoscenze dello storico esoterico fiorentino Dante Malafoglia. Il tomo è oggi disponibile in formato digitale a questo link ed acquistabile in cartaceo grazie al servizio Lulu.

Il Liber Invocationis è soprattutto uno strumento di gioco. Infatti conferisce +16 ai Miti di Cthulhu e +11 ad Occultismo, con una relativa perdita di sanità che può variare da 5 a 30 punti (5d6). L’opera presenta una splendida carrellata di suggestive immagini che trasportaranno il lettore negli abissi di follia dei Grandi Antichi.

In questi quattro anni il libro è stato scaricato diverse migliaia di volte, per la felicità di tutti i cultisti italiani. Sulla piattaforma Ebook invece ci sono state oltre 50 mila visite!! Dato il successo ricevuto mi preme cogliere nuovamente l’occasione per ringraziare Fratello Almusin per il suo lavoro e, dato l’argomenti trattato, linkare qualche racconto a tema. Buona lettura!

IL BOSCO di Jonathan Macini

DOVE FINISCE IL NULLA di Jonathan Macini

VIRTUAL SOTHOTH di Grezzo Illusivo

L’ORRIDO PERSECUTORE di Jonathan Macini

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IL RICHIAMO DI CHTULHU AD AMSTERDAM

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Giocare a Chtulhu con Keeper Scott, originario di Providence, appassionato studioso del suo concittadino HP Lovercraft e ineguagliabile conoscitore dei miti, può rivelarsi un’esperienza davvero unica. Presentatosi al tavolo di gioco in un completo vagamente anni ’20, gilet, orologio da taschino, impermeabile e cappello, tutto rigorosamente nero, Keeper Scott ci ha subito trascinati nella giusta atmosfera del gioco. Dalla sua cartellina ha estratto, insieme al materiale per dare inizio all’avventura, una serie rarissima di miniature originali di Call of Chtulhu. Sorridente e felice di trovarsi nel ruolo di Custode e di poter ricreare per noi le situazioni tipiche descritte nei racconti del suo autore preferito, Scott ci ha guidati dentro uno scenario molto particolare: Amsterdam 1921.
Per cui giocavamo al Richiamo di Chtulhu in un pub di Amsterdam, un’avventura ambientata ad Amsterdam negli anni ’20 con un Custode di Providence. Wow!!!

Ne è nata un’investigazione di tutto rispetto, piena di stranezze, come solo Call of Chtulhu sa regalare. Da un locale nei pressi del porto, in fermento per i numerosi scambi commerciali con l’oriente estremo, ci siamo spostati nel negozio di un rigattiere del ghetto ebraico pieno di strani artefatti indonesiani, per poi perlustrare l’appartamento del professor Marcus, reduce da alcuni scavi archeologici nell’isola di Sumatra. Una scatola magica, contenente la statua di una bizzarra divinità, ci ha teletrasportati in uno scenario completamente diverso: la giungla indonesiana. Nel finale, come al solito, non é mancata la classica evocazione, con tanto di rituale arcano e litanie blasfeme dei bizzarri nativi dell’isola. Insomma, non ci siamo fatti mancare niente…

Il fascino del Richiamo di Chtulhu é ineguagliabile, non c’é dubbio. Quest’anno il gdr di Sandy Petersen, arrivato alla sesta edizione, compie trent’anni… ma non ne dimostra.

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CTHULHU IN EMOTICON

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Per quanto sia ridicolo ed inutile come argomento, per me vale comunque un post…

Ecco sei modi per infilare il mitico Cthulhu nelle chat e nei commenti. L’idea la dobbiamo a The Lovercraftsman, blog dedicato ai miti del grande scrittore americano.

(;,;) Versione Base (adatta a tutte le occasioni)
(;,,,;) Versione Grassa (tipo dopo grossa abbuffata di cultisti)
(°,,,°) Occhi Sbarrati (da risveglio improvviso)
~^(;,;)^~ Con apertura alare (e sono cazzi!)
/|\(;,;)/|\ Sfarzoso (tipo versione terrestre)
:€ Versione Europea (e qui c’é un chiaro messaggio subliminale)

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NEL FRATTEMPO… II

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LA STORIA DEL GIOCO DI RUOLO: Parte Sesta

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La storia del gioco di ruolo
Parte VI: Rivoluzione!

di Steven Darlington

Traduzione e adattamento di Willoworld

Leggi tutti gli interventi

Il gioco di ruolo è un hobby intrinsecamente creativo ed in continua evoluzione. In quanto tale, è difficile indicarne un’epoca rivoluzionaria. Ma nella metà degli anni Ottanta uscirono in rapida successione una serie di nuovi giochi, ciascuno dei quali apportò una quantità senza precedenti di nuove idee, lasciandosi alle spalle gran parte della tradizione consolidata. Ognuno di questi giochi fu rivoluzionario in sé, e tutti quanti hanno fatto fare un passo avanti nella trasformazione del gdr in quello che è diventato oggi.

Oltre ad essere innovativi, ognuno di questi giochi fu anche brillante. Infatti, tra questi si possono trovare alcuni dei migliori episodi che questo hobby abbia mai prodotto, giochi che rappresentano la quintessenza del design, capaci di evocare nei giocatori potenti fantasie. È stato questo il periodo in cui l’arte del gioco ha raggiunto l’apice.

L’esempio migliore, e forse uno dei migliori giochi di ruolo in assoluto, è il mitico Richiamo di Cthulhu. Pubblicato nel 1981, il suo genio e la sua importanza nella storia del Gdr non potrà mai venire troppo enfatizzata.

Il mondo di Cthulhu nasce da una serie di raccapriccianti racconti scritti da HP Lovecraft all’inizio del secolo scorso. Queste storie ruotano intorno agli Antichi, mostruose divinità aliene (Cthulhu è una di queste) che esistono appena oltre il mondo scientifico post-vittoriano del New England. Lovecraft sviluppò le sue idee in un universo spaventosamente realistico e dettagliato, al quale oggi ci si riferisce come i “Miti di Cthulhu”.

Era uno scenario fantastico per un Gdr, ma nei primi anni Ottanta, l’idea era ridicola. Nella maggior parte dei giochi di quell’epoca i giocatori andavano a caccia di mostri o di super-criminali, ingaggiando sanguinosi combattimenti. Ma se il gioco doveva riflettere la letteratura alla quale si ispirava, i giocatori avrebbero dovuto cambiare il loro approccio tipo “caccia al mostro” per un’esperienza di indagine e di ricerca, che sarebbe culminata nell’incontro con delle creature invincibili. Un paradigma così rivoluzionario richiedeva un sistema rivoluzionario, non l’ennesimo clone di AD&D.

Nel 1979, RuneQuest aveva fissato nuovi standard nel game design, e sulla sua forza commerciale, i creatori del gioco costituirono la società Chaosium. Fu poi un membro dello staff Chaosium, Sandy Petersen, che decise di trasformare i Miti di Cthulhu in un gioco.

Usarono RuneQuest come base, ma andarono oltre. Realizzate nel 1979, le regole di RuneQuest erano un po’ troppo dettagliate, con un uso poco fluido dei dadi, specialmente per il combattimento. Nella riconversione per il meno violento Cthulhu, gran parte di questa complessità venne rimossa. Questa semplificazione fu applicata in lungo e in largo, fino a trasformare il gioco in un semplice sistema universale a valori percentuale. Queste nuove regole mantenevano il fascino ed il realismo di RuneQuest, ma ora erano molto più facili da imparare e da usare, e ancora abbastanza robuste per gestire le azioni più complesse. Nessuno altro Gdr è mai riuscito a soddisfare così bene le esigenze di strategia e narrazione come il Richiamo di Cthulhu.

Allo stesso modo non è mai esistito un sistema più trasparente, disegnato per incoraggiare l’interpretazione dei personaggi, e per dileguarsi dove necessario. Questa è stata una delle principali differenze del Richiamo di Cthulhu. Le regole non erano state disegnate per simulare con precisione l’ambientazione. Erano piuttosto uno sorta di strumento per raccontare delle storie, uno strumento che il GM poteva utilizzare come e quando il gioco lo richiedeva. Insieme a questo, il RdC è stato il primo manuale di GdR a spiegare come far funzionare efficacemente il gioco, illustrando non solo le regole e il modo di masterizzare, ma anche come utilizzare tutti gli strumenti del GM.

Questo era assolutamente necessario, perché il vero passo rivoluzionario del RdC fu che i suoi creatori riuscirono perfettamente nel loro obiettivo. Cioè, disegnarono un gioco che permetteva di ricreare le storie di Lovecraft, in tutto il loro mistero. E poiché, a differenza di Tolkien, Lovecraft era sconosciuto, non esisteva alcuna comprensione implicita del tipo di storie da giocare, e l’ambientazione doveva venire solo dalle regole e del sistema stesso.

Per fare questo, dovettero rimanere fedeli alle storie, e questo significava disfarsi di buona parte della tradizione dei vecchi giochi. Il risultato fu un prodotto acutamente letterato e distintamente intelligente, basato più sulla interazione tra i personaggi che sul combattimento, più su una lenta ed accurata ricerca investigativa che su l’esplorazione di un dungeon, più sul role-playing che sul roll-playing.

Tali cambiamenti oggi non sembrano così rivoluzionari, ma va ricordato che il Gdr era molto diverso allora. Dopo la rapida ascesa degli anni ’70, l’hobby si era ritagliato una sua nicchia, e dato che il suo potere commerciale si era accresciuto, nessuno era disposto ad uscire da questa mentalità per paura di non vendere. Sei anni dopo il rilascio del Richiamo di Cthulhu, la Avalon Hill costrinse i progettisti di RuneQuest ad aggiungere gli halflings all’ambientazione, per la pubblicazione della terza edizione del gioco, semplicemente perché gli halflings portavano soldi. A suo tempo, il RdC ruppe ogni regola.

Sempre nel 1981, la Fantasy Games Unlimited fece passi simili a quelli del RdC, con due giochi unici nei loro generi. Aftermath presentava finalmente un’ambientazione post-apocalittica davvero realistica, rinforzata da regole altrettanto brutali. I personaggi erano ancora abbastanza potenti e il gioco era molto orientato al combattimento, ma si lottava per il cibo, per un rifugio, o solo per restare vivi. Le regole costringevano i personaggi a combattere passo per passo, con attrezzature ed alleati poco affidabili e su terreni accidentati.

Nel frattempo con Bushido si ebbe una visione realistica e coinvolgente del Giappone feudale. L’impostazione storica era stata rinforzata in ogni dettaglio, dalla meccanica, ai PNG, fino agli archetipi d’avventura, con un ampio uso di nomi giapponesi per rendere tutto ancora più verosimile. Ancora più accattivante era il sistema di acquisizione dell’esperienza. Si chiedeva ai personaggi di agire in modo adeguato alla loro classe e alla loro posizione nella società nipponica. Ad esempio, il Gakusho (sacerdote) aveva bisogno di On (onore) per diventare padrone di un tempio, qualcosa che non si poteva guadagnare semplicemente uccidendo un drago.

Ma questi tipi di giochi rappresentano solo uno dei percorsi che stava prendendo il Gdr. Altri stanavano andando in una direzione completamente nuova. Stavano andando fuori di testa!

Esistono diversi tipi di giocatori, ma in ogni gruppo non può mancare il “Loony”, ovvero colui che per farsi una risata non esita a lanciare una palla di fuoco nel bel mezzo di una situazione delicata. Il leader indiscusso di tutti “Loonies” è sicuramente Greg Costikyan. Questa sua leggerezza per il gioco, mentre tutti gli altri lo prendevano anche troppo sul serio, gli ha permesso di disfarsi di tutte le convenzioni e di scrivere giochi davvero innovativi.

Iniziò con Toon (West End Games, 1984), un’idea ancora più pazza di Cthulhu: un Gdr ambientato nell’universo (e mentalità) dei cartoni animati stile Warner Brothers, con tanto di incudini che piovono dal cielo. E come Cthulhu, in qualche modo riuscì a comunicare questo mondo, grazie a delle regole che spiegavano al giocatore come comportarsi e come pensare alla maniera di un cartone, un Toon appunto. Non che ci fossero molte regole, e quelle che esistevano erano incredibilmente elementari, meravigliosamente stupide e necessariamente elastiche. Toon così è stato anche uno dei primi Gdr a forma libera, un gioco light-rules, un altro passo rivoluzionario.

Ma la vera rivoluzione è stata nuovamente nella cornice. Come si poteva giocare un Gdr in un mondo dove la morte era inesistente, dove la realtà era totalmente instabile, la cui sola costante era il suo approccio umoristico? Esattamente come il RdC, si disfece di ogni precedente convenzione, anche di cose basilari come il superare delle prove per ottenere una ricompensa, e la logica della narrazione con cui venivano esposti gli eventi. In questo gioco, nulla importava all’infuori di far ridere la gente. Nonostante oggi i giochi umoristici siano diventati più popolari, nessuno è riuscito ad essere folle e divertente come questo.

Ancora più leggendario in termini di follia è stato il successivo gioco di Costikyan, Paranoia. Realizzato insieme a Dan Gelber e Eric Goldberg, e pubblicato lo stesso anno di Toon, Paranoia trasformò il pensiero del gioco di ruolo. Nella sua futuristica società orwelliana chiamata Alpha Complex, la morte è priva di significato (di nuovo) perché ogni giocatore può avvalersi di diversi cloni di se stesso. I giocatori ne hanno bisogno perché i loro personaggi sono agenti speciali del Grande-Fratello-Computer, scelti per intraprendere il pericoloso compito di sradicare i traditori. E tra questi traditori ci sono i mutanti, i membri delle società segrete, e chi ti guarda strano. Purtroppo, ogni PC ha un potere mutante, è un membro di una società segreta, ed è circondato da persone che hanno esattamente gli stessi ordini, oltre ad avere a disposizione della armi davvero distruttive.

Paranoia presentava questo mondo spaventoso per far ridere, con un umorismo più nero del precedente Toon, ma anche più sottile e con un pizzico di satira politica. E Paranoia è ancora l’unico gioco che si basa solidamente su personaggi in conflitto tra loro. Le regole erano perfettamente disegnate per ricreare la paranoia della società, ed incoraggiare morti rapide e violente. Come Cthulhu, Paranoia è un pinnacolo nella storia del Gdr, un gioco di brillantezza senza pari.

Costikyan continuò con la progettazione (insieme a Greg Stafford e Sandy Petersen della Chaosium) di Ghostbusters, che mantenne i criteri di umorismo e di grande design, grazie anche al potente ma semplice sistema D6. Ma Costikyan non era il solo guidare la carica.

Greg Stafford aveva già esemplificato il gioco nel 1979 con RuneQuest. Lo fece di nuovo nel 1984 con Pendragon. Come tutti i giochi citati più sopra, Pendragon presentava un sistema amalgamato perfettamente all’ambientazione, in modo da ricreare le estasianti storie delle leggende arturiane. Ma Pendragon riuscì a portare quest’arte di combinazione regole-setting fino a un livello di perfezione. Ogni dettaglio del gioco era focalizzato sull’ambientazione, in modo che i giocatori ne venissero completamente assorbiti, e cominciassero effettivamente a pensare come i cavalieri della Tavola Rotonda.

Pendragon incoraggiò anche il lato interpretativo, aggiungendo i tratti della personalità e la storia dei personaggi, e facendo si che questi fossero importanti tanto quanto le statistiche di combattimento. Pendragon stimolò i giocatori a giocare a lungo termine. I personaggi di Pendragon invecchiavano rapidamente: se si gioca, come suggerito, su base settimanale, i PG possono invecchiare di quaranta o cinquanta anni in un anno di gioco. Questo ingegnoso sistema chiedeva ai personaggi di farsi una vita al di fuori dell’avventura, di crescere e svilupparsi come persone normali, rendendo così le loro storie più drammatiche e più reali.

Anche Ars Magica (Lion Rampant, 1985) utilizzò questa idea del passare del tempo molto bene, ma con un tocco personale. Ars Magica proietta i giocatori, nelle vesti di maghi molto potenti, dentro il Medioevo vero e proprio. I giocatori controllano una serie di personaggi selezionati a seconda della missione da compiere. Ars Magica sfidò il mondo del design del Gdr con uno dei migliori sistemi di magia mai progettato, in parte libero in parte regolato.

L’anno successivo, Games Workshop smise di produrre giochi di guerra abbastanza a lungo per darci il brillante Warhammer Fantasy Roleplay. Il sistema di WFRP era buono e massiccio. Il suo intuitivo e coinvolgente sistema per l’esperienza e per la carriera dei personaggi fu davvero geniale. Nella creazione dei PG, trovò un’ottima via di mezzo tra le classi di base e la generazione libera del personaggio, così come tra lo stile di vita avventuriero e la sua realistica esistenza medievale. Ma l’ambientazione era ancora meglio. Grazie a un sapiente mix di cospirazione ed orrore da periodo elisabettiano, le avventure di WFRP sono rinomate per la loro spaventosa intensità.

In questo periodo, l’innovazione era di moda, e tutti volevano provare qualcosa. E mentre il trend continuava, tutto sembrava possibile, anche rimuovere i dadi!

Amber e Everway sono i due giochi diceless pionieri più famosi. Amber (basato sui romanzi di Roger Zelazny) è ambientato in un universo con una realtà mutevole ed infinite possibilità, e quindi richiede un leggero sistema di regole ad interpretazione. Per questo, le carte da gioco si adattavano molto bene e quindi fu un successo. Analogamente, la natura cerebrale ed epica delle storie di Everway, rese le carte dei Tarocchi per imitare i destini uno strumento molto adatto.

Torg (West End Games, 1990), un entusiasmante gioco di crossover di generi, usava nel suo sistema universale sia le carte che i dadi. La sua “Drama Deck” non solo offriva ai giocatori bonus casuali di gioco da sommare ai tiri di dado, ma ha anche spunti di interazione con la storia. Le carte introducevano sotto-trame come antiche inimicizie o nuovi amori, da aggiungere alle discrezioni dei personaggi. Allo stesso tempo, Lance and Steel se ne uscì con un sistema di carte per emulare i molti dettagli della scherma, che era un’importante fattore della sua ambientazione rinascimentale.

Mentre il gioco si stava evolvendo, sembrava solo questione di tempo prima che qualcuno raggiungesse il limite, sradicando tutto quello che era stato fino ad allora. E successe per davvero. Tuttavia, il gioco di ruolo dal vivo era incominciato effettivamente molto prima. In America, nel 1981, alcuni studenti dell’istituto Boulder istituirono la “International Gaming Fantasy Society”. Ma non riuscì a decollare velocemente, come invece accadde in Inghilterra. Pochi anni dopo, la Treasure Trap fece la sua comparsa, un dungeon ambientato in un vero castello. Anche se ci fu qualche resistenza iniziale, lo spirito rivoluzionario degli anni Ottanta ha accolto con favore questa nuova strada.

E così l’innovazione andò avanti. Qui si è toccato solo alcuni delle più importanti trasformazioni del gioco. Alla fine degli anni Ottanta, ogni Gdr è stato in qualche modo rivoluzionario. All’inizio del decennio, quasi ogni sistema si basava sui 3D6 per calcolare le caratteristiche, e presentava inevitabilmente gli hobbit, perché era quello che D&D aveva fatto. Alla fine del decennio invece, un gioco non avrebbe venduto a meno che non promettesse non solo una nuova ed emozionante ambientazione, ma anche un sistema in qualche modo innovativo. Anche se questa necessità di stravolgere era principalmente orientata al mercato, ha segnato molto positivamente l’hobby. Fra questi cambiamenti superficiali c’erano idee che stavano trasformando le basi fondamentali del gioco, e se combinate, queste idee erano in grado di cambiare la concezione stessa che le persone avevano del Gdr. Degli wargames personalizzati si erano trasformati in esperienze di narrazione e recitazione, forse addirittura in un esercizio intellettuale. Questa evoluzione è continuata, ma niente è comparabile all’Età dell’Oro degli anni Ottanta.

Continua…

LEGGI TUTTI GLI INTERVENTI SULLA STORIA DEL GDR

Steve Darlington Copyright © 1999

Traduzione di GM Willo

Questo articolo NON si avvale della licenza Creative Commons

FONTE: http://ptgptb.org/0006/hist6.html

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LA SFIDA DEL BRAVO INVESTIGATORE DELL’INCUBO

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Una giocata all’insegna dell’horror quella di ieri pomeriggio ad Amsterdam, con la solita banda di players internazionali (due americani, uno dei quali cresciuto vicino a Providence, un israeliano, un francese, uno svedese e il sottoscritto italiano). Una session breve ma intensa in cui un raffinato personaggio dell’alta società di Arkham, tale Rupert M., confessa sul letto di morte una marachella fatta in gioventù insieme alla sua maldestra compagnia di occultisti. Toccherà a noi del gruppo, un ex soldato, un investigatore privato, un  professore, un suonatore di tromba (io) e un lavandaio cinese, rispedire nell’oscurità da dove è fuoriuscito l’essere evocato da Rupert e co., rimasto poi imprigionato nella soffitta di un piccolo cottage di sua proprietà.

Ovviamente non sono mancati i morti (il detective e il chinaman non ce l’hanno fatta e di quest’ultimo è rimasto ben poco) e tante terrificanti emozioni. Perché il Richiamo di Cthulhu è essenzialmente questo, un gdr per veri Role Player in cui non c’è posto per sentimentalismi e feticismi di alcun genere. Un giocatore non può permettersi di affezionarsi alla sua scheda, perché nel mondo di HPL, o finisci al manicomio o all’obitorio, e  queste sono le opzioni migliori. Il chinaman, ad esempio, è diventato cibo per i corvi e gli sciacalli…

Ma nel dopo-partita sono sorte le solite riflessioni e ve ne è una che mi piace condividere su questo diario di gioco. Credo che la vera sfida per un giocatore del Richiamo di Cthulhu sia quella di pretendere ogni volta di non conoscere niente dei miti, cosa non facile. Anche ieri infatti i miei compagni, forse con un po’ di leggerezza, hanno accettato senza problemi le follie del mondo di Lovecraft. Come al solito mi sono trovato a fare la parte del bastian contrario. Mentre i miei compagni si stavano già sporcando le mani con la polvere di gesso per tracciare i simboli arcani sul pavimento del cottage, io continuavo a negare l’evidenza, forte dei miei sessanta e passa punti sanità e degli ottimi tiri fatti di fronte ad alcuni bizzarri avvenimenti di cui il gruppo è stato testimone. Il mio trombettista jazz ha negato quegli orrori fino all’ultimo, fino cioè a quando la verità non gli si è mostrata in tutto il suo orrore.

Fingere di essere completamente all’oscuro dei miti di Cthulhu può regalarti ogni volta che giochi nuove emozioni. La casa abbandonata con le finestre rotte e uno strano odore proveniente dalla cantina è solamente una vecchia casa. Un personaggio ignaro degli orrori che vi si potrebbero celare, spalancherà la porta senza troppi problemi, con il rischio di ritrovarsi tra le grinfie di un Gount della Notte… Avventato? Forse, ma è esattamente così che si dovrebbe comportare un personaggio che vuole risultare convincente.

C’è una regola non scritta nell’affascinante manuale di Petersen ed è appunto quella di non affezionarsi al proprio PG. Il giocatore esperto muore in scioltezza tra le fauci di un cucciolo scuro o tra i tentacoli di uno cthoniano. Il mio vecchio gruppo la capì al volo questa regola (anche se a qualcuno non andava a genio) e il vederla rispettare da una manciata di giocatori di diverse nazionalità non fa che confermarla. Questo è il mondo di Lovecraft… lasciate ogni speranza o voi che entrate.

Sopra alcuni momenti della giocata di ieri.